Con questo intervento, Raffaele Scarpone accantona la rubrica per “sopraggiunte” vacanze. “Nel frattempo –scrive- spero che ad agosto qualcosa cambi. Ma tornerò!” E la promessa ha tutta l”aria di una minaccia:
Caro Direttore,
ho incontrato alcuni miei ex alunni, ormai “uomini fatti”, che, salutandomi, mi hanno detto di avermi ritrovato con lo stesso spirito da contestatore (o da eretico) di tanti anni fa e, poi, mi hanno chiesto a cosa fosse mai servito aver insegnato, da sempre e a tutti, a tenere la schiena diritta, visto che le cose sono andate sempre a peggiorare. Anche la mia gastrite è rimasta uguale.
Due di questi miei ex alunni militano nella politica attiva: sono –in attesa del salto generazionale- nelle prime file regionali e, da quando hanno deciso di doversi spendere “in spirito di servizio”, non hanno mai perso un appuntamento con nessuna delle coalizioni vincenti. Un altro di questi miei ex alunni vive tra la Spagna, Cuba e l”Italia (con i soldi del papà!). Mi ha raccontato che in qualche suo viaggio a Cuba ha visto –tra una divertimento e l”altro- anche Fidel Castro! Anzi, ha seguito in automobile il corteo con i fratelli Castro, fin quando la polizia non lo ha allontanato.
Dai discorsi dei miei ex alunni ho, poi, appreso, che uno dei loro vecchi compagni se ne è andato per overdose, un altro è uno stimato boss di un quartiere malfamato, un altro ancora è un imprenditore edile, ricco sfondato, che costruisce villini a dieci metri dal mare, baite in montagna, appartamenti con vista mozzafiato sui crinali del Vesuvio, sulle acque del Conero e sulle rocce prealpine.
Un mio vicino di podere (di terra, si dice dalle nostre parti), invece, mi ha detto che ho “sempre la testa accelerata”, perchè non ho niente a cui pensare, tanto “i mesi e lo stipendio vanno e vengono”.
Andassi in campagna per necessità e non per divertimento (in verità egli dice “per perdere tempo”, allora sì che sarei preoccupato dalla malattia delle albicocche, dalla siccità, dal ragno rosso che quest”anno ha attaccato i pomodori, dall”invasione delle cavallette!
Ragionamenti, per farmi capire che vivo abbastanza fuori dal mondo, me li hanno fatti anche la signora del piano di sotto ed una mia collega di scuola, nativa quest”ultima di Gubbio (solitamente la chiamo, citando San Francesco, “il lupo di Agobio”). La prima, incontrandomi, all”assemblea condominiale, mi ha detto, con tono sbeffeggiante: “prufesso”, scrivite, scrivite:a che serve? Beato voi che non avete i nostri problemi. Continuate a campà accussì, pe” cient”anne!”.
La seconda, che sostiene di essere stata animatrice di innumerevoli percorsi di innovazione didattica, di essere stata responsabile di ogni tipo di progetto e di aver pubblicato anche per riviste tedesche, di fronte alle prime indicazioni di un disegno restauratore della Gelmini esclamò: “Mio caro, e la tua rivoluzione? Finalmente si va verso una scuola seria! Era ora. Lo vuoi capire che sei fuori dal tempo?”.
E, quando io già mi sentivo anacronistico, datato, remoto nei miei dubbi, tenendomi amichevolmente sottobraccio, mi sussurrò, con fare canzonatorio, “primitivo”! “Che resta di tutto il dolore che abbiamo creduto di soffrire da giovani? Niente, neppure una reminiscenza. Il peggio, una volta sperimentato, si riduce col tempo a un risolino di stupore:le angosce di un tempo ci appaiono come mondi talmente lontani da noi, oggi, che ci sembra inverosimile aver potuto abitarli nel passato.” (Aldo Busi, “Seminario sulla gioventù”, 1984).
Caro direttore, ti ho scritto per gran parte dell”inverno e per tutta la primavera. Ti ho posto domande e ti ho esternato dubbi, talvolta ti ho accusato –ma provocatoriamente- di essere addirittura responsabile di un qualcosa che stava accadendo in quei momenti. Quelle lettere settimanali mi hanno offerto la possibilità di poter dire la mia sulla politica e sulla scuola, sulle date-simbolo del 25 aprile e del 1° maggio, sui mattonari e sugli inquinatori e su tanti altri piccoli argomenti. Non è che non voglio scriverti più, direttore. Tutt”altro! Desidero solo raccogliere meglio le idee, rifletterle, proporle in modo più incisivo o più disteso o più sofferto.
Ora che si è alzato il picco del caldo, anche i lettori più affezionati preferiscono il mare o i monti o i viaggi. Pensare, in definitiva, fa male e rende il sangue amaro. Ed allora ti confesso che anch”io voglio prendermi un periodo di riposo. Ma –paradosso- non per riposarmi. Finalmente potrò esaudire un mio vecchio desiderio. Mi ritirerò, per un paio di mesi, nella cella di uno sperduto convento, alla ricerca nè di una vocazione nè di una conversione. Alla ricerca di una pace interiore, lontano dai traffici e dai rumori degli uomini e, ti avverto, senza cellulare e senza internet.
Spero che, di ritorno da questo romitaggio, tu abbia piacere a riprendere l”interlocuzione, il confronto. Può darsi che a fine agosto qualcosa potrà cambiare anche nel nostro paese. Può darsi che gli arroganti saranno messi fuori gioco, come tutti gli ignoranti; può darsi che gli immigrati non saranno più messi al bando, che una convenzione stabilirà che il sud del mondo saranno altre terre, che alcuni amministratori saranno mandati a casa da un voto veramente popolare, che gli strozzini non avranno più diritto di cittadinanza, come gli speculatori, i camorristi, gli spacciatori e così via.
Come ci rincontreremo a fine agosto? Sempre con una lettera dedicata sia a quelli che ne fanno un elemento di discussione sia a quelli che sostengono la scrittura essere ormai un esercizio inutile, anacronistico, quasi primitivo. In fondo, direttore, la scrittura aiuta le persone di uguale destino ad incontrarsi, a far rete, a sapere che non si è soli, specie in posti come i nostri, al sud, nei nostri paesi, nelle nostre miserie umane, nelle nostre miniere di dolore dove “emergere o dove solo il diritto di respirare lo devi spesso barattare con la compromissione dell”anima e la castrazione di ogni sogno. [:] Scrivere è resistere, è fare resistenza”, (Roberto Saviano, “La bellezza e l”inferno”, Mondadori, 2009).