La Campania del sindacato fai da te

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Proliferano nei luoghi di lavoro comunicati, volantini e petizioni dei lavoratori. Che spesso scrivono per ammonire i sindacati. I casi Fiat, Auchan e Ipercoop.

 La crisi in Campania morde peggio che altrove e i lavoratori in difficoltà, invece di rivolgersi al sindacato, preferiscono il fai dai te. L’azienda licenzia? E allora, come accade alla Simmi di Acerra, 200 operai scrivono una lettera-appello per chiedere agli imprenditori la riassunzione con gli sgravi fiscali previsti dalle varie normative, magari citando il buon operato degli organi fallimentari che “con la loro condotta esemplare, hanno accompagnato nel modo più corretto, onesto, utile e adeguato possibile” il percorso giudiziario che ha portato all’inevitabile morte dell’ennesimo pezzo d’eccellenza partenopea: commesse dirottate al nord e stabilimento sparito.

E non è finita sul fronte dell’allontanamento dai sindacati in quel di Napoli. L’azienda chiede salassi salariali e deroghe al contratto in cambio della salvezza di posti e attività? Semplice: i lavoratori della grande distribuzione campana Ipercoop e Auchan lanciano petizioni e scrivono comunicati per chiedere ai sindacati, che non accettano le proposte “ indecenti ” della controparte, di “firmare lo stesso l’accordo” o, perlomeno, di essere “più malleabili” e di “non offendere le imprese”. Singolare è poi quanto sta avvenendo alla Fiat di Pomigliano. Anche qui petizioni e comunicati fai da te oppure ispirati “ad arte”.

E’ lungo anche l’elenco delle petizioni dei lavoratori puntate a risolvere contenziosi che in altri tempi si sarebbero esauriti nelle sedi di competenza. Petizioni e comunicati alla Fiat che però sono scaturite da varie ragioni e da particolari motivi, spesso molto difficili da decifrare. Partiamo dalla fine della premessa, dal mondo Fiat in salsa partenopea. A Pomigliano è vivo ancora il ricordo della vicenda dei licenziamenti minacciati da Marchionne, nell’ottobre del 2012, per far posto ai lavoratori iscritti alla Fiom, che la magistratura aveva in via definitiva reintegrato nella catena di montaggio. Una situazione da classica fase di stallo, con il Lingotto e i sindacati firmatari da una parte e la Fiom dall’altra, irremovibili tutti.

In quell’occasione centinaia di operai in attività nella fabbrica della Panda firmano una petizione dai contenuti che definire filoaziendali sarebbe eufemistico. “Bisogna impedire che entrino: non si può mettere in discussione tutto, non si può accettare l’idea che qualcuno di noi venga messo fuori per far posto a loro”, il messaggio, spietato quanto chiaro, di tante tute blu. Più tardi poi si scoprirà, tra testimonianze e inchieste della magistratura, che quella petizione era stata promossa da alcuni delegati sindacali vicini alla Fiat. Ma questa è un’altra storia. Resta il fatto che il documento è stato firmato da molti addetti. Situazioni che poi si sono in qualche modo ripetute, sempre a Pomigliano, sia pure in forma più attenuata e molto meno partecipata.

Come quando, ad aprile, una trentina di collaudatori scrivono, sempre all’indirizzo dei metalmeccanici della Cgil: “Se vengono qui a portare problemi allora è meglio che se ne stiano a casa: a noi della loro ideologia non importa nulla”. Dal canto loro gli attivisti del sindacato diretto da Landini glissano: “non rispondiamo alle provocazioni di chi parla per conto di interessi che non sono dei lavoratori”. Sotto accusa finisce Gerardo Giannone, operaio quarantenne, ex delegato Cisl, personaggio discusso, “comunista pro Marchionne”, che sta sparigliando il campo proprio puntando sul disimpegno sindacale.

“A Pomigliano – dice – ormai solo il 35 per cento dei dipendenti è iscritto alle varie organizzazioni di categoria. E’ il segnale di un sindacato che, soprattutto all’interno della fabbrica, non si è saputo rinnovare, al contrario della Fiat”. Intanto il fai da te senza ingerenze sindacali s’allarga a macchia d’olio. Vicenda Simmi, lavorazioni Ansaldo: 200 licenziamenti, fabbrica di Acerra dichiarata fallita dal tribunale e indotto meridionale delle costruzioni ferroviarie che salta. Silenzio totale del sindacato. Quindi, il comunicato-appello degli operai licenziati agli imprenditori: “Assumeteci perché vi conviene”.

Non c’è che dire, un’ autopromozione a scopo occupazionale. E con dovizia di dettagli: “Oltre a essere manodopera specializzata, siccome siamo stati appena licenziati potrete usufruire, assumendoci, rilevanti sgravi fiscali e contributivi previsti dalla legge 223 del 1991”. “Però devo precisare una cosa – rintuzza l’operaio Raffaele La Gatta – un sindacalista della Fiom, che ora non sta bene, ci è stato sempre vicino, fino all’ultimo, così come vicini ci sono stati gli organi fallimentari, che con il loro operato hanno garantito gli ammortizzatori sociali”. La sensazione però è che siano rimasti comunque un po’troppo soli i 200 della Simmi, fabbrica compresa. “Sì – conferma Raffaele, 37 anni, moglie e figli – la carenza del sistema sindacale e istituzionale c’è stata”.

Parole riprese a distanza da Franco Tavella, deciso e combattivo segretario regionale della Cgil della Campania. “Nessuno crede più in nulla”, l’analisi da scoramento del dirigente sindacale. Sono tempi duri anche per i sindacalisti. Un episodio emblematico. Qualche giorno fa proprio un dirigente della Cgil, di un’organizzazione di categoria, con un comunicato al fulmicotone si scaglia contro la Coop, rea di voler abbandonare la Campania licenziando, per il momento, 250 dei 700 addetti e chiudendo l’ipermercato di Afragola. Apriti cielo.

“Presidente, siamo basiti e costernati da queste dichiarazioni, noi amiamo la Coop: tagliateci gli stipendi, magari temporaneamente, ma salvateci il posto”, scrivono al presidente di Unicoop, Marco Lami, in due lettere successive, circa 130 lavoratori di Ipercoop Campania. Cooperative che propongono tagli e deroghe contrattuali in cambio del piano di salvataggio. Stesso atteggiamento nella catena napoletana di Auchan (1500 addetti e 5 ipermercati). Anche qui, per non licenziare, la ricetta proposta punta sui tagli salariali e le deroghe al contratto nazionale. Ma la trattativa è stata interrotta dai sindacati. “Firmate”, sottoscrivono però una cinquantina di lavoratori dell’ipermercato di via Argine, periferia est di Napoli.