La ricorrenza del centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti (1885 – 1924) non solo vuole celebrare la sua memoria, ma anche consolidare i valori di giustizia, resistenza a antifascismo, che hanno caratterizzato la sua vita e la sua lotta. Intervista al dott. Giuseppe Mosca, ricercatore e storico del Novecento.
L’appuntamento è fissato per giovedì 20 giugno alle ore 17:30 nella Sala Convegni dei Padri Trinitari in via Gino Auriemma, 2. L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra Archivio storico cittadino G. Cocozza, ANPI Caduti della Flobert di Sant’Anastasia e Casa Socialista. Interverranno: prof. Aniello Parma, docente universitario; dott. Giuseppe Mosca, ricercatore e storico del Novecento; avv. Antonio del Vecchio, penalista e membro della direzione nazionale socialista; avv. Antonio Demitry, civilista e opinionista; on. Bobo Craxi, segreteria nazionale del PSI. Modera il giornalista e archivista Alessandro Masulli. Saluti iniziali dell’avv. e politico Enzo Maraio (PSI), avv. Roberto Cimmino (PSI) e prof. Lello D’Avino (Unione Socialista).
- Prof. Aniello Parma (ANPI S. Anastasia): Matteotti studioso e bibliofilo;
- Dott. Giuseppe Mosca (Archivio storico cittadino): L’uomo Matteotti e i misteri del delitto;
- Avv. Antonio Del Vecchio (PSI): Matteotti politico e socialista;
- Avv. Antonio Demitry (PSI): Matteotti oggi e la figura del deputato contemporaneo;
- On. Bobo Craxi: Conclusione dei lavori del convegno
INTERVISTA
Dott. Mosca, prima di iniziare, può dirci brevemente chi fu Giacomo Matteotti?
“Purtroppo, le circostanze e la storia del delitto Matteotti, creando un mito, spesso hanno fagocitato morbosamente e ingiustamente tutti i suoi trascorsi umani, politici e storici. L’uomo di Fratta Polesine fu un uomo rigoroso e intransigente con gli altri e, soprattutto, con sé stesso, nella vita e nella politica, nelle amicizie e negli studi. Si laureò in giurisprudenza a pieni voti nel 1907, fu antimilitarista convinto, si fece portatore delle lotte e delle istanze democratiche e dei diritti dei più deboli: operai, braccianti e contadini, mettendo in pratica le idee e gli ideali del Partito Socialista italiano, a cui aderì sin da giovanissimo.”
Dott. Mosca quali furono rapporti di Matteotti con Mussolini e il Fascismo?
“Innanzitutto, la loro fu una storia improntata alla più sfrontata inimicizia. I due si conobbero ad Ancona nel 1914 al Congresso del PSI, e subito sorsero i primi contrasti. Nel corso del tempo, i rapporti si guastarono definitivamente a causa dell’interventismo di Mussolini e alla sua conseguente fuoriuscita dal PSI. La contrapposizione divenne insanabile con il sopraggiungere delle aspre lotte tra socialisti e fascisti dal 1919 in poi. Matteotti diventò nemico giurato del futuro duce, criticò e denunciò il carattere violento, brutale e antidemocratico dell’azione fascista in Italia, per tali motivi i fascisti ne fecero un bersaglio e lo perseguitarono in tutti i modi. Già nel marzo del 1921, il futuro segretario del Partito Socialista Unitario fu sequestrato da una squadraccia fascista a Castelguglielmo nel Polesine. Trascinato in un boschetto fu picchiato, seviziato e abusato sessualmente. In più, fu costretto a lasciare il Polesine. Fino al suo assassinio, fu il più acuto degli antifascisti: intelligente e abile stratega parlamentare. Matteotti intuì e presagì dove intendessero arrivare Mussolini e il Fascismo; fu, anzi, il primo a vederli arrivare, ad avvistarli da molto lontano, possedendo lo sguardo lungo del precursore.”
Dott. Mosca, veniamo al tragico epilogo del 10 giugno 1924, cosa accadde veramente?
“Un gruppetto di sicari ben addestrati della Ceka fascista – un’organizzazione criminale segreta alle dirette dipendenze di Mussolini – capitanati dal giornalista e funzionario dell’ufficio stampa della presidenza del Consiglio, Amerigo Dumini, rapirono nel pomeriggio sul Lungotevere il politico socialista, lo caricarono s’una Lancia Kappa nera e, dopo una breve colluttazione, lo pugnalarono a morte. Le ragioni di quest’assassinio, però, poggiavano già le basi sul cosiddetto Discorso della morte del 30 maggio precedente. Matteotti in un accorato e drammatico discorso alla Camera, davanti allo stesso Mussolini, che più volte perse la pazienza, denunciò i brogli elettorali e il clima di violenza e d’intimidazione in cui erano avvenute le elezioni del 6 aprile precedente. Arrivò, addirittura, a mettere in discussione la legittimità stessa della lista governativa, che aveva conseguito la maggioranza assoluta grazie alla legge Acerbo. In quella seduta accadde il finimondo, lo stesso Matteotti annunciò ai suoi compagni di partito che gli potevano preparare anche l’orazione funebre. Mussolini fu il mandante morale del delitto Matteotti, come egli stesso ammise nel discorso del 3 gennaio 1925, dove dichiarò testualmente: Ebbene, io dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea, ed al cospetto di tutto il popolo italiano, che assumo (io solo!) la responsabilità (politica! morale! storica!) di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il Fascismo non è stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il Fascismo è stato un’associazione a delinquere (omissis), a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato.”
Dott. Mosca, secondo lei c’è dell’altro da aggiungere sull’efferato assassinio?
“Sì, purtroppo. Io credo fermamente che in un regime dittatoriale, che stava subentrando al cosiddetto periodo libertario, l’assassinio di Matteotti venne eseguito su preciso ordine di Mussolini. Il socialista Matteotti era l’ultimo ostacolo prima del via libera al totalitarismo fascista. A quel tempo non si muoveva foglia che il Duce non volesse o non sapesse. Come si fa dubitare delle sue responsabilità? E c’è di più: Matteotti aveva scoperto durante un viaggio avvenuto dal 22 al 26 aprile 1924 a Londra, un giro di mazzette, tangenti nere legate allo sfruttamento di concessioni di ricerche petrolifere che vedeva coinvolti i fratelli Arnaldo e Benito Mussolini con la società americana Sinclair: la convenzione Sinclair per l’esattezza. Il coraggioso segretario del Partito Socialista Unitario era pronto a parlare nella seduta dell’11 giugno. Anche e soprattutto per questo fu eliminato: lo scandalo avrebbe suscitato un clamore enorme, tale da poter causare una brusca frenata all’ascesa del Fascismo in Italia. Poi sappiamo bene com’è finita: in un balletto e un gioco al rimpiattino di responsabilità, di memoriali, di scagionamenti e processi farsa. Il cadavere del deputato veneto, comunque, fu ritrovato il 16 agosto successivo. Furono due mesi di ricerche improduttive, depistaggi, bugie, dimissioni e omissioni. Il Fascismo s’avviava a diventare un regime pienamente dittatoriale, il tutto con l’ennesima complicità della Monarchia Sabauda, della quasi totalità della stampa e il silenzio connivente di gran parte delle forze dell’ordine.”
Dott. Mosca, qual’ è l’eredità spirituale di Matteotti?
“Giacomo Matteotti ci ha insegnato cosa vuol dire lottare per la democrazia. Egli fu il più grande e autentico antifascista: ci fa riflettere su questo grande valore, cui noi vogliamo rimanere attaccati e trasmettere alle future generazioni. Altresì ci induce ad osservare il vero volto del Fascismo: qualcuno pensa che il Duce produsse anche qualcosa di buono, e che le cose peggiorarono solo con le “leggi razziali” e l’entrata in guerra. Niente di più falso: il Fascismo mostrò la sua vera natura già dopo il 1919, con la sopraffazione, la brutalità, l’intimidazione e la cieca violenza.”