Caro Direttore,
più volte avrei voluto chiederti: “ma tu sei di destra o di sinistra?”. Poi non te l”ho mai chiesto, perchè ho cominciato ad avere difficoltĂ nel comprendere che cosa possa essere la destra e cosa la sinistra. Se, oggi, ti immaginassi di destra non saprei perchè tu lo dovresti essere. A livello nazionale Forza Italia -con le sue successive mutazioni- non mi sembra possa raccogliere le tue aspirazioni politiche: i militanti italoforzuti sono tutti ex (ex socialisti, ex democristiani, ex socialdemocratici, ex repubblicani, ex ex). Tu che ex potresti essere? Ti vedrei, perciò, molto più vicino ad Alleanza Nazionale (come si chiama, oggi, dopo il congresso di chiusura di Roma?).
Ma tu, maestro, avresti sostenuto la tesi del suo leader (1998) che “un maestro dichiaratamente omosessuale non può fare il maestro” o quella dello stesso leader (2003) che “sosteneva il bisogno di tutelare anche i diritti delle coppie di fatto e dei gay”? E, poi, sempre secondo quel leader maximo, avresti sostenuto la tesi moderna (2008) in base alla quale “i partigiani stavano dalla parte giusta, per cui anche la destra si deve riconoscere nell”antifascismo”? o ti saresti riconosciuto in quella un po” più antica (1994) per la quale “Mussolini è stato il più grande statista del Novecento”?
Se, poi, fossi portato ad immaginarti di sinistra (quale fra quelle sopravvissute?), allora dovrei pensare che domenica scorsa avresti potuto partecipare alle primarie del PD per la scelta del candidato presidente alla Provincia di Napoli.
La cosa non mi convincerebbe, perchè conosco un po” i tuoi contorti ragionamenti: “quello è un partito che raccoglie tutti gli ex; le primarie sono un po” un flop ed un po” un bluff; una volta dicono di essere figli di Marx, altre volte sostengono di essere figli di Togliatti, poi, di Kennedy, infine, solo di buone donne!”.
Direttore, il problema è che questi partiti –sia di destra che di sinistra- sono autoreferenziali, fungibili ed intercambiabili. Ed anche gli uomini che ne determinano le linee politiche. Anzi le linee politiche dettate da questi uomini cambiano in nome del potere e del consenso. Però gli uomini che hanno il potere e chiedono il consenso sono sempre gli stessi. E tu, per come ti conosco, non mi sembri la persona pronta ad esser prona o, quanto meno, disponibile a cambiare maglietta, percorso, idea ogni qualvolta qualcuno te lo chieda (o, meglio, te lo imponga).
Così, caro Direttore, passano i giorni ed i nostri politici e governanti –non solo quelli di Roma, anche quelli di Napoli e provincia (ma anche del resto d”Italia)- perdono di vista la realtĂ , non riescono a sentire i rantoli dell”agonia di un paese. A fronte di un capo del governo, infatti, che dichiara di non preoccuparsi dei dati sulla disoccupazione (in veritĂ , dice di più; sostiene che siano i migliori del contesto europeo), sono scomparsi migliaia di botteghe e di piccole attivitĂ commerciali; la disoccupazione, specie femminile, è aumentata a livelli esponenziali; gli extracomunitari sono considerati sempre più la causa di ogni male del nostro paese; a breve, potrebbero contarsi un numero esorbitanti di sfratti (si dice oltre centomila!) per morositĂ , col conseguente dramma di innumerevoli famiglie senza casa.
Ma a chi le racconto queste cose, a te, Direttore? E tu a chi le racconti? A quei pochi lettori che ancora cliccano il tuo sito?
Devo confessarti di un particolare fatto che mi ha colpito. Ho letto che, nella lotta alle violenze sessuali, qualche intelligentissimo parlamentare ha proposto di condannare gli autori delle violenze stesse ad una sorta di gogna. Come? Facendo affiggere sui muri delle cittĂ e dei paesi (della provincia di appartenenza) la foto dei violentatori con l”infamante reato commesso. Insomma, una sorta di Far West: tu arrivi nella cittadina di frontiera, e, proprio sulla porta del saloon trovi affissa la foto del fuorilegge con la scritta wanted (ricercato) e la taglia in dollari. E da quel momento partono i bounty killer ovvero i cacciatori di taglia!
Pensa che bello, Direttore, un manifesto a guisa dei violentatori anche per i governanti! Ma non perchè abbiano violentato un paese, intere generazioni, le loro passioni, i loro ideali. Un manifesto con la foto di un sindaco e la scritta nano patologico; quella di un ministro con la scritta concusso; quella di un assessore con la scritta colluso; quella di un religioso o di un vicino di casa con la scritta pedofilo.
Come, la devo smettere! Direttore, mi togli la parola e mi accusi di eresia. Vinci tu perchè hai il potere in mano. L”informazione è potere. Però, giuro che, se quei manifesti si potranno fare, ne farò stampare alcuni con la tua foto e la scritta cancheròne (non è una butta parola, vuol dire seccante, noioso).
QUESTI POLITICI “CANCHERONI”
“LA MAFIA É QUESTIONE POLITICA”
Quella del 21 marzo 2009 è stata una grande manifestazione. A Napoli sono arrivati decine di migliaia di ragazze e ragazzi, forse più di centomila, da tutta Italia e, in particolare, da tutto il Mezzogiorno, per dire NO alla mafia, a tutte le mafie che avvelenano il nostro Paese e stringono come in una morsa il Mezzogiorno, condizionandone lo sviluppo, la pratica della democrazia, la trasparenza delle amministrazioni, la qualitĂ della vita, gli stessi rapporti tra le persone.
Naturalmente c”erano anche politici di tutti gli schieramenti, sindaci accompagnati dai labari dei loro Comuni, amministratori di ogni livello, comunali, provinciali, regionali, ma anche quelli di comunitĂ montane, di ASL, di Parchi nazionali e regionali, delle Agenzie di protezione ambientale: insomma, tutti i livelli di governo politico del territorio erano ampiamente rappresentati. Naturalmente erano in prima fila, reggendo anche lunghi striscioni, quasi a significare che quella manifestazione, quella folla strabocchevole di ragazze e ragazzi, con i loro cartelli e le parole d”ordine cantate ed urlate, fosse lì per loro, per sostenere la dura battaglia quotidiana delle istituzioni e delle amministrazioni contro i poteri criminali.
Naturalmente sappiamo bene che non è così: sappiamo bene che la forza dei poteri criminali dipende dalla debolezza delle istituzioni; dalla permeabilitĂ delle amministrazioni pubbliche; dalle connivenze e dalle complicitĂ , anche solo silenziose, di quanti avrebbero il compito di fare argine all”espansione e alla penetrazione degli interessi mafiosi nella amministrazione come nella gestione della spesa pubblica; dalla corruttibilitĂ di quelli che dovrebbero essere i servitori dello Stato e che, invece, sono gli infiltrati della mafia nei gangli vitali delle amministrazioni e delle istituzioni pubbliche. Naturalmente, come sempre, di queste cose la manifestazione, bellissima, partecipata, ricca di tensione emotiva, non ha parlato.
Centinaia erano gli striscioni, migliaia erano i cartelli, innalzati per dire NO ai poteri criminali, NO alla mafia, per testimoniare la forza della memoria dei martiri della lotta alle mafie, ma, mentre l”interminabile e coloratissimo corteo mi sfilava davanti, mi sono reso conto che la mafia sembrava non avesse un volto, anzi aveva solo il volto dei criminali assassini: il volto del male, il volto del demonio, che fa il male perchè quella è la sua essenza. Ma la mafia uccide, corrompe, intimidisce, per denaro e per potere. Il suo scopo non è il male per il male, ma il governo del territorio e di tutte le opportunitĂ di sviluppo e di vita presenti e future, insieme, ma non prima, all”accumulazione della ricchezza.
La mafia non potrebbe mai raggiungere i suoi veri obiettivi senza la complicitĂ partecipe, l”arruolamento nelle sue fila, di coloro che dovrebbero essere i servitori dello Stato, dal senatore, al deputato, al sindaco, ai consiglieri e assessori di ogni livello, al dirigente, al funzionario, come pure ai professionisti di ogni settore, dall”avvocato al commercialista. Senza innervamento nella societĂ e nelle stesse articolazioni dello Stato la mafia non esisterebbe neppure. Sarebbe ridotta, come purtroppo alcuni continuano a pensarla, a una o più bande di delinquenti che fanno lavori criminali, come il traffico di droga, solo per procurarsi denaro da spendere a piene mani, e per ottenerlo sono disposti ad uccidere chiunque tenti di fermarli.
In questo caso sì, sarebbe solo problema di Forze dell”ordine e Magistratura. Ma non è così. La mafia è una questione politica; chiama in causa l”assetto e l”organizzazione dello Stato italiano nel Mezzogiorno, in particolare, ma non solo. Far finta che il problema sia altrove, significa solo fare un favore alla Mafia, come dimostra l”allegra partecipazione alla manifestazione del 21 marzo a Napoli di tanti amministratori di Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose.
CITTÁ AL SETACCIO
LA CHIESA, L’INCENERITORE E IL TRIANGOLO DELLA MORTE
Leggo dai giornali che giovedì 26 marzo sarĂ inaugurato l”inceneritore di Acerra. SarĂ il secondo in Italia (su 50) e, in progress, quando arriverĂ a pieno regime, sarĂ capace di smaltire 200/300 tonnellate di rifiuti al giorno. Non tocca certo a me, nè alla Chiesa, dare soluzioni o indicazioni tecniche ai problemi. Tocca alla politica e agli esperti. Ma quando è in gioco la salvaguardia dell”ambiente, la salute della gente, la dignitĂ delle persone, il pericolo del saccheggio di un territorio svenduto per speculazioni economiche, in una parola, quando non si persegue il “Bene Comune”, la Chiesa ha il diritto-dovere di intervenire sul piano etico-valoriale.
La Chiesa di Nola ha continuamente “gridato”, attraverso il Vescovo e l”Ufficio diocesano problemi sociali e lavoro, giustizia e pace, salvaguardia del creato, contro le ingiustizie. Ha partecipato, sin dall”inizio dell”emergenza rifiuti alle sofferenze della nostra gente causate anche dalla questione ambientale. Penso qui ai tanti interventi a favore della chiusura delle discariche a Paenzano 1 e 2 (Schiava di Tufino), a Boscofangone, a Marigliano:.
Qui è in pericolo la nostra salute, bene preziosissimo donatoci dal buon Dio. Tra le province di Napoli e Caserta (nel cosiddetto “triangolo della morte Acerra-Marigliano-Nola”), dove vivono oltre mezzo milione di persone, si muore di più per determinati tipi di cancro. Nel 2004 fu realizzato uno studio sull”argomento per The Lancet Oncology , una delle prime riviste scientifiche al mondo, dal ricercatore nolano del Cnr di Pisa Alfredo Mazza. È stato dimostrato che l”aumento del cancro è conseguenza diretta dello smaltimento illegale dei rifiuti nelle discariche abusive della zona.
Sostanze cancerogene e radioattive dopo decenni sottoterra riemergono nella catena alimentare sottoforma di sali di ammonio, alluminio, piombo, mercurio e diossina. Questi dati confermano quello che la gente comune dice , da anni, ogni giorno: “In ogni famiglia abbiamo un malato, se non addirittura un morto, di tumore”. Anch”io, come parroco, posso confermare questo dato. Anche un”indagine dell”Istituto superiore della SanitĂ ha confermato che l”asse Aversa, Acerra, Giugliano, dove vengono sversati illegalmente rifiuti tossici e urbani, riconferma un significativo eccesso di tumori al polmone, fegato, vescica, rene e stomaco.
Esiste, è così dimostrato, una relazione accertata tra l”emergenza rifiuti campana e il rischio salute per i cittadini.
La Chiesa, insieme ai comitati per la salute, ha sempre denunciato con coraggio le scelte scellerate, piovute dall”alto, che mortificano continuamente il nostro territorio, che, non a caso, è stato definito “la pattumiera ufficiale della Campania e la discarica abusiva dell”Italia ricca e industriale“.
Questa nostra terra, un tempo “Campania felix“, è diventata lo sversatoio privato delle ecomafie nazionali: una camorra feroce e senza scrupoli ha pilotato indisturbata un mostruoso traffico di rifiuti tossici dal Nord al Sud.
Ma, per questo stato di cose, ci sono delle responsabilitĂ ben precise: prima le autoritĂ regionali e poi i vari Commissariamenti governativi straordinari hanno reso, con le loro scelte “politiche” ancora più drammatica una situazione ambientale giĂ altamente compromessa.
Anche il silenzio o la complicitĂ delle amministrazioni locali (che qualche volta si sono svendute per il classico piatto di lenticchie), hanno creato sfiducia tra la popolazione e reso le nostre zone sempre più a rischio diossina, con la costante crescita delle patologie tumorali e delle vie respiratorie.
Ancora oggi, dopo tantissimi anni di emergenza infinita continuiamo a chiederci perchè la salute della gente debba essere sacrificata al totem del dio denaro e del profitto economico, che sarĂ solo a beneficio di gente senza scrupoli, della criminalitĂ organizzata, dei soliti “colletti bianchi” che lavorano dietro le quinte e di politici che da questa situazione traggono solo vantaggi elettorali.
Ci chiediamo, ancora, perchè non si favorisca sempre di più la raccolta differenziata, che potrebbe risolvere più del 50% del problema e perchè a pagare debbano essere sempre le stesse zone, salvaguardando le zone “ricche e turistiche” della nostra regione che, paradossalmente, poco si impegnano a riciclare i rifiuti.
A pagare, se si continua così, sarĂ sempre e solo la povera gente e il futuro dei nostri ragazzi sarĂ ancora di più in serio pericolo.
Alla vigilia dell”apertura dell”inceneritore mi faccio alcune domande:
perchè è stato scelto proprio il “triangolo della morte” per localizzare l”inceneritore, quando tutta la zona andava bonificata? Perchè le discariche non sono messe in sicurezza? Perchè non si fa un monitoraggio serio sulla situazione ambientale reale del nostro territorio? Dove saranno smaltite le scorie e le ceneri sottili dell”incenerimento dei rifiuti? Quale sarĂ l”impatto ambientale? Quanta altra diossina in più dovremo ancora sopportare sulle nostre terre? L”inceneritore, che deve produrre energia elettrica, brucerĂ solo CDR (combustibile derivato rifiuti) o anche il “tal quale” e i rifiuti tossici? Chi controllerĂ il controllore? Quali rischi camorra nella gestione dell”impianto?
Al Giubileo dei lavoratori della terra Giovanni Paolo II così diceva: “Se il mondo della tecnica più raffinata non si riconcilia con il linguaggio semplice della natura in un salutare equilibrio, la vita dell”uomo correrĂ rischi sempre maggiori di cui giĂ ora vediamo avvisaglie preoccupanti“.
Insieme, vincendo la rassegnazione ed esercitando la cittadinanza attiva, vogliamo continuare a difendere a denti stretti questa nostra terra, con forza denunciare le “strutture di peccato” che impediscono il vero sviluppo di uno dei territori più belli e fertili della Campania. Insieme vogliamo assicurare a noi e, particolarmente alle nuove generazioni, solo una vita “normale”.
E la Chiesa, come sempre, sarĂ in prima linea.
L’AMBIGUITA” DEL LINGUAGGIO
Benvenuti nel nostro laboratorio!
A quest”ora (sono le nove del mattino) nella grande sala lettura, seduto al suo tavolo abituale, c”è solo il prof. Carlo A., chiamato di solito “don Carlo”, soprannominato “il Tarlo”, per la sua ormai arcinota capacitĂ di penetrare, anzi di intrufolarsi, proprio come il tarlo fa con il legno, nel corpo di un testo, nonchè delle singole parole per scoprire e carpire il loro significato nascosto e quindi il senso vero dietro quello apparente della lettera esterna.
Veramente ad affibbiargli questo soprannome fu, tempo addietro, il suo amico e collega, il prof. Geremia B., altro assiduo frequentatore del Laboratorio, il quale ha una vera e propria mania di appioppare appunto soprannomi e nomignoli scherzosi, ai suoi conoscenti, con il criterio di evidenziare la nota caratteriale dominante, come dice lui, del personaggio, attraverso la creazione di un rapporto di senso tra i termini rimanti, le parole “compagne di rima” (dice sempre lui, citando sussiegoso il Jakobson), disdegnando di lasciarsi guidare nei suoi atti creativi dal puro gioco di iterazione fonica della rima stessa.
Ha assegnato perfino a se stesso un soprannome: essendo (= ritenendosi e sedicendosi) poeta, dice a tutti “Non mi chiamate Geremia, chiamatemi Fantasia”. E tutti lo accontentano, anzi lo mandano in sollucchero, chiamandolo con enfasi prof. Fantasia, e, quando le sue orecchie sono lontane e non possono udire, lo indicano scherzosamente ma anche con il tono di un affettuoso sfottò, Geremia Fantasia.
Per il soprannome di “tarlo”, il prof. Fantasia era stato sollecitato anche da altra motivazione. Il prof. Carlo aveva avuto fra i suoi avi, bisnonno o forse trisnonno, un suo omonimo che era un ispettore di polizia, un vero e proprio segugio, che soleva ripetere all”indirizzo dell”ancora ignoto malfattore, autore d”un delitto, “Damme tiempo ca te spertoso /dicette “o pappece “nfaccia a noce” (“Dammi il tempo sufficiente e io ti bucherò/ disse il tonchio alla noce”).
Lo soprannominarono ” “o pappece” e il nome si estese alla famiglia e ai discendenti. Ragion per cui il prof. Carlo aveva giĂ ereditato, anche lui, il soprannome di famiglia, “”o pappece”, che nella mente del prof. Fantasia fu italianizzato in “tarlo”, impropriamente in veritĂ , trattandosi di due insetti diversi, come si sa.
Il prof. Carlo si sta occupando dell”ambiguitĂ del linguaggio, con la manifesta intenzione di scrivere un saggio in proposito.
“L”ambiguità –precisa a chi glielo chiede– non è una caratteristica negativa del linguaggio. O meglio non è nè positiva nè negativa. Può però diventare l”una cosa o l”altra, dipende dalle circostanze e da altri fattori. La frase, ad esempio, “Ti offro protezione” per se stessa ha un valore in genere positivo: significa che una persona o un Ente offre aiuto ad una più debole e la difende da eventuali nemici e pericoli. Ma che cosa diventa la stessa frase, se a pronunziarla è il malavitoso rivolgendosi al proprietario di un negozio al quale è andato ad esigere il “pizzo”? (continua).
LA PRESENTAZIONE
“TRIPOLI BEL SUOL D”AMORE”
Nel 1911 l”Italia dichiara guerra alla Turchia, mirando, però, alla conquista della Libia. Il vessillo tricolore sulla terra africana rappresenta, infatti, una sorta di rivincita nella corsa alle colonie. E rappresenta anche una soluzione alternativa ai problemi dell”emigrazione. Ma la conquista della Libia è, soprattutto, un”impresa militare benedetta dai potentati economici, il più coinvolto dei quali è il Banco di Roma con i suoi vasti interessi a Tripoli ed in tutto il Medio Oriente.
I movimenti di propaganda favorevoli alla guerra parlano della Libia come di una terra ricca di oro e di petrolio. L”opinione pubblica si lascia, quindi, ammaliare da questo sogno e si infervora nel delirio bellico. Anche il primo ministro Giolitti, solitamente contrario alle avventure coloniali, si convince che è conveniente strappare la Quarta Sponda alla Turchia. Così, il 29 settembre 1911, è emanato un secco quanto inequivocabile comunicato: “Da oggi alle 14,30 Italia e Turchia sono in istato di guerra “.
Giolitti è convinto che bastano poche cannonate per abbattere ogni resistenza turca. Il primo ministro italiano chiede, perciò, al senatore Giovanni Agnelli di intensificare la produzione delle armi e dei motori per aeroplani. Nasce anche una canzone per la guerra, la canta la soubrette emiliana Gea della Garisenda –nome d”arte di Alessandrina Drudi- che canta: Tripoli bel suol d”amore.
Ma in Italia c”è anche chi protesta contro la spedizione coloniale. Pietro Nenni e Benito Mussolini –il primo repubblicano ed il secondo socialista- organizzano una manifestazione, a Forlì, per impedire la partenza dei giovani di leva per la Libia. Gli scioperanti, circa diecimila, gridano “Abbasso la guerra “; ci sono scontri con la polizia. La protesta sembra allargarsi ad altre parti del Paese. Poi, le endemiche divisioni interne alla Sinistra e l”arresto dei due capipopolo contribuiscono ad annullare il movimento pacifista.
Nel giro di poco più di un anno si conclude l”inutile guerra di Libia. Non sono bastate -come qualcuno sperava- poche cannonate. La resistenza turca è stata lunga; la sua resa avviene solo perchè si sta per aprire un altro fronte con gli stati balcanici. Il 18 ottobre 1912, a Losanna, è firmato il trattato di pace italo-turco. Ai turchi si prescrive il ritiro delle truppe e dei funzionari dalla Tripolitania e dalla Cirenaica; agli italiani, invece, il ritiro dalle isole conquistate dell”Egeo. Giolitti istituisce il Ministero delle Colonie; serve a coordinare i possedimenti italiani in Africa. Sono i possedimenti ottenuti in cambio di una guerra lunga, dispendiosa, che ha procurato 3.431 morti nel solo campo italiano!
Intanto, nello stesso anno 1912, il 14 di marzo, il re Vittorio Emanuele, mentre si reca al Pantheon, a Roma, per assistere ad una messa funebre in ricordo del padre, è fatto segno ad un attentato da parte dell”anarchico Antonio D”Alba; il colpo di pistola non sfiora nemmeno il sovrano.
Nel 1913, -qualche mese dopo che Mussolini è diventato il vero padrone del partito socialista (XIII Congresso, Reggio Emilia, 7-10 luglio) ed anche direttore dell”Avanti! (1 dicembre)- si svolgono le prime elezioni a suffragio universale. Votano oltre cinque milioni di italiani. La competizione elettorale è preceduta da un accordo siglato tra lo scaltro Giolitti ed il leader cattolico Vincenzo Ottorino Gentiloni.
Il cosiddetto patto Gentiloni prevede la presentazione di candidati concordati in molti collegi elettorali del paese; i cattolici, assenti dalla vita politica dello Stato usurpatore, per ordine dei vescovi, si impegnano a votare i candidati liberal-moderati. Ricevono in cambio l”impegno di Giolitti a non insistere sulla richiesta di introduzione del divorzio, ad appoggiare la scuola privata a svantaggio di quella pubblica, a sostenere l”istruzione religiosa ed il catechismo nelle scuole.
Con questo patto sono eletti 304 deputati dello schieramento di Giolitti, di cui 33 cattolici, che per la prima volta fanno il loro ingresso alla Camera. È un buon risultato, ma non certo quello che si aspettava il primo ministro. Ed ora bisogna fare anche i conti con le formazioni socialiste, quelle radicali e quelle cattoliche!
PILLOLE DI “900
“E SE ANCHE NOI LANCIASSIMO LE SCARPE AI POLITICI?”
Caro Direttore,
Sai com”è finito il processo a Muntazer-al-Zaid? Come, non conosci nemmeno chi è costui? Ma dai, è quel giornalista iracheno, che ha tirato una scarpa al presidente Bush, durante una conferenza stampa. E mentre tirava quelle scarpe, abilmente schivate dal suo bersaglio, gridava: “Questo è il bacio d”addio da parte del popolo iracheno”.
Beh, vuoi sapere, allora, la storia com”è finita? È stato giudicato colpevole di aggressione a un rappresentante di Paese estero: gli sono stati inflitti tre anni di carcere. Come dici? Ti dispiace per Muntazar ma non capisci cosa voglio dire? Niente, pensavo che se il gesto di tirare le scarpe a politici prendesse piede (trattandosi di scarpa non poteva che trattarsi di piede!) dalle nostri parti, sai che divertimento. Senza pensare, come tuo solito, alle alte cariche di governo; scendi più in basso, pensa, per esempio, ai tanti sindaci, assessori, consiglieri comunali, che, potrebbero meritare di essere fatti bersaglio con scarpe, stivali, pantofole, sandali, zoccoli!
Pensa agli amministratori che hanno consentito –ed ancora consentono- la distruzione sistematica del territorio; pensa a quelli che hanno dilapidato soldi pubblici con opere inutili o progetti di opere ritenute inutili (non parlo del ponte sullo stretto; parlo, che so, di pavimentazioni che si fermano, stranamente, davanti a certe proprietĂ , di monumenti che esibiscono in bella mostra il nome del sindaco in carica, di pilastri di cemento nati per sostenere improbabili edifici, megagalattiche opere sanitarie, scolastiche, industriali), a quelli che –addirittura- si sono appropriati dei soldi pubblici, a quelli che continuamente si difendono dicendo che “ci sarĂ stato pure qualche piccola distrazione –il mondo va così- ma pensate, ora, in cambio, avete l”acqua, la luce, il gas, le strade, la scuola”.
E come non ci abbiamo pensato! Ringraziamoli pure, questi grandi uomini, che con il loro illuminato contributo hanno donato al popolo il privilegio del progresso!
A volte, anzi, dobbiamo ringraziarli anche perchè ci consentono di respirare. Ma come cosa? Direttore, ci consentono di respirare l”aria. E, guarda, dalle nostre parti l”aria è preziosa. Lo sai che l”aria che si respira alla Solfatara, a Pozzuoli, ha lo stesso effetto del Viagra (è uno studio pubblicato su una rivista americana). Sì, hai capito bene! I gas sprigionati nella zona flegrea facilitano la vasodilatazione:con quello che segue.
Però, come si dice, Direttore, il Padreterno ha dato il pane a chi non ha i denti. Davide Caparini, parlamentare della Lega Nord, qualche giorno fa ha, infatti, presentato i risultati di una ricerca, in cui dimostra che i padani fanno un grande uso di Viagra, perchè il loro ritmo di vita e di lavoro fa diminuire il desiderio.
Quando, poi, si dice la sfortuna! D”altra parte, si è sempre detto: “Chi chiagne fotte a chi rire!”. Facci caso: chi è supponente ha sempre un sorrisetto stampato in faccia, però, ha disagio in camera da letto. Chi, invece, è condannato a piangere (per storia, per politica, per finanze, per disoccupazione, per l”aria) almeno fotte!
Direttore, cos”altro volevo dirti? Ah, la scuola è sempre nell”occhio del ciclone. Meglio, forse, dire che non si capisce niente. È vero, le famiglie hanno bocciato il piano Gelmini: solo un 3% ha scelto il modello delle 24 ore alle elementari (per capirci, quello del maestro unico); una percentuale altrettanto bassa ha richiesto il modello a 30 ore; tutto il resto ha fatto la richiesta delle 40 ore (90%!). Ma non c”è nessuna possibilità –al momento- che qualcosa possa essere rivisto. L”unica cosa certa è che a settembre prossimo la nostra scuola sarĂ molto povera. Non solo non ci saranno compresenze alle elementari, ma non ci saranno nemmeno molti contenuti, molte discipline e molte indirizzi di studio nelle scuole secondarie di I e II grado.
Un autentico tsunami si porterĂ via anni di sperimentazioni, innovazioni, ricerche. Si porterĂ anche qualcosa pari ad oltre trentamila posti di lavoro (riporto stime sindacali), se non di più. No, no! Non sono numeri effetto della crisi; sono una precisa scelta dell”attuale governo. Gli italiani devono essere ignoranti. Gli italiani non devono essere messi più nella condizione di pensare. Il pensiero è pericoloso.
Come al solito, Direttore, ti diletti in asseverazioni stucchevoli (cioè continui ad affermare cose noiose). Che significa, saremo tutti ignoranti! Pensi, forse, che non possa nascere anche in Italia un sito come quello francese (www.faismesdevoirs.com) destinato agli studenti più svogliati? Tu clicchi, invii le domande e nel giro di poche ore ti arrivano le risposte. Come si paga? Con carte prepagate in vendita nelle sale gioco. Così non devi necessariamente impegnarti nello studio; non devi nemmeno (necessariamente) andare a scuola (quella privata) e non devi temere nemmeno il maestro unico. In compenso avrai un sicuro avvenire: sindaco, assessore, presidente del consiglio. Qualcuno più fortunato potrĂ diventare anche ministro. Magari della pubblica istruzione.
COMUNI SCIOLTI PER CAMORRA-4/A TAPPA
Di Amato Lamberti
A San Paolo Bel Sito, Comune ameno dell”area nolana, si adatta bene l”espressione usata da Goethe per il Mezzogiorno d”Italia, “un paradiso abitato da diavoli”. Il luogo è tanto bello e piacevole, dal punto di vista paesaggistico, che il Vanvitelli, l”architetto dei Borboni, l”aveva scelto come sede della Reggia che doveva gareggiare con Versailles per bellezza e piacevolezza. Il progetto non si realizzò solo per la difficoltĂ di alimentazione della grande fontana che avrebbe dovuto abbellire la Reggia ed il Parco.
Per quanto riguarda la vita civile la situazione è completamente diversa. Senza voler andare troppo indietro, nel 1994, il decreto di scioglimento del Comune, motivato dall”accertato condizionamento criminale e dall”esigenza di ripristinare i principi democratici e la libertĂ collettiva, recitava: “Il comune di S.Paolo Belsito risulta far parte di quella cerchia di comuni inseriti nella così detta “Cupola Comitato Affari”: il territorio comunale, infatti, è compreso nella fascia geografica su cui predomina incontrastata l”organizzazione mafiosa facente capo al boss Carmine Alfieri”.
L”analisi dei fatti accaduti, a livello amministrativo, nel 1993 è particolarmente significativa. Il 6 giugno 1993, a seguito di consultazioni elettorali, viene rinnovato il Consiglio comunale. Il 4 novembre dello stesso anno, viene arrestato per associazione a delinquere di stampo mafioso, Luigi Riccio, ex amministratore, per lungo tempo a capo dell”amministrazione comunale, e ritenuto affiliato con ruoli di comando al clan Alfieri. In pratica, la camorra, con un suo rappresentante, aveva governato direttamente il Comune, usufruendo, quindi, di autorizzazioni amministrative e dell”attribuzione di appalti a favore di soggetti, anche imprenditoriali, direttamente collegati alla stessa organizzazione.
Naturalmente, anche la vita civile della comunitĂ risultava fortemente condizionata. Il Riccio, infatti, aveva assunto il ruolo dello stabile interlocutore dell”organizzazione criminale relativamente al controllo elettorale del territorio, non solo a livello di elezioni comunali, ma a tutti i livelli, da quello provinciale, a quello regionale, a quello politico nazionale, diventando così interlocutore di livelli politici anche molto importanti. Nell” ordinanza di arresto del Riccio, gli si contesta anche il fatto che, in concorso con tre vigili urbani e con alcuni privati interessati, tra i quali anche dipendenti comunali, aveva abusato del proprio ufficio per conseguire risultati elettorali a lui favorevoli.
A seguito dell” arresto del Riccio, vero deus ex machina dell”amministrazione comunale, in data 1 dicembre 1993, il sindaco neo-eletto, il vicesindaco e due dei quattro assessori rassegnano le dimissioni. Il prefetto, constatata l”impossibilitĂ di funzionamento del Comune, con decreti del gennaio 1994, nomina un commissario prefettizio attribuendogli i poteri del sindaco e della Giunta.
Le elezioni del 6 giugno 1993 avevano dato vita ad una amministrazione nuova ma in diretta continuitĂ con le precedenti, tanto è vero che erano stati confermati alcuni dei precedenti amministratori ed eletti altri, notoriamente legati al Riccio, sia per incarichi di favore che per stretta relazione di parentela. Constatata l”impossibilitĂ di gestire una situazione così fortemente condizionata dai poteri criminali, il prefetto chiede lo scioglimento del consiglio comunale che il Presidente della Repubblica firma il 4 marzo del 1994. Ma a San Paolo Bel Sito non cambia nulla, almeno a livello di amministrazione comunale, tanto è vero che il Presidente della Repubblica è costretto ad un nuovo decreto di scioglimento, il 5 marzo 2002.
Dalla relazione del Ministro dell”Interno emerge un quadro di connivenze e complicitĂ paragonabili solo a quelle che si sono registrate in Comuni siciliani, come Corleone, o in Comuni calabresi, come Platì.
“Significativo è il ruolo –si legge nella relazione- ricoperto dall”attuale sindaco (Raffaele Riccio), gravato da pregiudizi penali, la cui attivitĂ politico-amministrativa risulta strettamente condizionata dall”influenza del padre (Luigi Riccio), figura carismatica che aveva più volte assunto la carica di capo di quell”amministrazione e che in passato è stato raggiunto da provvedimenti dell”autoritĂ giudiziaria in quanto ritenuto interlocutore privilegiato delle organizzazioni criminali”.
Significativo il fatto che Luigi Riccio continui a fare il padre-padrone dell”amministrazione comunale e del mercato elettorale anche se il potere criminale è passato dalle mani di Alfieri a quelle dei Russo, i fratelli Salvatore e Pasquale, per la veritĂ giĂ prima gravitanti nell”area dei fedelissimi di Alfieri. Un clan, quello dei Russo, la cui potenza è testimoniata dall”ordinanza di sequestro di beni a loro appartenenti per un valore di 300 milioni di euro del febbraio 2008. Per garantire affari e investimenti, il clan Russo, opera su tre livelli: il controllo violento del territorio; stretti rapporti con la politica a livello locale, regionale e nazionale; relazioni e scambi di affari con l”imprenditoria e gli istituti finanziari locali.
Un potere che non ha neppure bisogno del ricorso all”intimidazione violenta tanto è consolidato nella testa e nei comportamenti della gente. I diavoli sono diventati padroni del paradiso e la corte di complici e conniventi, per calcolo e per paura, si allarga continuamente. Non si può neppure dire che è rimasta l”aria buona, perchè sono riusciti a rendere pestilenziale anche quella, dopo aver avvelenato la terra.
LA CHIESA E LA CRISI ECONOMICA. IL CASO FIAT
La crisi economica, dicono, è appena iniziata. Alcuni tragificano la situazione, altri non la vogliono vedere, altri, ancora, chiedono agli italiani di non lamentarsi. Bankitalia dice che il Prodotto interno lordo va giù del 2,6 per cento, il Censis rileva che gli italiani consumano di meno, a febbraio le ore di cassa integrazione sono aumentate 5 volte tanto e, secondo gli esperti, saranno destinate ad aumentare sempre di più. In giro c”è tanta paura e tantissime famiglie, con la drammatica prospettiva di tanti licenziamenti, vivono ore di ansia e disperazione.
L”appello, bellissimo, di papa Benedetto XVI per i lavoratori e le famiglie (soprattutto per i “nostri” della FIAT di Pomigliano) lanciato all”Angelus della prima domenica di Quaresima, e le iniziative della Chiesa, nascono dalla convinzione che questa crisi sarĂ dolorosa per tutti e drammatica per molti, soprattutto per le famiglie monoreddito, con un lavoro precario e con figli a carico.
La Chiesa non si limita ad erogare somme, perchè la Chiesa non propone ammortizzatori sociali alternativi. Ma indica alla politica, innanzitutto, ma alla societĂ intera, in tutte le sue componenti, delle prioritĂ ed un percorso di sobrietĂ e di solidarietĂ .
La Chiesa invita alla riflessione profonda e a cambiare stile di vita: le cause più profonde di questa crisi non sono solo economiche o finanziarie, ma soprattutto di ordine etico e morale.
È in fortissima discussione il modello di sviluppo e il mercato che non può e non deve più emarginare i più poveri e i più deboli. È necessario porre fine a questo liberismo sfrenato, selvaggio e senza regole, dove i più ricchi diventano sempre più ricchi e i più poveri sempre più poveri. GiĂ Giovanni Paolo II, nella sua grande lungimiranza profetica diceva che oggi bisogna “globalizzare la solidarietĂ “. La Chiesa chiede, se si vuole uscire dalla crisi, alla politica, alle banche, alle imprese, al mondo della finanza, di attuare una parola-chiave: Condivisione.
Il mondo economico non può più perseguire il solo mito dell”efficienza e del profitto, ma avere come scopo il Bene Comune, di tutti e di ciascuno.
Sono questi i motivi “evangelici” che hanno spinto il Vescovo di Nola, i parroci e l”intera comunitĂ diocesana e cittadina a “scendere in campo” per difendere il lavoro a Pomigliano. La partecipazione è stata corale da parte di tutta la cittĂ . Non possiamo e non dobbiamo permetterci il lusso di perdere uno dei pezzi più gloriosi della nostra storia industriale, volano di sviluppo e di lavoro per tante persone del nostro hinterland, compreso l”indotto.
Commoventi e sentite sono state le parole del nostro Vescovo alla conclusione della manifestazione in Piazza Primavera: “Ascoltate il grido di questa gente, non vi chiede nè oro nè argento, vi chiede solo lavoro. Non scaricate questa crisi sui poveri operai. La Chiesa vi starĂ sempre vicina“.
Ma il Vescovo non si è fermato qui. Ha preso carta e penna e ha inviato una lettera-appello al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e all”Amministratore delegato Fiat Sergio Marchionnne.
Al Presidente, che era giĂ intervenuto, il vescovo ha chiesto di fare quanto è nelle sue possibilitĂ per scongiurare il pericolo-chiusura fabbrica, visto il suo amore per la “sua” Napoli.
A Marchionne ha scritto così: “Io non sono nè un politico nè un economista, ma come uomo e come Pastore di un gregge “ferito” mi domando: il mercato è proprio tutto? È l”economia per l”uomo o l”uomo servo del profitto? Il futuro di Pomigliano non può essere lasciato solo nelle mani del mercato che non va demonizzato va è esso stesso a sevizio della persona umana. È proprio impossibile garantire una nuova missione produttiva capace di “condizionare” lo stesso mercato?“.
Infine, l”urlo: “La prego, salvi Pomigliano!”.
E l”impegno della Chiesa continua, per affermare che l”attenzione all”uomo è la prioritĂ della Chiesa e deve essere prioritĂ per la politica, per la finanza, per l”economia, per la societĂ intera.
Con la sua Presenza, la Chiesa di Nola ha Denunciato e, contemporaneamente, Annunciato.
L’ITALIA DEI PRIMI DEL “900 STRAVEDE PER LO SPORT
Anche nel campo dello sport si scrivono importanti imprese. Nel 1907 l”Italia partecipa, con i piloti Scipione Borghese e Luigi Barbini, al raid automobilistico Pechino-Parigi. Vengono percorsi 15.000 chilometri attraverso l”Asia, la Russia e l”Europa. L”equipaggio italiano è primo sul traguardo di Parigi con un vantaggio di 21 giorni sugli altri concorrenti rimasti in gara. Il telegramma dei piloti italiani è esaltante: “La corsa è finita, abbiamo vinto” (nell”immagine, i vincitori al traguardo).
Sempre nel 1907 nasce la prima gara ciclistica Milano-Sanremo: è il 14 aprile ed è un giorno infernale, per il maltempo che si è scatenato. Dei 62 iscritti alla corsa, 29 rinunziano alla partenza, per le condizioni atmosferiche. Lungo le strade tortuose e polverose c”è grande battaglia. Al traguardo di Milano è primo il francese Lucien Mazan, detto Petit Breton.
Luigi di Savoia e Aosta, duca degli Abruzzi, conquista la cima del Ruwenzori, in Africa.
Il 13 maggio del 1909, invece, parte da Milano il primo giro d”Italia. Si corrono tappe lunghissime. I concorrenti alla partenza sono 127; tagliano il traguardo finale (sempre a Milano) solo in 49. Dopo una gara bellissima e combattuta sino all”ultimo chilometro, vince Luigi Ganna, un ex muratore lombardo. Sotto l”effetto della pubblicitĂ , la bicicletta ha una grande diffusione tra gli italiani: se ne contano oltre 500.000! Ed i prezzi, per i modelli di lusso, non sono certo modici: una Bianchi, infatti, costa circa 390 lire, equivalente a 157 giornate lavorative di un operaio dell”industria.
Il calcio non è ancora lo sport nazionale. I primi campionati si giocano a quattro squadre; solo alla fine del primo decennio del novecento le squadre in lizza diventano nove ed appartengono tutte all”Italia del nord. Tra il 1898 ed il 1910, la squadra del Genoa si aggiudica 6 volte lo scudetto; 3 volte, invece, la vittoria è del Milan; il Pro Vercelli vince 2 volte; una volta a testa vincono la Juventus e l”Internazionale.
A tanto interesse per lo sport, però, la Chiesa mette subito il freno. Infatti, le associazioni cattoliche, pur nella convinzione che le attivitĂ sportive possano creare proselitismo, temono, tuttavia, che le stesse possano servire a distogliere gli italiani dalla fede: “È vero che noi possiamo fare esercizi sportivi d”ogni genere senza che si richieda che le nostre idee e le nostre convinzioni abbiano per nulla a immischiarsene, ma è pur vero che noi cattolici possiamo servirci di quelli per tenere unite anime giovani e buone le quali alla loro nobile passione per gli esercizi fisici potrebbero trovarsi a sacrificare i loro sentimenti religiosi nel continuo contatto con genti di ogni razza e d”ogni colore”.
LA RUBRICA
PIANO CASA DEL GOVERNO. “C’É DA PREOCCUPARSI”
domani il consiglio dei ministri varerĂ , a meno di sorprese (sempre possibili), il cosiddetto “piano casa”. Come ben sai, il nuovo modello per l”edilizia, pensato dai nostri attuali governanti (anticipato da un”analoga iniziativa deliberata dalla Regione Veneto), introdurrĂ tre o quattro novitĂ nel mondo del mattone, che sicuramente produrranno confusione e disequilibrio nel giĂ martoriato nostro territorio. Le nuove norme riconosceranno agli enti locali la possibilitĂ , in deroga ai piani regolatori, di autorizzare l”ampliamento degli edifici esistenti entro il 20% della cubatura.
Gli stessi enti locali, poi, potranno rendere più agevole l”abbattimento e la ricostruzione degli edifici costruiti prima del 1989; i proprietari, da parte loro, avranno una corsia preferenziale e semplificata per le autorizzazioni, insieme a rilevanti agevolazioni fiscali (si parla dal 20% al 60%) per i cittadini che si accingeranno ad edificare la prima abitazione.
Buono, dirai. Anche perchè il nostro presidente del consiglio ha rassicurato i soliti malpensanti, garantendo che non ci saranno i temuti abusi. Anzi, il nostro presidente del consiglio ha anche dichiarato che vuole: “dare la possibilitĂ a chi ha una casa e nel frattempo ha ampliato la famiglia, di aggiungere una o due stanze, dei bagni e servizi annessi alla villa esistente”.
Direttore, tu, secondo me, rendi un cattivo servizio all”informazione. Perchè non hai mai parlato della tua villa (ma, in veritĂ , neanche di quella dei tuoi collaboratori e, quindi, nemmeno della mia!); perchè continui a riportare notizie da un territorio, a tuo dire, preda di miseria; perchè ci propini solo cronache in cui si parla di operai cassintegrati, precari licenziati, politici delegittimati, scuole in agitazione, delinquenza in aumento e tanto altro ancora! Smettila di borbottare. Non sottolineare che il disegno di legge in discussione al consiglio dei ministri prevede il “ravvedimento operoso” per gli antichi abusi edilizi. Non insistere, il ravvedimento operoso tende solo a diminuire la pena o ad estinguere il reato (se mai c”è stato!).
Caro Direttore, scherzo. Lo sai, io, come te, sono molto preoccupato. Anche perchè in questa discussione si può intervenire solo facendo appello alla coscienza civica. Altrimenti è la fine, avremo tutti contro. Facendo leva sull”atavico bisogno di casa, i mattonari, infatti, sperano che questa legge partorisca un nuovo boom edilizio, che li faccia vivere di rendita per i prossimi cinquant”anni. I camorristi hanno la certezza di poter riciclare i soldi del malaffare; la povera gente (ma pare che non ce ne sia nel nostro paese!) sogna la costruzione di alloggi popolari in sostituzione di vecchie stamberghe; molti politici sanno di poter investire elettoralmente su promesse impastate con bugie e cemento.
Intanto, però, si registra la sconfitta dei Piani Regolatori Generali, l”abbattimento di ogni regola urbanistica e la perdita di una dimensione storica della civicitĂ , dell”appartenenza al territorio, della difesa della polis. Tu pensa a quanti centri storici saranno interamente snaturati; quante nuove Casalnuovo; quante nuove sodomizzazioni perpetrate ai danni del Somma-Vesuvio (il professore Lamberti avrĂ che scrivere!); quanti uffici tecnici comunali tentati da una dazione (un simpatico omaggio, un”attenzione, un fiore) per mettere a posto le carte!
Celentano, in una delle sue ultime canzoni (“Dormi amore che la situazione non è buona”), sosteneva, a proposito della distruzione dell”ambiente, che “la più grande sciagura sono stati gli architetti”. Non è vero! Gli architetti Gae Aulenti, Massimiliano Fuksas e Vittorio Gregotti (e scusate se è poco) sono stati i primi firmatari di un appello, che invita a combattere la barbarie ai danni del territorio: “Le licenze facili e i permessi edilizi fai da te decretano la fine delle nostre malconce istituzioni. Il territorio, la cittĂ e l”architettura non dipendono da una anarchia progettuale che non rispetta il contesto, al contrario dipendono dalla civiltĂ e dalle leggi della comunitĂ . La proposta di liberalizzazione dell”edilizia, annunciata dal presidente Berlusconi, rischierebbe di compromettere in maniera definitiva il territorio. Ecco perchè c”è bisogno di un sussulto civile delle coscienze di questo paese”.
Caro direttore, in conclusione, volevo esprimerti qualche altra mia preoccupazione. A parte l”abusivismo di ritorno, ma tu pensa quante nuove imprese edilizie nasceranno sul nostro territorio e con quanta improvvisazione! Manodopera non formata, sottopagata, non assicurata, non adusa ad affidarsi agli schemi ed ai calcoli dei tecnici professionisti:Con tutto quel che segue.
Lo so che non c”entra niente con quanto detto prima, però, Direttore, vorrei concludere ricordando uno dei primi provvedimenti del presidente Obama, quello relativo all”investimento di denaro pubblico sulle staminali embrionali (servono per la lotta al cancro, per curare il Parkinson, nei trapianti d”organo). E vorrei, a tal proposito, ricordare anche il commento del regista Michael Moore (“Farenheit 9/11”), oppositore di Bush, in occasione dell”elezione di Obama: “Come sarĂ avere un presidente intelligente? RitornerĂ la scienza messa al bando per otto anni”.
Tu dici che in Italia lo potremmo fare un simile commento?
Caro Direttore,