Non è il caso, il giorno di Pasqua, di polemizzare, criticare, o accusare chicchessia. Questo spazio vuole solo sollecitare utili discussioni ai nostri lettori e alla nostra comunità in genere.
E quindi è il caso, proprio a Pasqua, di fare una riflessione sul ruolo dell’ identità storica della nostra comunità. Patrimonio materiale ed immateriale che appartiene a tutti, maggioranza, minoranza, destra, sinistra, centro. C’è un ricco “tesoruccio” che parla di Somma, ma disperso in cinque sedi diverse e che non aspetta altro di essere ordinato e mostrato. Parliamo dei reperti archeologici del deposito del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dei depositi di Ercolano Scavo, dei depositi di Pompei Scavo e per finire del deposito del Parco Archeologico delle Basiliche di Cimitile. Tutti di pertinenza pubblica. E per ultimo, del deposito di Masseria Alaia a Somma in custodia provvisoria all’ Università di Tokyo. Stiamo parlando di migliaia di oggetti, soprattutto di epoca romana, che fanno anticamera tra le ragnatele dei sotterranei da vari decenni, in attesa di un tempo migliore che, di questo passo, mai arriverà.
C’era un vecchio progetto di Museo Civico cittadino da allestire nel Castello d’Alagno. Il cui acquisto, ristrutturazione e restauro era in capo a questa destinazione. Addirittura risalente a prima dello scavo di Villa Augustea. Ma pare perse le tracce.
C’è ancora in piedi, invece, un progetto, meno appariscente ma ora indispensabile, di un antiquarium nei locali abbandonati del Chiostro del Convento di San Domenico. Non darebbe fastidio a nessuno. Si donerebbe alla comunità una struttura culturale al centro di Somma di grande valore simbolico sollevando gli amici Giapponesi dall’onere della custodia di un enorme quantità di materiale di solo valore scientifico, proveniente dallo scavo di Starza della Regina. Il loro deposito è straripante di casse e cassette varie colme di cocci, tegole, vasi, pietre di zero valore commerciale ma di grande interesse scientifico e documentale. Poverini (si fa per dire) sono alle prese con le promesse del Comune di risolvere definitivamente il loro problema da diversi anni. Ma che per i cittadini sarebbe un gran bel regalo come poter ammirare, per esempio, una finestrella in terracotta, con ornie e grate, proveniente da Villa Augustea o le anfore da vino da trasporto. Ma a quanto pare neppure quest’anno si vedrà la realizzazione. I locali di San Domenico sono ancora abbandonati. I depositi “giapponesi” ancora colmi. Ed i cittadini appassionati, ignorati da chi potrebbe e privati così dei tanti reperti minori.
Eppure i Sommesi avrebbero bisogno di una struttura simile. Li metterebbe di fronte alla realtà storica dello scavo e del proprio passato unificante. Sarebbe un utilissimo mezzo di identità e collante sociale, necessario per una comunità sparsa su oltre trenta chilometri di superficie con troppi rioni distanti.
Per il Museo Civico a Somma, opera molto più impegnativa, sarebbe un lusso esagerato. Basta quello di Nola con le due statue?
Intanto Terzigno (17.000 abitanti) ha avuto il “suo”museo (MATT) in 6 anni. Noi no, non ce lo possiamo permettere? E quindi non godremo del piacere di ammirare la gigantesca lucerna di bronzo della collezione D’Avino (da località Palmentiello), per esempio. Né godremo della visione dei rocchi di colonna con capitello dorico di provenienza Cavone, altro esempio.
E i turisti? Per ora, dopo la visita allo scavo vanno al MATT di Terzigno e qualcuno al Museo di Nola.
Per tutto il resto: auguri a tutti!