La Resurrezione di Cristo e la “coraggiosa” incredulità di Tommaso nel quadro di B.Strozzi

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Attraverso la lettura di alcuni passi dei Vangeli lo studioso Vincent Aucante ha cercato di dimostrare che l’incredulità che l’apostolo Tommaso espresse quando gli fu comunicato che Cristo era risorto fu “coraggiosa” e non indeboliva la sua fede. Correda l’articolo l’immagine del quadro che Bernardo Strozzi dipinse tra il 1615 e il 1620 e che “legge” in modo originale la scena anche rispetto alla “versione” che ne diede Caravaggio.

 

Scrive Giovanni nel suo Vangelo (xx, 24-29) che quando Gesù risorto apparve ai suoi discepoli, Tommaso, detto “Didimo”, “gemello”, non era presente, e quando i compagni gli dissero di aver visto il Maestro risorto, egli ribatté che avrebbe cancellato i suoi dubbi solo se avesse avuto la possibilità di “mettere il dito nel foro dei chiodi”. Otto giorni dopo Gesù appare di nuovo, e questa volta è presente anche Tommaso: il Maestro gli dice: “allunga la tua mano e metti il dito nel mio fianco, e non continuare ad essere incredulo, ma credente”. Tommaso obbedisce e alla fine esclama: “Signore mio e Dio mio”. E il Signore commenta: “Hai creduto, poiché mi hai visto, beati quelli che credono senza aver visto”. Nei secoli molti credenti e anche qualche teologo hanno visto nelle parole di Cristo i segni del rimprovero, ma per capire il senso della vicenda non bisogna dimenticare che anche gli altri discepoli, quando incontrarono per la prima volta Cristo risorto, ebbero qualche dubbio: lo dice Matteo (XXVIII, 17): “quando lo videro lo adorarono in ginocchio, alcuni però erano vinti dal dubbio”. Lo dice Luca, con un racconto ricco di particolari: i discepoli, atterriti, credono di vedere uno spirito, ma Gesù mostra ad essi le mani e i piedi, “palpatemi e vedete, perché uno spirito non ha né carne, né ossa”; ma poiché la loro incertezza e la loro meraviglia non scemavano, il Maestro fornì la prova più sicura della sua Resurrezione anche corporea mangiando “davanti a loro” un pezzo di pesce arrostito. Dunque, gli altri discepoli non osarono confessare apertamente i loro dubbi, e si limitarono a rivelarli con le espressioni del volto. Tommaso, invece, ebbe il coraggio di dire quello che pensava: scrive Vincent Aucante, autore di una biografia dell’apostolo, che Tommaso non dubitava della capacità del Maestro di risorgere come spirito, ma sembrava incredibile anche a lui, come agli altri discepoli, che fosse risorto nel corpo. Certo, avevano tutti assistito alla miracolosa resurrezione di Lazzaro operata da Gesù, ma Lazzaro era morto di malattia, mentre Gesù era stato inchiodato alla croce e colpito, dopo la morte, dalla lancia del legionario. E che fosse un coraggioso Tommaso lo aveva dimostrato gridando “andiamo a morire con lui” quando Gesù aveva rivelato ai discepoli che Lazzaro era morto. E lo dimostrò negli anni successivi, quando andò a evangelizzare la Mesopotamia e l’India. Il quadro che correda l’articolo Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino, lo dipinse tra il 1615 e il 1620: oggi è conservato nella Galleria di Palazzo Rosso a Genova: il tema lo Strozzi lo aveva già trattato nel quadro oggi conservato al Museo di Arte di Ponce. Nella tela di Genova è Cristo stesso che guida – direi costringe- la mano di Tommaso ad avvicinarsi al suo corpo perché il dito possa entrare nella ferita prodotta dalla lancia. Non è una novità, scrive Piero Boccardo, “perché la stessa scelta, e con maggior forza, aveva fatto Caravaggio, in una tela, già nella collezione di Vincenzo Giustiniani, e oggi dispersa, che Strozzi può aver conosciuto attraverso la copia che allora ne possedeva Orazio Di Negro”. Ma mentre il Cristo di Caravaggio soffre per la meraviglia che ancora turba il volto dell’apostolo, il Cristo del “Cappuccino” impassibile guida la mano di Tommaso, avendo compreso il vero significato dell’incredulità dell’Apostolo, che a testa alta esegue l’ispezione e “sente” e vede che Cristo è risorto anche come corpo. E la tecnica barocca dello Strozzi conferisce solidità al corpo del Risorto attraverso il disegno e la pennellata: ovviamente il corpo del Signore è luminoso, grazie anche ai riflessi del bianco panno che lo avvolge e al contrasto con le sfumature di terra rossa che colorano il volto degli altri e, in misura più intensa, la mano dell’”incredulo”. Un quadro su “Tommaso incredulo” si trova anche a Ottaviano, nella Chiesa di San Michele: l’opera viene attribuita alla scuola di Solimena e, da qualche studioso, proprio al Solimena. Il Circolo “Armando Diaz” organizza, tra maggio e giugno, visite nelle Chiese e nei luoghi d’arte della nostra città: mi hanno chiesto di fare da guida e io ho accettato, nella speranza che gli storici veri e patentati, pur “increduli”, mi perdonino.