Le fatiche della Champions fermano la corsa del Napoli
Anni e anni trascorsi a giocare a pallone nel cortile sotto casa, le ginocchia sbucciate, la mamma che ti chiama e ti dice di salire perché è ora di pranzo, poi perché è ora di fare i compiti e infine perché è ora di cena.
Partite interminabili, tre contro tre, quattro contro quattro, il portiere volante, le porte piccole, il pallone sgonfiato, il Super Santos nuovo di zecca. Risultati assurdi, paradossali: 20 a 18, 46 a 42, 100 a 99. Anni a perdifiato, insomma.
Per scoprire, da adulto, che nel calcio esiste la stanchezza. E la stanchezza è quando pareggi contro il Chievo. Il Napoli lo ha fatto, dopo una partita dal possesso palla quasi imbarazzante per come è stato alto e sterile. Pochi tiri in porta, pochissime occasioni. Mario Rui al posto di Ghoulam ma anche l’alibi degli alibi: la stanchezza, appunto. L’affanno dopo le fatiche della Champions.
Potremmo persino crederci, se pensiamo a quanto ha patito la Juventus per battere il Benevento, del quale alla vigilia doveva fare un solo boccone e che invece ha sconfitto di misura, dopo essere stata sotto per più di un tempo. La stanchezza, anche per i bianconeri.
Solo che quelle partite infinite nel cortile sotto casa ti hanno lasciato un dubbio, che peraltro ha la stessa intensità della tua passione per il calcio: come ci si può stancare giocando a pallone? Come è possibile?
La risposta è una sola, solo quella può essere: la stanchezza è roba da ricchi.