Non sarà una scelta indolore quella che dovrà fare la Campania per una nuova “opzione energia”. Una partita delicata con impatti rilevanti sull’ambiente. Approvata pochi giorni fa in Consiglio regionale la mozione del M5S di sospensione delle autorizzazioni degli impianti eolici, la Giunta si prepara per il nuovo Programma Energetico Ambientale Regionale : il PEAR. Il vigente è del 2009 e va rivisto. Per chi ricorda il discorso di insediamento del Governatore De Luca, si tratta di dare sostanza alla “ grande occasione per una specializzazione industriale della Campania nel campo delle produzioni che riguardano le energie rinnovabili, il risparmio energetico e tutta la materia legata all’ambiente.” Nulla da dire, anzi. Un disegno ambizioso che può condurre la più popolosa Regione del Mezzogiorno verso progetti di qualità a vantaggio di milioni di famiglie, di un tessuto produttivo asfittico e di un ambiente più salubre. Il deficit da colmare è strutturale e le soluzioni da adottare richiederanno un largo consenso. Un nodo va sciolto, però. Come si concilierà lo stop alle pale eoliche – che notoriamente producono energia pulita – con l’obiettivo di più fonti rinnovabili, invocate dal Governatore. In Consiglio regionale De Luca ha condiviso la mozione dei Cinque stelle , peraltro approvata all’unanimità. Guarda caso proprio quando la Campania entrava a far parte del progetto “Smart Technology AT-AAT” per la macro area del Sud. Le linee ispiratrici di questo progetto sono contenute nel pacchetto clima approvato dall’Unione Europea. Linee che se non condivise, non producono nessun beneficio economico e sociale. La Campania, evidentemente, deve averle condivise se è entrata a far parte dello “Smart Technology “. La declinazione delle fonti di energia ruota attorno alle rinnovabili per ridurre le emissioni climalteranti. La Macro Area Sud comprende anche Calabria, Puglia ,Sicilia. Si parla di produzione e trasporto di energia elettrica , con i colossi della produzione energetica schierati ai primi posti. Dall’Irpinia, al Sannio alla Piana del Sele , il fabbisogno campano entro il 2020 dovrà essere coperto per il 35% da fonti rinnovabili. In termini assoluti il loro peso dovrà crescere del 20% . Occorrerà una buona intesa con i soggetti interessati a fare investimenti. Ancor di più per non ostacolarli con provvedimenti e misure che possono frenare le iniziative industriali. La missione è strettamente legata ad ipotesi di sviluppo territoriale con bassi impatti ambientali. Le infrastrutture da realizzare saranno curate in primo luogo dalla Terna, la Società che gestisce le reti di trasmissione elettrica in tutto il Paese. Terna avrà il compito di integrarle con i Piani Operativi Energia già approvati a Bruxelles e permettere alla Rete nazionale di trasporto di alimentarsi il più possibile da fonti non inquinanti. Il nuovo PEAR della Campania anche per questo sarà un banco di prova decisivo. Dal punto di vista finanziario, l’armonizzazione di progetti e scelte operative vale 50 milioni di euro, resi disponibili dal Ministero dello Sviluppo Economico. Lo scenario già noto – sebbene po’offuscato – resta il “20-20-20”, ossia la riduzione dei gas serra, quella dei consumi energetici, la soddisfazione dei fabbisogni con fonti pulite. Ma le buone intenzioni, come le strumentalizzazioni non aiutano, quando si deve scegliere nell’interesse generale ed in gioco ci sono interessi assai cospicui. Come farà la Campania a coniugare un Piano incentrato sulle energie rinnovabili con la moratoria sull’eolico, sarà interessante da vedere. Nella partita si è inserita l’Asso Rinnovabili, che giudica illegittima la mozione del Consiglio regionale che sta bloccando 61 iniziative eoliche che hanno già ottenuto la valutazione di impatto ambientale. Il Governatore De Luca di sicuro troverà una sintesi. E magari rileggerà anche quel punto del Programma del movimento 5 stelle (www.Beppegrillo.it ) per “incentivazione della produzione distribuita di energia elettrica estendendo a tutte le fonti rinnovabili la normativa del conto energia “.