Martedì 6 giugno una splendida manifestazione ha concluso, al plesso Lucci, il progetto sugli “antichi mestieri” di Ottaviano, a cui hanno partecipato due classi quarte della Primaria, guidate dalla prof.ssa Giovanna Andreoli. La Dirigente, dott.ssa Anna Fornaro, ha comunicato ai presenti che “Immaginifica Ottaviano” è solo il primo atto di un più complesso disegno che chiamerà gli alunni a vivere realmente “il gruppo” e a confrontarsi consapevolmente con la realtà delle cose.
I ragazzi hanno sistemato sui banchi i “segni” degli “antichi mestieri”, come si vede dalle fotografie “scattate” dall’arte preziosa di Rino D’Antonio. E poi, sollecitati dall’incontenibile prof.ssa Andreoli e dalle colleghe, hanno parlato di alcuni aspetti di quei “mestieri”, delle ragioni storiche e sociali per le quali diventarono valori notevoli della storia della nostra città. Hanno ricordato che per l’economia di Ottaviano fu importante, in un certo periodo, anche l’allevamento delle api – e c’era, nel salone, un’arnia con le api – (v. foto in appendice), perché il miele veniva usato dalla medicina popolare, e tra gli ultimi anni dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento i distillatori di liquori filtravano i loro “amari” attraverso strati di miele. Infine, i ragazzi hanno illustrato la funzione degli oggetti e degli strumenti di cui si servivano le sarte, le ricamatrici, i tessitori, “’e mpagliasegge” e chi ogni giorno cuoceva il pane nel forno di casa e preparava, con arte, con pazienza e con mano abile e sicura, “’ e strangulaprievete”, cioè gli gnocchi, e vari tipi di pasta. Avrei voluto pubblicare tutte le foto dei “mestieri”, ma non era possibile: ho pubblicato la fotografia della pastaia (v. foto in appendice) perché questo “mestiere”, esercitato in ogni casa almeno fino alla metà del sec.XX, richiedeva anche olfatto sensibile e abilità del tocco di mano. Mentre i ragazzi raccontavano e descrivevano, i genitori e i parenti li guardavano con una partecipazione emotiva in cui si mescolavano il piacere del presente e il ricordo suggestivo di notizie che venivano dai nonni. E’ stata una scena significativa: da quel momento il pubblico e i ragazzi che interpretavano gli “antichi mestieri” sono diventati essi stessi parte della “Immaginifica Ottaviano”.Sappiamo tutti quanto sia ampia e profonda la crisi culturale in cui si dibattono oggi i ragazzi: smartphone, cellulari, computers, la crisi politica e sociale della comunità, la tensione che attraversa l’istituto della famiglia, le relazioni non facili tra famiglia e scuola non aprono più ai ragazzi gli spazi preziosi di una vita di gruppo che sia oggettivamente costruttiva, chiudono ad essi le strade che portano a una conoscenza diretta e concreta della realtà, cancellano la sensibilità necessaria per “sentire” e capire quei nodi di memorie e di sentimenti che trasformano gli oggetti in cose, e danno voce alle cose. E poter ascoltare questa voce è fondamentale – Remo Bodei lo spiegò in uno splendido libro del 2011 – per chi voglia capire il mondo e capire sé stesso: perché le cose possono svelare verità terribili, come avvertiva Carlo Emilio Gadda, e possono, ne era convinto Georges Bernanos, darci la pace interiore. Ma se gli oggetti non diventano cose, allora saremo tutti vittime di quella amara confusione che spaccia per verità notizie false, e non ci consente di usare correttamente il nostro sguardo. Il carattere di un popolo è stato costruito non solo da filosofi, da politici e da scrittori, ma anche dalle ricamatrici, dai distillatori, dai boscaioli: i gesti della fatica quotidiana diventavano metafora di verità sociali e di sapienza di comportamenti. E allora un lungo applauso alla Dirigente, dott.ssa Anna Fornaro, non solo per quello che è stato già fatto, ma anche e soprattutto per gli obiettivi che l’Istituto si propone di raggiungere nel tempo che verrà: fare in modo che i ragazzi incomincino il viaggio che li farà uscire dalla crisi dell’identità e permetterà ad essi di confrontarsi nei termini della chiarezza con gli altri e con sé stessi. E perciò mi è piaciuto ricordare che la realtà è complessa e apparentemente contraddittoria, che il Vesuvio è distruttore, ma ha fornito per secoli anche erbe salutari, e acque e terra preziosa per vigneti e frutteti impareggiabili: apparentemente contraddittoria, la realtà: l’intelligenza, usata con responsabile coraggio, va oltre le contraddizioni, e scopre che la Natura e la Storia sono armonia.