Sul padre continua a gravare l’obbligo di contribuire al mantenimento della figlia maggiorenne, anche se è sposata.
Continua a gravare sui genitori l’obbligo di contribuire al mantenimento della figlia, laddove non venga provata un’autosufficienza economica, anche attraverso l’attività lavorativa del marito.
Nel giudizio di separazione, il Tribunale stabilisce a carico del marito l’obbligo al mantenimento per la figlia maggiorenne, in quanto studentessa universitaria. Successivamente la figlia si sposa con un giovane studente originario della Repubblica dominicana, continuando a vivere nella casa materna. E così, il padre ritenendo la figlia ormai autonoma in ragione del matrimonio, si rivolge al Tribunale per essere esonerato dal contributo al mantenimento. Il Tribunale accetta le richieste del padre e con decreto modifica le condizioni della separazione.
Avverso tale provvedimento la figlia propone reclamo presso la Corte di appello. Il giudice del secondo grado respinge le istanze della figlia perché quest’ultima aveva già conseguito un titolo di laurea spendibile nel mondo del lavoro e, soprattutto, perché aveva contratto matrimonio, perciò, dimostrando di avere raggiunto piena indipendenza economica. La figlia, quindi, ricorre in cassazione. In particolare, la giovane sostiene che il provvedimento che aveva escluso l’obbligo del padre di contribuire al mantenimento non aveva tenuto conto che ella aveva contratto matrimonio con un giovane di Santo Domingo, pur esso non indipendente perché ancora studente: senza considerare che le nozze non potevano essere equiparate alla raggiunta autosufficienza richiesta dalla legge.
La Corte di Cassazione con la sentenza del 26 gennaio 2011, n.1830 accoglie le ragioni della figlia. I giudici affrontano la problematica dell’obbligo di mantenimento del padre nei confronti della figlia maggiorenne analizzando il concetto di indipendenza economica. La Corte ribadisce il principio, anche di recente affermato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il matrimonio del figlio maggiorenne già destinatario del contributo di mantenimento a carico di ciascuno dei genitori ne comporta l’automatica cessazione, in quanto trae fondamento da un lato negli obblighi e nei diritti che derivano dal matrimonio, dall’altro lato nel rilievo, sul piano fattuale, che con la costituzione del nuovo nucleo, i coniugi attuano una comunione materiale e spirituale di vita realizzando i molteplici effetti stabiliti dalla legge.
In particolare la Corte identifica il concetto di matrimonio nella “creazione di un nuovo nucleo”. Il matrimonio è un rapporto che dà vita ad un nuovo organismo familiare distinto, ed è perciò autonomo, una volta che nel suo ambito i coniugi, divengono titolari del governo della nuova entità e sono legati dall’obbligo alla reciproca assistenza morale e materiale costituente il necessario svolgimento di quell’impegno di vita assieme che hanno assunto con le nozze. Tant’è che l’art.143 c.c. enuncia espressamente il dovere di entrambi di, contribuire ai bisogni della famiglia "in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo" che dunque presuppone, attribuendo alla contribuzione una configurazione paritaria e reciproca che si identifica nell’obbligo di soddisfare le necessità della famiglia:intesa dunque come formazione sociale nuova ed autonoma.
Nella vicenda in esame non è ravvisabile una situazione così come sopra prospettata. E in effetti, alla celebrazione delle nozze tra la ragazza e il marito non è seguito alcun mutamento sostanziale per la giovane che ha continuato a vivere, come in passato, con la madre, essendo il marito studente, privo di mezzi economici.
Pertanto il Collegio applica la consueta regola generale tratta dall’art.148 c. c. ed afferma che sul padre continua a gravare l’obbligo di contribuire al mantenimento della figlia.
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