Somma Vesuviana, il convento e la chiesa del mastio aragonese tra storia e curiosità

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Il dottor Alberto Angrisani (1878 – 1953), a pagina 70 del suo libro Brevi notizie storiche e demografiche intorno alla Città di Somma Vesuviana, afferma che il 19 agosto del 1618, in seguito a conclusione dell’Università di Somma, si costruì il Monastero delle donne monache Carmelitane con annesso oratorio. Dopo le Carmelitane arrivarono le suore Alcantarine ed, infine, i Padri Trinitari.

 

Il primo storico di Somma, l’abate Domenico Maione, attesta a pagina 14 del suo libro dal titolo La Regia Città di Somma del 1703,  che vi era il Monastero delle Monache di San Francesco, fondato ”per le femine delli Signori Piacenti, nostri Maioni, Granati, di Stefano, Vallerani, Marzulli di Somma, Polichetti di Sarno, Citi di Rossano, Capograssi di Salerno, Gio: Leonardo Orsini dei Conti di Sarno, Baroni di Rapinella, Reino, Prata, e Bosco Reale, e nobili di Benevento, e d’altre parti, & altre famiglie qualificate, come dall’instromenti delli 23 marzo 1592., e del 1593. per mano di Notar Gio: Lorenzo di Monna di Somma, e nel processo ex piis promissionibus Grannonij Placente, & aliorum nel Tribunale della reverenda Fabrica nelle filze della Diocesi di Nola…”. Ognuno delle seguenti famiglie aveva posto la rata sua per fondare detto Monastero. Lo stesso Maione scrive che tale convento fu distrutto […] per la peste dell’acque di Nola, in relazione alle inondazioni pestilienziali che colpirono la vicina città di Nola e casali tra il 1594 e il 1600. Il primo interrogativo che ci poniamo è: come fece l’epidemia a distruggere il convento? Cosa impossibile. Certamente a determinare all’epoca la propagazione nel nolano della peste, fu lo stato delle acque stagnanti e malsane nei canali di deflusso, scavati nel territorio, e nel fossato perimetrale della città di Nola; canali e fossato restati ostruiti per lungo tempo da detriti e materiali di vario genere, senza che si avesse avuto cura di procedere alla loro regolare e normale rimozione. E così la crescente diffusione dei virus batterici, non si lasciò attendere, infierendo soprattutto sulla parte più debole delle popolazioni circostanti [fonte www.binews.it]. L’ epidemia, comunque, toccò l’apice nel 1600. Fabrizio Capitello, invece, nella sua opera Raccolta di Reali Registri, Poesie diverse et Discorsi storici, dell’ Antichissima, Reale, & Fedelissima Città di Somma del 1705,  ci fornisce un’attestazione più plausibile, affermando, a pagina 16, che quel convento delle francescane fu distrutto sia dalle continue guerre che dalle eruzioni del Vesuvio. Le nobili monache, comunque, nell’uno o nell’ altro caso, dovettero lasciare quel convento, che cadde in rovina o fu totalmente distrutto.

Il secondo l’interrogativo, che ci poniamo leggendo tanti autori che si sono occupati di storia locale, è: il convento appartenuto in origine alle monache francescane è lo stesso convento delle Carmelitane fatto costruire dall’Università di Somma nel 1618? Fu una riedificazione su quelle antiche fondamenta? Lo storico locale Angelo Di Mauro ha sempre sostenuto che il convento carmelitano prese il posto di quello delle francescane di via Botteghe, confermando che quest’ultimo fu fondato nel 1592 e ribadendo che fu distrutto per la peste delle acque avvenuta in Nola, citando stavolta il manoscritto sul clero di Gennaro Angrisani pagg. 150-150t. Francesco Migliaccio, avvocato e studioso di storia locale, nelle sue Notizie Inedite sulla storia Religiosa dal 1268 al 1895 – 1939, attesta a pagina 150 che il Monastero di Donne Monache sotto il titolo di San Francesco oggi (è) detto delle Carmelitane. Rimangono, comunque, tanti dubbi: il dott. Domenico Russo, addirittura, è convinto che quel convento delle nobili francescane non sia stato mai ubicato a Somma. Manca, quindi, una concreta ufficialità. Il terzo interrogativo è legato alla chiesa annessa al convento: quella che noi oggi vediamo ergersi nella sua maestosità di fronte alla Pizzeria Aragonese.

Il dottor Alberto Angrisani, a pagina 70 del suo libro Brevi notizie storiche e demografiche intorno alla Città di Somma Vesuviana, afferma che il 19 agosto del 1618 in seguito a conclusione dell’Università di Somma, si costruisce il Monastero di donne monache Carmelitane con annesso oratorio, citando Gianstefano Remondini [Della Nolana Ecclesiastica Storia, Tomo I, pag.303]. Successivamente, Angrisani  attesta che questa notizia riportata dal Remondini contrastava con l’affermazione di una lapide del 1680, esistente nell’oratorio delle Carmelitane, che attribuiva la costruzione della chiesa alla famiglia Orsino dei Conti Sarno, venuta in Somma nel 1528. La lapide, però, parla della chiesa non del monastero. Gli Orsino, comunque, ufficialmente erano presenti a Somma già nel 1529, quando Raimondo, artium et medicine doctor, a causa della guerra del Conte di Lautrec, Odet de Foix, trovò abitazione in loco. La notizia della costruzione della chiesa da parte degli Orsino, oltretutto, è confermata anche dagli storici Nicolò D’Albasio [Memorie di scritture e ragioni, in Napoli, 1696, 29] e Domenico Maione [op.cit., 15]. Gli Orsino sicuramente – spiega Russo – contribuirono all’abbellimento della chiesa con stemmi e altro. Quella lapide del 1680, purtroppo, fu frammentata durante i lavori di sopraelevazione del convento, come vedremo, tra il 1945 e il 1946. I resti furono utilizzati come piano di calpestio nel viale del giardino del Palazzo Alfano – de Notaris di via Casaraia [cit. D. Russo].

Tornando al monastero delle monache carmelitane, Angelo Di Mauro, nel suo libro Università e Corte di Somma, a pagina 202, scrive a riguardo: a seguito delle delibere dell’Università del 29 aprile, 10 giugno e 26 ottobre (1618), Francesco Antonio de Mauro e Orazio Maione, rappresentanti del quartiere murato,  i dottori Gio: Lorenzo de Monda (o Monna) e Anacleto Zito (Cito) per gli altri due quartieri (Prigliano e Margarita), […] vengono incaricati di edificare sul mastio aragonese di Porta Terra e nel fondo annesso, di proprietà del medico Gio: Leonardo Stayevano (o Staibano), il monastero delle Donne Monache dell’Ordine di S. M. del Carmelo. Il convento viene edificato tra le case di Francesco Castaldo, un tempo abitato da Laurienzo Figliola, di Gabriele della Marra e dove era una via vicinale che andava insino alla casa della Lama da sopra le mura di Somma [Archivio Collegiata U bis 6, pag. 10]. Tale attenta descrizione risulta in contraddizione al fatto che il convento delle carmelitane avesse preso il posto di quello delle francescane di via Botteghe. Il nuovo convento, da come sembra, fu edificato ex-novo. Il governo locale, comunque, si impegnò a pagare non solo 400 ducati l’anno per il mantenimento delle 16 consorelle, ma anche a nominare quattro governatori: due del Casamale, uno di Prigliano e uno di Margarita. Di Mauro, altresì, attesta che l’Università devolse a favore delle monache la gabella del quartuccio, della farina e del pane fin dal dicembre del 1618 e attribuì loro anche 200 ducati per otto maritaggi di ragazze povere [Atti Regia Camera della Sommaria del 7 luglio 1694, vol. 1, pagg. 186, 187 – vol. III B pag. 276 – vol. III A pagg. 216, 233]

Nel 1810, con la soppressione napoleonica, le suore Carmelitane abbandonarono per sempre il monastero. Con sovrane risoluzioni del 28 dicembre del 1814 e del 6 novembre 1816, secondando il pio desiderio della congrega de’ Morti (1650), la chiesa con alcuni annessi fu concessa al sodalizio, affinché la mantenesse al divin culto e quivi officiasse, pur mantendo il proprio oratorio di fondazione di sua proprietà contiguo alla chiesa Collegiata. Vista, però, la domanda di Suor Maria Serafina de Liso superiora e fondatrice del Monastero di Alcantarine in Napoli nella strada S. Antonio de’ Monti, la quale aveva fondato nel comune di Somma una novella Casa dello stesso Ordine nell’abolito monastero delle Carmelitane – che implorava la cessione della chiesa, e vista altresì, la rinunzia fatta dalla congrega stessa di voler ritornare nel suo antico oratorio, re Ferdinando II, con disposizione del 27 novembre del 1856, n° 3580, decretò il passaggio della chiesa alla Casa religiosa, con gli annessi cori, organo, sagrestia, ed il così detto parlatorio. Il convento, infatti, fu adibito a Conservatorio dell’Addolorata delle Suore Francescane Alcantarine ed era diventato di proprietà del 2° Gruppo delle Opere Pie di Napoli < Istituti Riuniti di Educazione Professionale Femminile>. Oltre al vetusto fabbricato vi era annesso un giardino di circa moggia 1 e 1/4 [L. Marchese, Pianta di Somma, Museo di Capua, 1799 – 1800]. Nel 1927, l’ente napoletano stabilí di cedere in enfiteusi tali proprietà. Il Municipio di Somma, dott. podestà Alberto Angrisani, venuto a conoscenza, chiese la concessione per poter destinare i locali ad uno scopo di utilità pubblica. L’opera pia accolse benevolmente la richiesta e, con lettera del 25 giugno 1928 n.2507, comunicò la cessione in enfiteusi. Il podestà si impegnó a corrispondere annualmente la somma di lire 4.000 all’Ente, iscrivendo la spesa nei bilanci comunali. La cessione fu fatta in base alle disposizioni del Codice Civile che regolava l’enfiteusi e le spese relative andarono per metà a carico del Municipio, che avrebbe consentito all’unica suor Alcantarina, Maria Angelica Manzo, di poter restare nel monastero per vita natural durante. Intanto, parallelamente, anche l’Ordine della Santissima Trinità, nella persona di Padre Fortunato Aprea, Ministro dei conventi napoletani – Trinità degli Spagnoli e S. Maria delle Grazie al Trivio – aveva avviato una propria trattativa con gli Istituti Riuniti di Educazione Professionale Femminile per la cessione a titolo d’infiteusi perpetua affrancabile. Ottenuto il permesso dal Definitorio Provinciale e Generale, con atto del 2 agosto del 1929 del notaio Tavassi, Padre Fortunato Aprea dell’ O.SS.T. rilevò definitivamente lo stabile con orto annesso.

L’ ottantenne suora alcantrina fu sistemata altrove. Il 30 marzo del 1930, tra il tripudio di tutta la popolazione sommese, accompagnati dai propri Superiori, circa una trentina di Aspiranti Trinitari, provenienti dal Collegio del Trivio di Napoli, si stabilirono con grande gioia nel nuovo complesso [P. Bernardino Fratini, Provincia di San Giovanni de Matha dell’ Ordine della SS. Trinità, Roma 1990]. La cerimonia d’inaugurazione ufficiale si tenne il 6 aprile del 1930 alla presenza del Vescovo di Nola, Mons. Egisto Domenico Melchiori; del Vicario Generale del O.SS.T., Padre Antonino, in rappresentanza dell’assente Padre Generale; di p. Fortunato Aprea; delle autorità istituzionali; infine, di  una grande affluenza di popolo. Di quel glorioso convento carmelitano ancora oggi vi sono in situ, nella chiesa trinitaria, due tele del pittore Antonio Sarnelli (1712 – 1800), il cui pagamento è attestato in un documento conservato nell’Archivio del Banco di Napoli, Banco dei poveri, Giornale di cassa del 10 ottobre del 1749 [Archivio Russo]. Nell’estate del 1945, inziarono i lavori di sopraelevazione di un terzo piano nel Collegio trinitario, che si conclusero nella primavera del 1946, grazie alle maestranze locali della Ditta Martone [cit. P. Bernardino Fratini].  Grazie ai nuovi lavori, fu possibile realizzare nuove strutture come lo studio camerale, il nuovo refettorio e annessa cucina, una cappella interna al Collegio e altri posti letto furono aggiunti, portando la capienza a 120 unità e ospitando i giovani aspiranti e monaci provenienti dal Lazio.

Interno- Chiesa Padri Trinitari