Parco Nazionale del Vesuvio, lo stato della Matrone

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La Strada Matrone che si inoltra nella pineta ormai irrimediabilmente bruciata.

Lo stato della strada Matrone e della riserva integrale nel dopo gli incendi della scorsa estate. Siamo riusciti a percorrere l’intero tragitto del sentiero n°6 del Parco Nazionale del Vesuvio grazie ad uno speciale permesso dell’UTB di Caserta. Foto dei luoghi

Ad un anno dal disastro vesuviano ci siamo recati in una delle aree più devastate dagli incendi del luglio 2017 e precisamente lungo la strada Matrone, uno degli 11 sentieri del PNV, l’antica “Autostrada Matrone” Iniziata dall’imprenditore boschese Augusto Matrone e portata a termine a più riprese dai fratelli Antonio ed Aurelio Matrone, suoi nipoti. Tale strada che nasce da via Cifelli, non va confusa con l’altra iniziata negli anni ‘50 da Antonio Matrone e che prolungava la strada borbonica dell’Osservatorio fino a Quota 1000 sul versante di Ercolano.

Come è facile intuire la strada Matrone boschese, oggi sentiero n°6 del Parco Nazionale del Vesuvio, era già in origine una via carrozzabile che già dai primi decenni del secolo scorso apriva la possibilità ai mezzi automobilistici di ascendere fino ai mille metri della base del Gran Cono in località “Paneperso” dove c’era anche una locanda. Da allora e fino alla costituzione del PNV nel 1995 è sempre stata vista come tale, una via carrabile.

Coll’istituzione del Parco Nazionale e con buona parte del suo percorso inserito nella riserva integrale dell’UTB del Tirone Alto Vesuvio, gestita dai Carabinieri Forestali, la Matrone (e per favore non chiamatela Matrona!) acquisisce sempre più la connotazione di sentiero naturalistico e questo grazie ai suoi scorci panoramici e alle pinete che l’attraversavano fino ad arrivare al Cratere e alle sue lave.

Le cose cambiano quando già nel 2005 si prevede la possibilità dell’apertura di una linea di bus 4×4 lungo la Matrone e, in barba all’area protetta, nasce così la “Busvia del Vesuvio” che porta turisti e inquinamento fino a quota mille sul versante di Ottaviano e questo fino a quando l’incendio del luglio 2017 non distruggerà le pinete e minerà la stabilità dei versanti che incombono sulla strada.

Dalla scorsa estate infatti la Matrone è interdetta al pubblico e non vi si può accedere neanche previa autorizzazione come accadeva in passato; il divieto consiste nel fatto che la pineta, ormai carbonizzata, resta ancora un pericolo per chi la percorre, con alberi pericolanti e il rischio di smottamenti e il suo tracciato è più che accidentato a causa delle condizioni in cui l’hanno lasciato i grossi 4×4 che lo percorrevano ad alta velocità; ma anche per le frane che ormai ne segnano il tragitto dopo gli incendi e le rovinose piogge autunnali.

Questo è quanto ma, se vogliamo, c’è anche del positivo in tutto ciò e non è solo il fatto che la strada non è più percorsa dagli inquinanti mezzi della Busvia ma è lo stato delle opere di ingegneria naturalistica in atto lungo il percorso della Matrone e i sentieri limitrofi e che rientrano nella riserva dell’UTB come il n° 4, quello della Riserva del Tirone. In effetti, rispetto a quanto visto altrove come ad esempio sui sentieri n°1,2 e 3, esiste un qualcosa di concreto che non sia il semplice svuotamento dei fossi di captazione delle acque piovane o di quattro paletti piantati a mo’ di recinzione.

Per buona parte del n°4 esistono infatti nuove palificate arricchite da piante autoctone che conterranno con le loro radici il fronte quando la natura avrà consumato i tronchi di castagno della struttura. Le antiche briglie novecentesche sono state ripulite sempre su quel versante mentre i lavori vanno un po’ più a rilento lungo la Matrone nella sua parte bassa dove prevale l’opera di contenimento con briglie fatte con gli alberi bruciati del posto e vista già in via Cifelli o in minima parte sui sentieri 1 e 2 ad Ottaviano.

Va detto che sulle pur pregevoli opere incombono ancora gli alberi morti o che in breve lo saranno per i danni del fuoco o a causa dei parassiti che ne minano la già indebolita struttura per cui l’opera di abbattimento andrebbe fatta di pari passo, se non prima di quella delle opere di contenimento per non danneggiare le stesse e per non far perdere di valore commerciale la legna di quelle pinete.