Il tributo di teologi, politici e scienziati alla presenza del culto della Madonna Bruna nel territorio vesuviano.
Una serata all’insegna della conoscenza e dell’esperienza, quella “animata” giovedi, 23 giugno, nel salone del Circolo ottavianese “A. Diaz”, promotore dell’iniziativa insieme alla UILDM di Ottaviano, col patrocinio dell’Amministrazione Comunale.
Il Convegno è stato introdotto dal saluto del Presidente del Circolo, dott. Michele Del Giudice, che ha accolto il numeroso pubblico esprimendo l’orgoglio dell’iniziativa tra le tante che il Circolo da anni promuove come contributo all’espressione della realtà culturale del territorio.
La presenza del Sindaco di Ottaviano, l’avv. Luca Capasso, ha significato l’attenzione che l’Amministrazione pone alla qualità degli eventi e al servizio della comunità a partire da chi è nel disagio. “Riconosco nella Madonna – dice il sindaco – la più alta prerogativa di aiutare chi è in difficoltà, e la tradizione cultuale così forte del nostro territorio ben si comprende anche con la testimonianza della UILDM, che ogni giorno affronta la sfida della sofferenza, della malattia, del disagio”.
Al Sindaco risponde, con sobrie ed essenziali parole, il Presidente UILDM della sezione di Ottaviano, Francesco Prisco, lieto di poter condividere un momento di “riconoscimento” della disabilità come valore aggiunto alla precipua esperienza umana e di apporto al discorso culturale.
La relatrice, prof.ssa Marilina Perna, assessore alla Cultura del Comune di Ottaviano, inquadra il suo intervento nella storia vesuviana del culto mariano che, pur con radici antichissime, trova dal 1600 il suo tempo di massima e progressiva espressione, in conseguenza dei disastri provocati dall’eruzione del Vesuvio e del bisogno della popolazione di affidare alla Vergine “Bruna”, venerata a Napoli, ad Ottaviano, a Somma e dintorni le sorti e le speranze della propria salvezza fisica e spirituale. “ La Madonna Bruna ha ispirato nelle popolazioni vesuviane una devozione che andava al di là dei confini della fede, toccando spesso anche il cuore dei non credenti. Ella è stata venerata da tutti coloro che per lavoro, o perché in guerra, o perché malati, carcerati “tengono ‘a morte n’copp ‘a noce d’ ‘o cuollo”. La fede e la devozione popolare diventano fenomeno culturale, sostiene la signora Assessore, sempre in bilico tra sacro e profano: ma proprio gli elementi devozionali, i pellegrinaggi e le tradizioni musicali e enogastronomiche, ancora oggi, possono costituire, ripensati in modo sapiente, il volano di sviluppo del turismo religioso nel nostro territorio. La signora Assessore conclude la sua disamina citando un passo del romanzo di Domenico Rea “Ninfa plebea”, che emoziona per la vivezza e attualità delle parole, accompagnando i presenti, ancora una volta, assieme ai pellegrini di Materdomini, nel viaggio con i carri tra i canti concitati, gli abiti composti, la ressa dei fedeli, il colore delle bancarelle e i profumi dei venditori di ‘o pere e ‘o musso, di pagnottelle imbottite di latte cagliato, lumachine del grano e ‘mpupate. L’Assessore riceve l’applauso forte del pubblico per il suo intervento colto e delicato.
Prende poi la parola Monsignor Pasquale D’Onofrio, vicario episcopale e teologo. Egli radica il culto della Madonna bruna nella citazione biblica del Cantico dei Cantici “Bruna sono, ma bella, figlie di Gerusalemme”. Sono ricordate tutte le interpretazioni letterali, legate alla cultura agreste e sono citati gli archetipi precristiani, cioè le dee dal volto scuro come Demetra/Cerere, e i modelli spirituali che, a partire dal medioevo, hanno letto mariologicamente il Cantico e diffuso, anche per merito di Bernardo da Chiaravalle e dei Templari, il culto in Oriente e Occidente. Il colore della pelle – sostiene il Monsignore – indica una condizione umana, anche di sofferenza e di dolore : l’evangelista Luca per primo riferisce la profezia di Simeone a Maria, “una spada Le avrebbe trafitto il petto”, ed è, secondo la tradizione, il primo a disegnare e a dipingere l’immagine delle Madonne Nere, “addolorate”.. “La figura femminile del Cantico è una donna colma d’amore, che celebra la bellezza del desiderio del bacio di Dio, in una prospettiva di grande valore religioso e teologico”. L’iconografia ha ritratto la Vergine Bruna come “odighitria”, che accompagna lungo la Via che è Cristo; “eleoúsa”, la Misericordiosa e “glycofiloússa”, del dolce amore e dei dolci baci. Alla guancia della Madonna il Bambina appoggia la Sua, la Sua manina Ne stringe il braccio, il Suo piedino poggia sul Grembo di Lei: in questo modo il Figlio conferisce alla Madre il ruolo divino di Patrona e di Protettrice e dispiega il manto della Madonna sul cosmo.
Mons. D’Onofrio documenta con appassionata sapienza la storia del culto delle Madonne Brune campane, in particolare quella venerata a Montevergine, la “Mamma Schiavona”, “diversa”, che accoglie ogni diversità e tutto perdona: non a caso il giorno della Candelora Ella viene onorata dai pellegrinaggi dei “femminielli” . Il culto della Madonna del Carmine è radicato a Napoli e nei Paesi vesuviani: le immagini della Madre del Carmelo – spiega il Monsignore- sintetizzano mirabilmente le tipologie iconografiche descritte.
Con un passaggio oratorio di preziosa levità il Monsignore parla anche delle Madonne nere, “affumicate”, venerate in Italia e in Spagna: originariamente chiare, le Immagini vennero annerite dal fumo delle cere e degli olii devozionali. La lezione magistrale, chiara, avvincente di mons. Pasquale D’Onofrio riceve il meritato tributo di un lungo applauso.
Notevoli sono gli interventi dei ricercatori della Fondazione Telethon e Tigem, il dott. Francesco Lettieri, manager di Teleton, e la dott.ssa Concita Ambrosio, del Centro studi e ricerche Tigem di Pozzuoli. I loro discorsi descrivono per sintesi l’’instancabile opera di studio e di ricerca in difesa della vita umana, la centralità della cultura della disabilità, la tenacia nella lotta alle malattie sociali del nostro tempo, soprattutto a quelle rare, di origine genetica, di difficile approccio terapeutico e farmacologico.
L’applauso conclusivo è un commosso omaggio all’impegno di chi lotta per il malato contro la malattia ed è un riconoscimento per l’attività culturale del Circolo “A.Diaz”.