E Giuseppe III Medici tentò di sostituire la Madonna del Carmine con la Madonna delle Tre Corone

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E Giuseppe III Medici tentò di sostituire la Madonna del Carmine con la Madonna delle Tre Corone

L’eruzione vesuviana del 1779 devastò il territorio fino a Sarno, che venne salvata dalla protezione della Madonna delle Tre Corone, proclamata patrona della città, e effigiata da Paolo Di Maio nel quadro che pubblichiamo in appendice. Giuseppe III Medici si fece ritrarre dal pittore di Marcianise nel quadro la cui immagine apre l’articolo: chiederemo al parroco della chiesa ottajanese di San Francesco di consentire a un gruppo di appassionati d’arte di ammirare da vicino la raffinata tecnica di Paolo Di Maio.

 

Fu un’eruzione particolare quella che si scatenò tra il luglio e l’agosto del 1779, “una delle più terribili – scrive il Palmieri – per la veemenza con cui il fumo era spinto, per la grande copia dei proiettili e per la grande altezza a cui erano elevati.. La cenere e il fumo oscurarono la luce del giorno e le folgori guizzavano frequenti fra quegli immensi globi di fumo.”. La città di Sarno venne protetta dalla Madonna delle Tre Corone, e la proclamò Sua patrona: la Patrona era stata  raffigurata tre anni prima da Paolo Di Maio, raffinato pittore di Marcianise. Non sono chiare le ragioni che spinsero Giuseppe III Medici, capo di una loggia massonica, a proporre agli Ottajanesi di sostituire il culto della Madonna del Carmine con quello della Madonna delle Tre Corone. Secondo alcuni, fu l’avversione che la nobile famiglia provava da tempo contro l’Ordine dei Carmelitani, da sempre schierati con le famiglie, diciamo così, “borghesi” degli artigiani e dei mercanti di Ottajano, che i Medici non  riuscivano a controllare. E’ probabile che Giuseppe III avesse messo gli occhi sul vasto patrimonio del Convento del Carmine: circa 15 moggia di vigneti tra la Montagna e il Padiglione, proprio di fronte al Castello che Giuseppe III aveva trasformato in Palazzo; 8 moggia a Terzigno; una masseria con allevamento di buoi tra Poggiomarino e Scafati, lungo il fiume Sarno. Tra l’altro, il culto della Madonna delle Tre Corone era già presente, con riti e cappelle campestri, nelle terre di confine tra Sarno e Ottajano, e a Sarno i Medici possedevano da tempo mulini, due ville e campi coltivati. Dunque Giuseppe III, fratello di Luigi de’ Medici – che, ripetiamolo ancora una volta – non fu mai principe di Ottajano, ma solo fratello e zio di principi – Giuseppe III, dicevamo, sollecitò gli amici ad appoggiare la sua proposta di “eliggere per novella Patrona di Ottajano” la Madonna delle Tre Corone. I “notabili” non fecero mancare il loro sostegno a Giuseppe III, che trovò un prezioso alleato nel parroco della Chiesa di San Michele: e poiché il potere produce da sempre gli stessi effetti, si schierarono con lui, o almeno dichiararono di essere favorevoli, molti cittadini comuni. Ma la proposta del principe scatenò una vera e propria battaglia politica, in un momento in cui il potere feudale incominciava ad avvertire i segni del tramonto. I “borghesi” più potenti, la famiglia Imparato, la famiglia Pisanti, gli Scotiero e quel Domenico Saggese il cui pronipote sarebbe stato uno dei più importanti “bottari” del Regno delle Due Sicilie si schierarono apertamente e rumorosamente contro il principe di Ottajano e vinsero la partita: faccio notare che le famiglie che si schierarono contro il principe erano dei quartieri “san Giovanni” e “Casale”. (Riprenderemo l’argomento). L’ amministrazione di Ottajano trovò la forza e il coraggio di respingere la proposta di Giuseppe III. Il quale chiese a Paolo Di Maio di raffigurarlo coni “segni” della sua proposta: egli ha in mano l’immagine a stampa del quadro che il pittore aveva dedicato alla Madonna sarnese, e richiama su di esso, con l’indice della mano sinistra, l’attenzione dell’osservatore. Sul tavolo ci sono altre copie a stampa dell’immagine. Alle sue spalle, in una nicchia, c’è una “spoglia” statuetta della Madonna con Bambino: potrebbe essere la Madonna del Carmine. Il parroco don Vittorio Garzone trovò la tela nella Chiesa di San Francesco, fece restaurare il dipinto di Paolo Di Maio dal Maestro Umberto Maggio e mi permise di pubblicarlo. Chiederò a Don Vittorio di consentire ad un gruppo di appassionati d’arte di ammirare da vicino la tecnica notevole del pittore di Marcianise.