Ma Vendola è terzo, dietro Renzi: segnale di uno stop della sinistra più radicale proprio nella città delle fabbriche in crisi e delle lotte operaie? Intanto il leader locale del Pd, Michele Caiazzo, risponde, fugando i dubbi.
Il voto delle primarie Pd a Pomigliano: il voto del polo industriale del Sud, di un polo in crisi produttiva e occupazionale e quindi in grande fermento politico. Lo testimoniano i dati. Qui la media relativa alla partecipazione è stata elevata. Su sono recate ai seggi 1500 persone. E questo capita in un centro di 40mila abitanti. Una cifra considerevole se si considera che nella vicina e più popolata Acerra ( circa 60mila abitanti ) alle urne sono andati in appena 687.
Risultato: a Pomigliano maggioranza assoluta a Bersani, che con oltre il 58 per cento dei consensi ( 876 voti ) stacca di 39 punti Renzi, rimasto al 19,4 ( 291 voti ), cioè molto al di sotto della media nazionale, e di 41 punti Vendola, fermo al 16,9 ( 254 voti ). Nella caldera del movimento operaio resta però interessante il dato relativo al voto moderato, vale a dire a quello pro Renzi e Tabacci, che ha fatto registrare un positivo 3,4 per cento ( 52 voti ). Renzi inoltre supera i vendoliani di quasi due punti, per un corrispettivo di 37 voti.
Il segnale di uno stop alla sinistra più radicale nella città delle fabbriche ? “ Sarebbe del tutto sbagliato interpretare il voto di Pomigliano in questo modo – smentisce Michele Caiazzo, leader storico del centrosinistra locale, ex sindaco ed ex consigliere regionale, componente dell’assemblea nazionale Pd – non mi pare che il dato di Renzi, il 19 per cento, sia significativo. Inoltre Pomigliano non ha bocciato Vendola, anche perché qui il voto è stato espresso in assenza di una vera e propria organizzazione di partito. Inoltre – conclude Caiazzo – va sottolineato che qui, come altrove, il consenso a Bersani è soprattutto il consenso del mondo del lavoro, degli operai e degli impiegati, ma anche di chi il lavoro non ce l’ha”.