Facciamo cifra tonda con il sentiero n°10 ovvero quello de “L”olivella” un breve ma singolare tragitto rurale che ci conduce a una delle due sorgenti vesuviane.
Il nostro viaggio fa stavolta tappa a Sant”Anastasia uno dei comuni più grandi e vitali del Vesuviano. Per raggiungere l”importante centro agricolo e turistico basta seguire le indicazioni della SS268 e una volta entrati nel centro cittadino, raggiungere il rione di Sant”Antonio. Per prendere invece il sentiero sono possibili più opzioni. La prima, la più comune, è quella di imboccare proprio dal suddetto rione, sede di un interessante presepe vivente, via Garibaldi che ci porterà a incrociare via Nicola Amore e che a sua volta sale lungo via Olivella, verso le sorgenti meta del nostro itinerario. Un altro accesso potrebbe essere anche quello che sale verso la stessa via Nicola Amore seguendo però via Donna Regina.
Per partire alla scoperta di queste rare e mistiche acque, uniche in un territorio che, per la sua natura vulcanica le vede assorbite in gran parte dalla falda freatica, ho deciso di seguire invece un altro cammino, più inusuale ma a mio parere più interessante, utile per apprezzare la rusticità di un mondo che tende gradualmente a scomparire sotto il peso di una modernità che tutto appiattisce.
Si partirà dunque dalle cosiddette “Murelle “e Trocchia” ovvero dalla parte terminale di via Trinchera (medico della corte borbonica a suo tempo proprietario di vasti appezzamenti in zona) che dal comune di Pollena Trocchia giunge ai confini della città del santuario. All”altezza di un piccolo giardinetto triangolare (m156 slm), approntato per un sacello a S.Pio da Pietrelcina, s”imbocca, sulla destra, l”omonima via, all”entrata della quale v”è un utile fontana.
La strada prosegue tra anonimi fabbricati moderni fino all”incrocio con via Zazzera (toponimo che caratterizza l”intera zona) dopo 390 m di passeggiata, si prende dunque la via in salita (a sinistra) e ci si inoltra in un paesaggio decisamente più agreste. A questo punto ci si renderà conto, strada facendo, che appena le abitazioni si diradano ogni luogo è buono per scaricare il proprio pattume, e anche in questo caso come per il vallone di Profica (e purtroppo non solo!), gli incontri con le discariche saranno tutt”altro che occasionali. Dopo circa 820 m di cammino giungiamo a un incrocio, noi andremo a sinistra incamminandoci lungo via N. Amore il cui palazzo diroccato ci attende da lontano; questo tratto è per me tra i più belli dal punto di vista rurale, dove l”albicocca e il pomodorino, senza dimenticare l”uva catalanesca, la fanno ancora da padrone.
Superato l”imponente e pericolante edificio, antica dimora del politico napoletano, si prosegue sempre dritto senza svoltare a sinistra (via Donna Regina) fino all”incrocio con via Garibaldi dove svolteremo a destra e inizieremo il percorso di via Olivella, scandito dalle stazioni della via crucis e dalle ormai altrettanto statutarie discariche abusive. Poco prima del confluire di questa via a valle, verso il centro abitato, passeremo sotto una sorta di ponticello che altro non è che il vestigio delle antiche strutture idrauliche che convogliavano le acque vesuviane verso la reggia borbonica di Portici.
La stradina s”inerpica finalmente verso il Somma (che poi raggiungerà superate le sorgenti) e incomincia ad essere meno esposta e resa più piacevole dall”ombra della fitta boscaglia. Dopo 2 km, a 460 m di quota, all”altezza della VIII stazione della via crucis, incomincia a sostituirsi al tedioso e malandato asfalto un ben più piacevole e utile lastricato in basalto. Dopo circa tre chilometri giungiamo a quota 343, nelle vicinanze dell”area dedicata alle sorgenti. Al bivio infatti si scende a destra superando una sbarra e si giunge in un piccolo avvallamento, mantenendo la sinistra (a destra si prende un piacevole stradello che sale gradualmente verso il Somma) raggiungiamo, dopo la XIV stazione della via crucis, la sorgente inferiore, seminascosta dalla vegetazione. Si scorgerà solo se si fa attenzione all”appena riconoscibile e breve viuzza che, a destra, porta a un arco di pietra lavica, che custodisce l”entrata delle opere idrauliche di origine borbonica.
Pur non esistendo, in questo caso, alcuno sbarramento all”accesso, va detto che l”entrata è angusta e ovviamente c”è presenza d”acqua, è opportuno quindi, per apprezzarne le caratteristiche, munirsi di strumenti e abiti adatti e soprattutto farsi accompagnare da un conoscitore del luogo, le strutture infatti, oltre ad essere antiche, sono in uno stato di totale abbandono, quindi, come sempre, prudenza!
Va inoltre detto, che come è accaduto per gran parte della sentieristica vesuviana, anche per l”Olivella non sono valsi a nulla gli sforzi delle associazioni locali per elevare a rango di patrimonio comune il proprio territorio, a niente è servito lo scontrarsi contro il muro insormontabile degli egoismi personali e delle difficoltà burocratiche. Al momento restano vane le speranze di restituire al luogo interesse e dignità che gli spettano.
Riguadagnando il sentiero principale che, se si esclude il cartellone all”imbocco delle sorgenti, non ha alcun punto di riferimento, arriviamo a una sorta di anfiteatro a monte del quale si trova la sorgente cosiddetta superiore. Giungervi non sarà facile poichè la stradina che vi sale, oltre a essere malandata, è anche bloccata da un grosso albero caduto. Se siete comunque disposti a vederla e a camminare carponi nel fango non vi sarà impossibile raggiungere la polla, che però troverete serrata da una cancellata, ben chiusa da un catenaccio.
Vi consolerà il rigagnolo che dal piccolo tunnel sgorga fresco creando un piacevole effetto esotico più in basso, presso la madonnina, dove sarà realmente possibile rinfrescarsi sotto una piacevole, anche se non abbondante, doccia d”acqua fresca circondata da capelvenere e felci di vario genere. Per i più avvezzi a questi spettacoli della natura sarà ben poca cosa e magari risulterà uno spettacolo, per quanto pittoresco, scontato ma, come s”è detto, l”acqua qui non è merce comune e qualcosa di simile, anche se di ben più ridotta portata, lo si potrà apprezzare soltanto all”altra sorgente, quella delle Chianatelle, in territorio di Pollena Trocchia.
Dopo essersi rinfrescati si potrà ritornare indietro lungo lo stesso percorso dell”andata e, magari, strada facendo, attaccare bottone con qualche anziano contadino, al quale non dispiacerà certo intessere le lodi della sua campagna dopo aver prima indagato con diffidenza, poi con curiosità e finalmente con simpatia sulle generalità di chi s”avventura ancora lungo i sentieri da Muntagna. Magari in questo modo si rinsalderà quel legame vitale tra noi e il nostro territorio che sembra tanto più lontano quanto sconosciuto.