Il figlio lancia una palla di fango e calce nel corso di un gioco, il genitore è responsabile per il danno provocato.
Il caso.
Un ragazzo viene colpito all’occhio sinistro da una palla di fango e calce, lanciata da un minore, riportando gravi conseguenze lesive. I genitori del ragazzo denunciano i genitori del minore per ottenere il risarcimento dei danni. Costoro, invece, affermano che la palla non è stata lanciata dal loro figlio, ma da altri nel corso di un gioco, che si era svolto in un cantiere non recintato, per cui ne contestano la responsabilità .
In primo luogo, va rilevato che, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. sent. 4 ottobre 1979, n. 5122; 10 aprile 1970, n. 1008), se il minore è incapace di intendere e di volere, i genitori, con i quali coabita, sono responsabili del fatto dannoso da lui commesso a norma dell’art. 2047 cod. civ., quali persone tenute alla sorveglianza, mentre se il minore è capace di intendere e di volere, i genitori rispondono a norma dell’art. 2048 cod. civ., non solo quali sorveglianti, ma anche come educatori.
In secondo luogo, per vincere la presunzione di responsabilità prevista dall’art. 2047 cod. civ. si richiede la dimostrazione che il fatto si è verificato nonostante il diligente esercizio della sorveglianza materiale ovvero che l’omissione della sorveglianza è stata determinata da impedimento legittimo (cfr. Cass. 28 giugno 1976, n. 2460; 4 ottobre 1979, n. 5122; 10 aprile 1970, n. 1008).
Le abitudini sociali non valgono ad escludere o a mitigare l’obbligo di sorveglianza in relazione al carattere cogente dello stesso, per cui la sorveglianza deve essere esercitata, quali che siano tali abitudini, ed il mancato esercizio genera responsabilità per i fatti dannosi dell’incapace. Giustamente non è stata annessa alcuna importanza alla circostanza che era prassi consolidata che i bambini giocassero da soli nel cortile o negli spazi disponibili nei pressi dell’abitazione
In terzo luogo va rilevato che ai fini della responsabilità di cui all’artt. 2047 cod.civ. è sufficiente che l’incapace ponga in essere il fatto dannoso al di fuori del controllo del sorvegliante o di un suo incaricato; viceversa, il sorvegliante può liberarsi della responsabilità , dimostrando che il fatto si sarebbe verificato nonostante il diligente esercizio della sorveglianza e che, quindi, non esiste nesso di causalità tra fatto dannoso e difetto di sorveglianza.
In conclusione, la Corte ha condannato i genitori del minore al pagamento delle spese e al risarcimento dei danni.