Ercolano. Lavoro nero. Una corona di alloro per ricordare Francesco Iacomino

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La famiglia dell’operaio morto il 4 ottobre del 2004, attende ancora di sapere chi abbandonò per strada Francesco, agonizzante e con le caviglie spezzate.

La famiglia dell’operaio morto il 4 ottobre del 2004, attende ancora di sapere chi abbandonò per strada Francesco, agonizzante e con le caviglie spezzate.

Ercolano ricorderà Francesco Iacomino, l’operaio morto a 33 anni il 4 ottobre del 2004, dopo la caduta da un ponteggio su cui lavorava all’interno di un cantiere edile. Francesco – la cui vicenda è stata raccontata anche da Roberto Saviano in Gomorra – lavorava a nero, per pochi spiccioli.

Fu abbandonato agonizzante e con le caviglie spezzate, a qualche centinaio di metri dal cantiere, all’incontro tra via IV Orologi e Gabriele d’Annunzio, mentre gli altri lavoratori tentavano di cancellare le prove della sua presenza sul luogo di lavoro. Il Comitato sorto in sua memoria, presieduto dal consigliere comunale Marco Cozzolino e appoggiato dall’amministrazione, ha programmato per giovedì alle 11, giorno della morte e dell’onomastico di Francesca, una messa nel cimitero cittadino e una cerimonia pubblica con la deposizione di una corona di alloro.

A otto anni dalla sua morte,però, la famiglia Iacomino aspetta ancora giustizia.Il processo penale a carico dei presunti responsabili della morte del giovane operaio iniziò all’inizio del 2005. Una storia, quella processuale, fatta di rinvii, testimonianze poche chiare, richieste di ricusazione e testimoni fantasma. Le prime udienze ebbero luogo nelle aule della sezione penale del tribunale di Napoli, fino a quando il processo non venne dirottato alla sede distaccata di Portici. Da qui è iniziato il valzer di rinvii che, causa la scarsa propensione a presentarsi in aula di testimoni e imputati, ha portato, nel settembre 2010- dopo sei anni e otto udienze- al cambio di giudice.

Poi ancora rinvii e slittamenti, stavolta per ragioni buorcatiche, fino all’ultima beffa, quella del febbraio di quest’anno. Per ragioni non chiare, infatti, non venne notificato ad uno degli imputati- già in carcere per altre ragioni- l’invito a comparire in aula. La paura è che alla fine di tutti i rinvii, il processo cada in prescrizione, e con esso, anche la possibilità di fare giustizia.