VingustandoItalia, le origini dei piatti tipici napoletani

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…la famosa “Puttanesca”: si crede che la celebre pasta sia nata a Napoli e più precisamene nei Quartieri Spagnoli…

Spesso tra i miei amici si parla del buon cibo, dei nostri piatti campani, di quei piatti che esaltano la nostra amata terra e che evidenziano la nostra napoletanità. Durante una fredda sera invernale, ci chiedevamo quale fosse il piatto di pasta tradizionale che più rappresentasse l’essenza napoletana. Ognuno ha scelto un piatto che era a lui caro, che spesso faceva ricordare la sua infanzia, ed a tutti noi sono riaffiorati gli odori e i sapori dei piatti della nonna. Dopo lunga ed accesa discussione abbiamo convenuto che tra i piatti di pasta più napoletani in assoluto, dovevamo menzionare: le candele spezzate con il ragù, gli spaghetti alla puttanesca, lo scarpariello, gli spaghetti con il soffritto, la pasta e patata con la provola, lo spaghetto a vongole, la genovese, la pasta e fagioli, la lasagna e la frittata di pasta. Una varietà enorme e si potrebbe continuare ancora per molto, se solo pensate che ogni provincia, ogni comune e spesso anche rioni e quartieri hanno le loro ricette tipiche, che esaltano sempre la nostra napoletanità. Ma quali sono le origini di tali bontà? Se partiamo dal ragù che deve necessariamente “Peppiare”, cioè sobollire lentamente per ore ed ore, le origini del piatto sono molto antiche e sembra derivi dalla cucina popolare medievale provenzale, risalente al XIV secolo, chiamato “daube de boeuf” (uno stufato di carne di bue mescolato a verdure e cotto lungamente in un recipiente di creta).

 

Il “ragout” è, invece, un piatto francese posteriore, sempre a base di carne e verdure e si differenzia dal “daube de boeud” solo per ill tipo di carne usata, che generalmente di montone. Questo piatto (il cui nome deriva dall’antico francese “ragoûter” che significa “far rivivere il gusto”) inizia ad apparire nella cucina napoletana solo intorno al XVIII secolo con il regno di Ferdinando IV di Borbone. Passiamo ora alla famosa “Puttanesca”: si crede che la celebre pasta sia nata a Napoli e più precisamene nei Quartieri Spagnoli, infatti all’inizio del XX secolo, il noto rione napoletano era sede di attività di ogni tipo, tra cui alcune case di piacere. Un giorno il proprietario di una di queste “allegre dimore” decise di rifocillare i suoi ospiti inventandosi un piatto semplice e veloce, e fu così che pensò a questa pasta dal nome colorito. Altri fanno riferimento agli indumenti intimi delle ragazze della casa che, per attirare e allettare l’occhio del cliente, indossavano probabilmente biancheria di ogni tipo, di colori vistosi e ricca di promettenti trasparenze.

 

I tanti colori di questo abbigliamento si ritroverebbero nell’omonima salsa: il verde del prezzemolo, il rosso dei pomodori, il viola scuro delle olive, il grigio-verde dei capperi, la tinta granato dei peperoncini. Altri ancora sostengono, invece, che l’origine del nome sia da attribuire alla fantasia di una ragazza di vita Yvette la Francese, una prostituta provenzale piuttosto autoironica, che dopo aver ideato questo piatto, le affibbiò questo nome in onore al suo mestiere. Quando i napoletani vanno di fretta e non hanno molto tempo per cucinare preparano “’o Scarpariello”. La pietanza nasce nei vicoli dei Quartieri Spagnoli, dove un tempo vivevano gli “scarpari”, cioè i calzolai, che lavoravano ogni giorno nelle loro minuscole botteghe per riparare o fabbricare fantastiche scarpe. Alcuni narrano che le mogli e le sorelle di questi scarpari, non avendo molto tempo da dedicare ai fornelli, preparavano un “pasto veloce” nella pausa pranzo, lo Scarpariello, appunto. Secondo un’altra tesi, invece, questo piatto si preparava con i prodotti avanzati che si avevano in casa, o con quello che regalava (quasi sempre formaggi) allo “scarparo” la gente che non poteva pagarlo. E’ obbligatorio ricordare un altro piatto povero che veniva chiamato anche zuppa forte, il Soffritto. Preparato soprattutto nella stagione invernale e servito su fette di pane casereccio raffermo o utilizzato come condimento per la pasta, solitamente vermicelli. Anticamente venivano utilizzate le interiora del maiale, perché era usanza delle famiglie povere riciclare in cucina tutte le parti di questo animale, aggiungere sugo, rosmarino, peperoncino e alloro. Un tempo lo si preparava in casa, oggi è possibile trovarlo già pronto dal macellaio, basta solo aggiungere dell’acqua e scaldarlo sul fuoco. La ricetta originale, risalente agli inizi del 1800, viene riportata nel primo vero ricettario napoletano, “La Cucina Napoletana”, scritto da Jeanne Carola Francesconi nel 1965. “O zuffritt” veniva venduto nella Napoli antica dalle venditrici di “zuffritto”, casalinghe che preparavano la zuppa forte e poi la vendevano in strada per guadagnare qualche soldo. Cominciavano la mattina presto, perché per cucinare la zuppa ci vogliono almeno 2 ore, ponevano la “fornacella” fuori dalle loro abitazioni, i cosiddetti “vasci” e cuocevano le frattaglie in grossi pentoloni. Le persone che si incamminavano a quell’ora verso il luogo di lavoro usavano fermarsi dalle donne con il “palatone” (grosso e lungo pezzo di pane) per imbottirlo con il soffritto e mangiarlo durante la pausa pranzo. Oggi abbiamo scoperto le origini del Ragù, della Puttanesca, dello Scarpariello e del Soffritto e potrei continuare per ore a scrivere delle nostre pietanze, ma non basterebbe certo un articolo, e allora ci fermiamo e vi rimando al prossimo articolo per scoprire le origini della nostra amata terra.