Di recente, febbraio 2009, il Consiglio Comunale di Sant”Anastasia ha deliberato la redazione del nuovo Piano Urbanistico Comunale (PUC), in ottemperanza alla legge regionale 21/2003.
È intenzione dell”associazione neAnastasis di chiamare la Società Anastasiana a partecipare ad un ampio confronto sulla redazione di questo Piano, per giungere ad un effettivo Piano partecipato.
Affinchè tale confronto sia fecondo e produttivo, neAnastasis produrrà una serie d”articoli, a partire da questo, con cui esporrà le sue idee e fornirà indicazioni.
OBIETTIVI DEL PUC
I due strumenti urbanistici che hanno operato sul territorio di Sant”Anastasia sin ad ora, il Piano di Fabbricazione prima e l”attuale Piano Regolatore Generale poi, sono stati improntati a soddisfare essenzialmente le esigenze di sviluppo dell”edilizia residenziale, trascurando tutte le altre necessità connesse ad un ordinato sviluppo dell”organizzazione sociale.
Per il nuovo Piano riteniamo che gli obiettivi da perseguire siano in sintesi i seguenti:
mettere ordine a tutto l”edificato sin ad ora realizzato;
dare autosufficienza funzionale ai nuovi nuclei residenziali sorti in periferia;
realizzare le attrezzature e le infrastrutture necessarie alla piena fruibilità del territorio;
potenziare l”attuale rete viaria per adeguarla alle esigenze del traffico cittadino;
recuperare le volumetrie dismesse sia residenziali sia vetero-industriali;
tutelare e valorizzare le zone agricole più produttive;
dimensionare le aree necessarie agli insediamenti produttivi;
realizzare le opere necessarie alla fruizione del Parco Vesuvio;
realizzare idonee misure per ridurre i rischi che incombono sul territorio.
SVILUPPO DEMOGRAFICO DI SANT”ANASTASIA
L”organizzazione del territorio va rapportata alla popolazione che v”insiste ed al suo prevedibile sviluppo futuro per adeguarne gli strumenti urbanistici. L”esame dei dati anagrafici indica chiaramente che la popolazione di Sant”Anastasia è in fase di decrescita, per effetto sia della bassa natalità sia della tendenza a migrare verso altre località. Oggi si può stimare a 27.500 abitanti.
Tale tendenza è in linea con le indicazioni di decompressione abitativa per i Comuni della cosiddetta Zona Rossa, sancite dai Piani Regionali e Provinciali.
(Continua al prossimo articolo)
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MAGGIORI INFORMAZIONI
SANT”ANASTASIA. “RIORGANIZZIAMO INSIEME IL TERRITORIO”
L’UOMO É CIÃ’ CHE SPERA
Di don Aniello Tortora
Il mondo nel quale viviamo è in rapidissima trasformazione. Anche il nostro Paese e, con esso il nostro Sud, è profondamente cambiato sul piano economico, sociale, lavorativo e istituzionale. E queste mutazioni hanno avuto rilevanti ripercussioni sulla vita delle persone, sul loro modo di pensare, sulla famiglia, sulla rappresentanza e sulle relazioni personali e sociali.
Indubbiamente, insieme a tanti fattori positivi, c”è bisogno di una nuova e forte attenzione ai cambiamenti e alle contraddizioni che questa crescita ha generato: la società post-industriale o post-fordista (dal lavoro ai lavori), la finanziarizzazione dell”economia, i forti divari territoriali (vedi NORD-SUD), le presenza di nuove povertà (scatenate da questa crisi economica), la presenza di nuove povertà, di nuove emarginazioni, dei senza lavoro e dei disoccupati giovani o in età matura, dei precari sul lavoro e nella vita, le difficoltà delle famiglie nel far quadrare il bilancio economico e sociale (soprattutto quelle a mono-reddito con figli), il crescente numero d”anziani non autosufficienti, il permanere di fasce di giovani ed adolescenti in difficoltà o costretti alla solitudine, e il fenomeno, anche culturale, dell”immigrazione.
Di fronte a questi problemi potremmo sentirci tutti inadeguati.
Ma non mancano segni di speranza, la quale non è solo un desiderio o un sogno o una promessa e non riguarda unicamente il domani, ma è una realtà molto concreta ed attuale, che non abbandona mai la nostra terra: le persone, le famiglie, le comunità, l”intera umanità, soprattutto la Chiesa. Chi ha occhi e cuore evangelici vede e gode del numero incalcolabile di semi e germi e frutti e opere concrete di speranza che sono in atto nei più diversi ambiti della Chiesa e della società. Ci sono tantissime persone e gruppi che continuano, ogni giorno, con coraggio e perseveranza, a scrivere il “Vangelo della speranza” nelle realtà e nelle vicende più disagiate e sofferte della vita quotidiana.
Tantissimi uomini e donne, spesso inosservati o addirittura incompresi, sconosciuti ai grandi della terra sono gli operai instancabili che lavorano nella vigna del Signore e della società, artefici grandi e umili “della” e “nella” storia. Mi ha sempre colpito una frase di Indira Gandhi: “Mio padre una volta mi disse che esistono due tipi di persone: quelli che lavorano e quelli che si prendono il merito. Mi disse di cercare di stare nel primo gruppo. C”è meno concorrenza“.
Tutti, ma particolarmente i cristiani, sono chiamati, ancora di più, a rendere attuale, con il loro comportamento, con l”impegno e i fatti, il messaggio della Speranza cristiana attraverso l”ascolto, l”attenzione, l”incontro e il dialogo con le speranze delle donne e degli uomini del nostro tempo.
Martin Luther King, il promotore della difesa dei diritti civili della popolazione nera dell”America diceva: “Anche se avrò aiutato una sola persona a sperare, non sarò vissuto invano“.
“Il mondo apparterrà domani a chi gli avrà offerto una speranza grande” – assentiva Teilhard de Chardin.
“Il presente non basta a nessuno: abbiamo tutti bisogno di un po” di futuro” – affermava Albert Camus.
Don Tonino Bello: “Non possiamo limitarci a sperare; dobbiamo organizzare la speranza“.
E anch”io, indegnamente e umilmente, posso dire che “l”uomo è ciò che spera“.
Un pensiero specialissimo di solidarietà, in questo momento di dolore immenso, agli uomini e alle donne dell”Abruzzo: insieme ce la faremo!
Auguro alla redazione e ai lettori de “ilmediano.it” tanta Speranza.
“LA POLITICA APRE LE STRADE ALLA CAMORRA”
Troppa gente mi confessa di restare esterrefatta di fronte alle motivazioni dei provvedimenti di scioglimento dei Comuni per infiltrazioni e condizionamenti da parte della camorra. L”impressione è che molte persone sembrano non accorgersi neppure di ciò che gli succede attorno.
La verità è, però, che tutti si sono abituati ad un certo andazzo per cui può anche apparire normale che per ottenere un diritto, come può essere una pensione di vecchiaia, il riconoscimento di una invalidità certa, una autorizzazione sanitaria all”esercizio di una attività, ecc., ecc., sia necessario chiedere il favore a qualcuno – l”interposta persona, come la chiamava il senatore Saredo, che sciolse, nel 1901, il Comune e la Provincia di Napoli per accertati condizionamenti camorristici – che possa intervenire sugli amministratori dell”Ente delegato al rilascio dell”autorizzazione o del beneficio.
Sembra anche naturale che tale prestazione dell”amministratore venga ricompensata, oltre che con la gratitudine eterna del voto durante le elezioni, anche con regali adeguati all”importanza della persona. Questa è camorra, ma pochi sembrano accorgersene, tanto normali sono diventati certi comportamenti. Il risultato di questi atteggiamenti e di questa mentalità è lo stravolgimento di tutte le regole che dovrebbero far funzionare una comunità. L”amministratore diventa “il padrone delle regole”, nel senso che le osserva, le disattende, le piega alle diverse esigenze a suo piacimento, sensibile solo ai rapporti di forza, alla capacità di pressione e di intimidazione dell”interlocutore, ma anche alle ricompense economiche e politiche che può ricavare dalle sue decisioni. Il fatto di essere “il padrone delle regole” lo mette al centro di tutti gli interessi che si agitano nella comunità, a partire da quelli che si poggiano proprio sullo stravolgimento delle regole.
Un imprenditore pulito chiede regole chiare e trasparenti per l”assegnazione di un appalto pubblico: l”imprenditore-camorrista chiede solo che le regole vengano modificate a suo vantaggio e, per ottenere il risultato, è disposto a pagare, a corrompere, a minacciare e financo ad uccidere. In genere si ferma alla intimidazione e alla corruzione, ma l”appalto è suo, con buona pace dell”imprenditore che non ha potere di intimidazione e di violenza. Così la camorra, in combutta con gli amministratori conniventi, mette le mani su tutti gli appalti, su tutte le forniture, su tutti i fondi agevolati, persino sui fondi per le iniziative sociali e “culturali”. Ma la camorra non si accontenta mai.
Visto che tutto passa per il Comune, la cosa più semplice per impadronirsene è quella di mettere uomini suoi, magari “pezzi da 90”, nell”amministrazione comunale. Il controllo delle elezioni, a qualsiasi livello, è l”attività principale delle organizzazioni criminali importanti, come quelle dei Fabbrocino, dei Russo, dei Cesarano, dei “casalesi”, tanto per fare degli esempi, perchè solo attraverso la politica si posson mettere le mani sui fondi pubblici locali, ma anche su quelli nazionali ed europei.
Come si fa ad avere subappalti e noli a caldo e a freddo nei cantieri dell”Alta Velocità, della linea ferroviaria a monte del Vesuvio, della autostrada Salerno-Reggio Calabria, ma anche di quella Napoli-Salerno? Non certo con le pistole!
Come si fa ad ottenere una variante urbanistica per rendere edificabili suoli ceduti a basso costo da proprietari terrorizzati con intimidazioni e minacce di morte? Non certo con le pistole! Come si fa ad ottenere appalti e forniture nelle ASL? Non certo con le pistole! È la politica che apre tutte le strade alle organizzazioni criminali e alle loro imprese! Per questo la camorra è così presente in tutte le consultazioni elettorali. Il problema vero non sono quelli che di tutta questa attività della camorra non si rendono neppure conto, ma tutti coloro che sanno e capiscono, ma sperano anche loro di ricavare dei vantaggi da una situazione in cui tutte le regole diventano “negoziabili” e possono essere piegate agli interessi personali, senza alcun rispetto per il benessere della comunità e i diritti delle generazioni future.
LINGUA IN LABORATORIO
Il prof. Carlo A. prosegue nella sua “tarlesca” esplorazione nel corpo segreto delle parole, e, sollecitato e solleticato, oggi, dalle domande e vieppiù dagli occhi attenti e interessati di un suo allievo, un professorino, più esattamente un dottorino fresco di laurea in lettere, desideroso (“rara avis”) di apprendere quanto più possibile e, comunque, almeno il necessario, prima di sedersi in cattedra, ritorna sull”argomento “ambiguità”.
L”ambiguità è, come si sa, la caratteristica della maggior parte delle parole e di numerose frasi di avere una pluralità di significati (polisemia). È come se in esse fosse nascosta una piccola miniera semantica, che il locutore (o lo scrittore) decide talvolta, per vari motivi, di tenere chiusa e quindi inaccessibile all”uditore (o lettore). Quasi sempre però basta inserire la parola o la frase in questione in un contesto linguistico più ampio perchè si produca il “disambiguamento”, ossia l”individuazione del significato preciso e pertinente a quella occasione.
Un bell”esempio ci è offerto dalla parola “pizzo”, che abbiamo nominata la volta scorsa. Si consideri la frase seguente: “Il malavitoso, il volto semicoperto da occhiali scuri, da coppola a mezza fronte, da pizzo (barba tagliata a punta) al mento, si reca in un negozio di pizzo (trine e merletti) ad esigere il pizzo (tangente) al malcapitato proprietario che, anche lui provvisto di un grazioso pizzo al mento, diciamo di un pizzetto (non un pizzino, per carità!), se ne sta beato, seduto in pizzo di sedia (dialettale = in punta di sedia. Chissà perchè, poi? forse per un suo vezzo), ad ammirare una veduta del Pizzo Bernina (vetta), sognando di trascorrervi una bella vacanza. E, pregustando, fa ” “o pizzo a riso”(dialettale = risolino agli angoli della bocca):.”.
Un altro esempio di ambiguità ce lo offre Stefano Bartezzaghi nella sua rubrichetta sul “Venerdì”, supplemento settimanale di “La Repubblica”, “essico&nuvole” “L”esempio più noto, in italiano, è: “La vecchia porta la sbarra”. Vuol dire che c”è una signora anziana che reca con sè una spranga? Oppure che un uscio annoso impedisce di percorrere un passaggio che non viene menzionato?”.
Ma già nell”antichità: “Ibis redibis non morieris in bello” (Andrai ritornerai non morirai in guerra). Ambiguità indotta dalla mancanza di segni di interpunzione e disambiguamento possibile mediante l”introduzione nella frase di una semplice e però decisiva virgola, prima o dopo il “non”.
Per non parlare, sempre nell”antica Roma, la vox ambigua per eccellenza: “fortuna” che il dotto Cicerone disambiguava con “fortuna adversa e secunda fortuna”.
Ma torniamo ai nostri tempi e alla nostra quotidianità: per gustarci quest”ultima ambiguità:disambiguata. “L”elettricista filosofo (sic!) mollò la presa di ciò che aveva preso:poi, presa la presa (di corrente) la sistemò nell”apposito foro:scongiurò l”ennesima presa in giro e dopo una presa d”atto e una salutare e necessaria presa di coscienza, si concesse una gratificante presa di tabacco”.
Interviene il prof. Eligio Ligio, che ha ascoltato e, come suo solito, rispolvera, a suggello e chiosa poetica del discorso del collega e amico, alcuni versi di un poeta ingiustamente dimenticato. Recita con enfasi, tentennando la sua veneranda canizie:
“La viola del pensier messa a seccare
in un libro di versi e di cultura,
ha tutte le ragioni per gridare
– Com”è seccante la letteratura!” (Luciano Folgore)
N.d.A. – Prossimamente sarà risposto ai lettori che ci hanno scritto.
LA RUBRICA
“LA PAROLA FORMIDABILE: GUERRA!”
La guerra, che si sta combattendo sul fronte europeo sin dal 1914, mette il popolo italiano di fronte ad una scelta tra neutralisti ed interventisti. Neutralista è la posizione del primo ministro Salandra, come quella dei cattolici; neutralisti sono i socialisti, che dichiarano di non essere disponibili a dare “nè un uomo nè un soldo per la guerra”, quella stessa guerra che accresce gli utili degli industriali e mette contro gli operai dei vari paesi.
Decisamente interventisti sono il re, gli industriali e gli irredentisti. Interventista è Mussolini, che dalle colonne dell”Avanti! contro la linea di neutralità dei socialisti, auspica il coinvolgimento dell”Italia nella guerra. Egli è passato dall”antimilitarismo del 1912 all”interventismo del 1914. Proprio per questa sua posizione è, perciò, espulso dal partito socialista. Il segretario politico, Costantino Lazzari, durante l”assemblea di partito del 24 novembre, dice: “Formulo qui l”atto di accusa di indegnità morale e politica contro Benito Mussolini. Se voi siete solidali con la guerra dei re , allora mantenete fra voi Mussolini. Se a questa guerra siete contrari, espelletelo e farete opera buona”.
Nella primavera avanzata dell”anno 1915 anche l”Italia entra in guerra al fianco delle potenze della Triplice Intesa (Francia, Inghilterra e Russia). La decisione desta sorpresa in quanto l”Italia è legata alla Germania dal patto –di natura difensiva- della Triplice Alleanza (1882), che vincola i firmatari a prestarsi reciproco soccorso in caso di un attacco armato da parte di altre nazioni. Però, visto che ad attaccare la Serbia sono state l”Austria e la Germania, questa volta l”Italia non ritiene di doversi schierare a fianco degli alleati. Anzi, Vittorio Emanuele III dichiara: “l”Italia è intenzionata a rimanere in pace e in amicizia con tutti”.
Ma le ragioni della scelta italiana sono ben altre. Il Paese ha patteggiato la sua entrata in guerra, al fianco dell”Intesa, sin dal mese di aprile, a Londra. Il “tradimento” italiano, in caso di vittoria, sarà ricompensato con l”annessione di Trento, del Tirolo, di Trieste, di Gorizia, dell”Istria, di parte della Dalmazia, con un protettorato sull”Albania ed il possesso della città di Valona, con alcuni possedimenti coloniali nell”Africa tedesca.
Il giorno dell”entrata in guerra dell”Italia, il 24 maggio 1915, il Corriere della Sera scrive: “La parola formidabile tuona da un capo all”altro dell”Italia e si avventa alla frontiera orientale, dove i cannoni la ripeteranno agli echi delle terre che aspettano la liberazione: guerra! È l”ultima guerra dell”indipendenza [:]”.
L”esercito italiano si compone di 23.000 ufficiali, 852.000 soldati, 9.160 civili, 144.522 animali. Il comando delle operazioni militari è affidato al generale Luigi Cadorna. Il fronte di guerra si estende per oltre 600 chilometri, dallo Stelvio al mare; la sua difesa è nel coraggio e nel sacrificio di migliaia di giovani; è negli oggetti di morte costruiti dalla Breda di Milano o dall”Ansaldo di Genova: 1.600 cannoni, 100.000 bombe a mano, 700 motori per aerei!
I giudizi sulla guerra sono contrastanti. Giovanni Papini la definisce “risvegliatrice di infiacchiti”; Benedetto Croce parla, invece, di “religiosa ecatombe”; Gaetano Salvemini parla di uno “strumento doloroso ma necessario di più larga pace”. In netto contrasto, poi, i giudizi di Filippo Tommaso Marinetti, che parla della guerra come “igiene del mondo e sola morale educatrice”, e di Benedetto XV, che la definisce “un”inutile strage ed orrenda carneficina”.
ANTOLOGIA
Dal Patto di Londra del 1915
Manifesto del Partito Socialista
I redattori di “Lacerba”
La leggenda del Piave
LA SCUOLA. ROVINATA DALL’ATTUALE POLITICA
Caro Direttore,
Spero che il trattamento riservatomi la settimana scorsa sia stato del tutto casuale. La mia rubrica, come ben sai, non solo non è stata inserita in “Pensare italiano” ma è stata anche tolta dalla prima pagina del “Mediano.it” in meno di 24 ore. Ti sei offeso perchè ti ho chiamato cancherone, ho pestato i piedi a qualcuno, ho divagato troppo, ho infilato troppi errori o che altro?
Ad ogni modo riprendo con rinnovato entusiasmo, salvo, poi, a non dovermene pentire. Dunque, nonostante tutte le cronache abbiano messo in primo piano il battesimo del Pdl e le esternazioni del suo mentore e padrone, credo che l”argomento su cui tornare a riflettere sia sempre quello riguardante la scuola. Tu che dici che siamo ancora un po” troppo lontano dal prossimo settembre? Secondo me, invece, conviene parlarne sempre più ad alta voce e, possibilmente, con quante più voci insieme. La scuola di Stato è irrimediabilmente cancellata. Con l”inizio del nuovo anno scolastico i posti in meno (meglio, i posti immolati alla logica del risparmio, non certo per il miglioramento dell”offerta) dei lavoratori della scuola saranno circa 40.000.
Ad ogni nuova conta, facci caso direttore, sembra di ascoltare un bollettino di guerra. Una guerra che falcidia posti di lavoro, sradica ogni speranza di futuro, non fa manco uno sconto ad un progetto di società che si regge solo sul consenso acritico e mediatico, con la rivisitazione (in peggio) delle regole democratiche e di tutto quanto (poco o molto) di buono o di decente è stato costruito negli anni passati ed anche più oltre.
Il 50% dei tagli interessa il Sud, le scuole del Mezzogiorno. E, poi, l”aumento del numero di alunni per classe (fino a un massimo di 29 per le materne, 27 per le elementari, 28 per le medie e 30 per le superiori), l”abbandono del tanto sbandierato potenziamento della lingua inglese (alle elementari circa 2000 insegnanti di inglese in meno!), una sforbiciata notevole di ore di insegnamento in ogni ordine di scuola, un tetto (con quale percentuale? Lo stabilisce la Lega nord!) per l”ingresso nelle classi degli alunni stranieri, la discriminazione nella valutazione per quanti non si avvalgono dell”insegnamento della religione (chi insegna attività alternative è escluso dal consiglio di classe) e -ma non per ultimo- la riduzione degli insegnanti di sostegno per gli alunni disabili. Insomma, un”ecatombe!
Caro direttore, come ben sai, al Festival del cinema di Cannes, nel 2008, la Palma d”Oro è stata assegnata al film di Laurent Cantet “La classe”. La pellicola è tratta dall”omonimo romanzo di François Bègaudeau (pubblicato in Francia, nel 2006, col titolo “Entre les murs” ed in Italia, nel 2008, con il titolo come il film, “La classe”), che racconta di un anno di scuola in una media francese. Gli avvenimenti raccontati sono simili a quelli riscontrati nelle scuole italiane: i banchi sono affollati di alunni provenienti dall”Asia e dall”Africa che, perciò, sono portatori di un disagio forte, tipico di tutte le società migranti. Bègaudeau racconta, all”incontrario, del suo disagio e di quello dei suoi colleghi: “che bello sarebbe avere una classe di genietti, di persone che sanno parlare e capiscono il francese, invece di questi energumeni”.
Che bello sarebbe avere una scuola senza indisciplinati, fannulloni: solo alunni bravi e meritevoli. Sai, caro direttore, quel romanzo sembra scritto per l”attuale scuola italiana, per il disegno politico pensato dal nostro attuale governo. Un governo che parla di riforme a vanvera, non mette mano al portafogli e si inventa piccoli artifici come il cinque in condotta, il grembiulino e, forse, anche il cappello d”asino. Direttore, il problema a me sembra di altra natura: la scuola è solo per i meritevoli e per i capaci o anche –e sempre di più- per quelli che non hanno mezzi, non hanno capacità e meriti particolari? Non c”è bisogno di dare una risposta.
C”è bisogno di non rendere catastrofica una situazione già drammatica, che non diverte, che preoccupa, che rischia di escludere masse enormi di cittadini dai processi di trasformazione (ci sarà ancora?) della società. Così potremo trovarci anche in una situazione assurda: l”Italia, il paese che trent”anni fa, primo in Europa, eliminò le classi differenziali, oggi, grazie alla politica scolastica del governo, potrebbe farvi ritorno col suono delle fanfare!
Sto rileggendo le “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar. Volevo riproportene un passo: “Che cos”è l”insonnia se non la maniaca ostinazione della nostra mente a fabbricare pensieri, ragionamenti, sillogismi e definizioni tutte sue, il suo rifiuto di abdicare di fronte alla divina incoscienza degli occhi chiusi o alla saggia follia dei sogni? L”uomo che non dorme si rifiuta più o meno consapevolmente di affidarsi al flusso delle cose”.
Bello, vero, direttore? Perchè non proviamo a dormire un po” di meno tutti?
COMUNI SCIOLTI PER CAMORRA-5/A TAPPA
Il fatto che la Campania detenga il record dei Comuni sciolti per camorra colpisce tutti gli osservatori per così dire “esterni”, giornalisti di testate nazionali e internazionali, studiosi dei fenomeni mafiosi, opinionisti televisivi e della carta stampata. L”intreccio costante tra pubblici amministratori e soggetti criminali appare, infatti, incomprensibile a quanti hanno della pubblica amministrazione una visione “astratta” come se la stessa funzionasse sulla base di regole e procedure certe, trasparenti e verificabili. In realtà non è così, anzi essa è il regno della discrezionalità più sfrenata e spesso truffaldina che si traduce anche in alti livelli di corruzione.
Come notava qualche anno fa, nel 2006, l”Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, la corruzione è diffusa in tutta Italia e viene facilitata da fattori quali l”entità e la natura dei rapporti tra pubblico e privato nella gestione degli affari economici, aggravate dalla farraginosità delle norme e dalla scarsa trasparenza delle regole, ma è, soprattutto, “la mancata condivisione di valori etici e di codici comportamentali, quali il senso civico, che alimenta la corruzione”.
La situazione si aggrava nelle regioni meridionali dove la pressione delle organizzazioni criminali si scarica fortemente sulle amministrazioni locali per conseguire l”obiettivo di appropriarsi e di governare tutte le opportunità economiche, ma anche occupazionali e di impresa, gestite dalle stesse amministrazioni. Questa pressione delle organizzazioni criminali arriva fino alla occupazione delle posizioni di comando e di governo amministrativo.
Il caso del Comune di S. Antimo è emblematico. Per molti anni, il territorio comunale è stato teatro di uno scontro violentissimo fra le cosche criminali dei Puca e dei Verde. Il Consiglio comunale di S.Antimo è stato sciolto, il 28 settembre 1991, per infiltrazioni e condizionamento da parte della malavita organizzata locale, “visto che il Consiglio comunale:presenta collegamenti diretti ed indiretti tra parte dei componenti del consesso e la criminalità organizzata:constatato che la chiara contiguità degli amministratori con la criminalità organizzata ha creato una perdurante situazione drammatica nella vita amministrativa e politica dell”ente.. “.
Nel decreto di scioglimento, firmato dal Ministro dell”Interno, si legge: “Proprio i rapporti della Legione Carabinieri gruppo Napoli II:.evidenziano che si è in presenza di una struttura pubblica che strumentalizza le proprie iniziative alle finalità dei nuclei delinquenziali operanti nel territorio.
I collegamenti di taluni degli amministratori con la malavita organizzata –clan Puca Pasquale e Verde- si estrinsecano attraverso rapporti di parentela e/o cointeressi in attività economiche e patrimoniali. Risultano legati da rapporti di parentela l”attuale assessore Raffaele Ronga, imparentato con il noto pregiudicato Francesco D”Agostino, tratto in arresto in flagranza di reato con Antimo Flagiello, in quanto ritenuti responsabili dell”omicidio di Salvatore Puca, pluripregiudicato.
Del sopracitato Salvatore Puca è inoltre nipote Francesco Ponticiello ( già sindaco e assessore). Tale ultima parentela avrebbe determinato la scelta del Ponticiello quale Sindaco di quel Comune (19 giugno 1990) contrariamente a quanto già concordato in sede politica intorno al nome di Antimo Tarantino e ciò “stranamente” in concomitanza con la concessione del beneficio della semilibertà in favore del ripetuto Salvatore Puca in data 15/6/1990, che il successivo giorno 20 giugno veniva ucciso.
La cointeressenza in attività economiche si coglie soffermandosi sugli accordi in materia di appalti tra il clan di Pasquale Puca e il clan dei Verde, che operano rispettivamente attraverso le Cooperative “La Paola” e “Raggio di Sole”, addivenendo in tal modo ad una spartizione dei settori dell”imprenditoria locale.
Della Cooperativa “Raggio di Sole” è socio il consigliere comunale Aniello Cesaro unitamente ai fratelli Raffaele –legale rappresentante- e Luigi.
Lo stesso consigliere Aniello Cesaro risulta citato a comparire dalla A.G. in ordine a molteplici attività estorsive messe in atto da Pasquale Puca, capo dell”omonimo clan camorristico operante in S.Antimo e Casandrino; risulta avere in atto anche procedimenti per truffa, interesse privato in atti di ufficio, omissione di atti di ufficio e peculato”.
C”è poco da aggiungere. Si resta semplicemente esterefatti. Giustamente nel decreto di scioglimento si conclude: “Le connessioni intercorrenti tra amministratori dell”Ente ed appartenenti ad organizzazioni criminose offrono una inequivocabile chiave di lettura che pone in risalto come capillarmente siano ormai distribuiti i loro rapporti e come gli interessi della malavita organizzata siano quasi del tutto finalizzati al controllo delle attività amministrative del Comune di S.Antimo, ormai vincolato nella sua libertà discrezionale, in quanto la mentalità mafiosa ne ha permeato la struttura, le modalità operative e la prassi amministrativa”.
Naturalmente, lo scioglimento non ha prodotto quel rinnovamento democratico che ci si poteva attendere. Non ha prodotto neppure la rottura dei rapporti tra pubblici amministratori e organizzazioni criminali. Anzi, i camorristi sono diventati imprenditori e girano a testa alta sempre con la stessa tracotanza; le carriere politiche e le fortune economiche degli amministratori indicati come collusi sono continuate con successo e qualcuna continua ancora oggi, sempre con successo; la gente, continua a spingere per salire sul carro del vincitore: spera sempre di raccogliere qualcosa, fossero anche solo briciole; subappalti, forniture, autorizzazioni, sussidi, raccomandazioni.
CITTÁ AL SETACCIO
LA CITTÁ, I CRISTIANI, L’IMPEGNO POLITICO
Mercoledì 18 Marzo a Pomigliano d”Arco è stato presentato l”Osservatorio cittadino “V. Bachelet”.
Promosso dalla locale Azione cattolica, aperto a tutte le Associazioni e all”intera comunità cittadina, vuole essere segno di una presenza di chiesa, che attraverso i suoi laici, è impegnata ad essere “sale” e “lievito” della società.
Colgo questa bellissima occasione per riflettere questa settimana sull”importanza dei cristiani nella città.
Dice la Gaudium et spes che “l”uomo per la sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere nè esplicare le sue doti“.
È talmente ovvia questa affermazione che non ha bisogno di essere dimostrata. Ogni individuo si costruisce e si realizza solo con i suoi simili che lo circondano. Nasce così, particolarmente nei pensatori cattolici del Novecento, il concetto di “persona“, contrapposto ad “individuo“. Ciascuno di noi è tale non in omaggio ad un”identità astratta, ma grazie ad un”identità che si costruisce, si consolida e si modifica nel tempo grazie anche alle relazioni sociali. In questa ottica ognuno di noi deve in un certo senso fare i conti con la storia nella quale è immerso e che determina le forme della sua educazione, mentalità, socialità e della stessa fede religiosa.
Da questo ragionamento deriva che la maturità di una persona e di un”intera collettività si misura anche dal grado di consapevolezza di queste condizioni e sulla capacità di rapporto critico con esse. Conoscere, allora, la storia della società cui si appartiene (nelle sue varie articolazioni) significa rendersi meglio conto delle complesse relazioni umane in cui ciascuno, lo voglia o no, si è venuto a trovare.
Deriva, da tutto ciò, la consapevolezza della propria responsabilità nel costruire relazioni sociali tali da costruire un arricchimento reciproco tra tutte le persone che le intessono.
La famiglia è il primo luogo di questi rapporti. Ma sono soprattutto i “rapporti” tra le persone che compongono il gruppo sociale e tra le diverse generazioni che rendono l”uomo un essere non chiuso in se stesso ma fondamentalmente “essere sociale“.
Gli altri sono tali anche in quanto io –con il mio comportamento– contribuisco a determinarli. In questa prospettiva un”autentica relazione implica un”educazione reciproca e paritaria: nel senso che ciascuno è impegnato a trarre fuori (e-ducere) dall”altro il meglio, favorendo l”avvicinamento di ciascuno alle proprie potenzialità. “Tutti siamo responsabili di tutti“, diceva Giovanni Paolo II.
Tutti, allora, siamo chiamati a “fare storia“. Essa non è, (ovviamente, “solamente”) il prodotto dell”attività di pochi individui chiamati a ruoli eminenti o di potere, bensì la risultante di una serie pressochè infinita di relazioni umane, familiari e sociali. “La storia siamo noi“, cantava anni fa De Gregori.
Entro un tale sistema di relazioni personali, la dimensione politica risulta –alla prova dei fatti– ineludibile. Politica non è altro che la sfera nella quale si confrontano le esigenze concrete che emergono dall”incontro-scontro delle relazioni sociali.
“Attività politica” –potremmo dire– è dunque tutto ciò che tende al miglioramento delle relazioni tra le persone, imponendo anche delle decisioni a cui tutti devono attenersi e riguarda ogni società. Non dobbiamo peraltro dimenticare che l”etimologia di “politica” rimanda al termine greco “polis“, “città“. Fare politica è qualcosa che attiene dunque alla città, da intendersi sia nel senso specifico di realtà urbana delimitata nello spazio, sia nel senso più ampio di “civitas“, di realtà entro cui esistono legami di comunanza e di relazioni da far progredire insieme. È a questo che si riferiva Giuseppe Lazzati parlando di “città dell”uomo da costruire a misura d”uomo“.
Diceva Giorgio La Pira, il sindaco santo di Firenze: “La città, per noi credenti, è soprattutto il luogo dove la storia degli uomini si intreccia con la storia della salvezza e sappiamo che entrambe si muovono verso la stessa direzione e la stessa meta: il regno di Dio, Regno di Pace, di amore, di fratellanza e di giustizia“.
E allora sarebbe bello che ogni città avesse il suo Osservatorio cittadino, animato da laici cristiani che vogliono nella città essere “sale” e “lievito” e in essa e per essa essere testimoni di annuncio, di denuncia e di rinuncia, a servizio del bene comune.
LA RUBRICA
OSSERVATORIO SUL DISAGIO ADOLESCENZIALE
Con questo articolo si avvia la collaborazione con la prof.ssa Annamaria Franzoni. L”argomento che sarà trattato riguarda gli adolescenti, e la nuova rubrica nasce allo scopo di creare un vero e proprio Osservatorio capace di affrontare la problematica del disagio adolescenziale su basi reali.
Ciò significa che saranno considerate certamente le problematiche esistenziali, ma senza farne il focus centrale delle varie analisi. Piuttosto, saranno passati in rassegna una serie di fattori (socio-ambientali; psicologici e relazionali; educativo-affettivi) che danno corpo al disagio creando marginalità, solitudini, disadattamento.
L.P.
Chi si chiede quali siano i motivi intrinseci ed estrinseci, le cause profonde recenti e remote di quella che può essere definita la vera Waterloo dell”educazione in riferimento al disagio sempre più diffuso dei nostri giovani, potrà provare a riflettere, attraverso questa rubrica che, a partire da questo numero accompagnerà il lettore quindicinalmente, sulla complessità della tematica, sulla diversità comportamentale che assume, sulla multiforme possibilità di interpretazione e sui numerosi livelli d”espressione in riferimento al punto di osservazione che assumiamo.
Tale situazione che, invero oggi si manifesta in modo variegato e fortemente evidente, affonda le sue radici nel complesso terreno di base del pirandelliano conflitto tra nuove e vecchie generazioni sul quale hanno, però, agito con virulenza una serie di aspettative socio-relazionali complesse per lo più disattese o improponibili in un ambito già delicato di per sè e compromesso da una serie di inefficienze e tali da richiedere oggi un intervento radicale di diversa attenzione e di più generale e complessa ramificazione sociale.
È facile , naturalmente, a questo punto rifugiarsi nel solito ben noto angolo dell” abusato ricorrere all”attuale assenza dei valori “di una volta”, esaltando il ruolo di un moralizzatore esterno che ristabilisca qualcosa che sotto questo profilo forse non c”è mai stato, evitando di affrontare su basi reali la problematica, senza chiamare direttamente in causa i soggetti della catena di distribuzione del bene -istruzione e del bene- formazione del soggetto educando.
Continuiamo spesso, così come la generazione precedente con noi, a sostenere che “il futuro sono loro” e che molto ci aspettiamo da loro in termini di impegno sociale in una realtà che diviene sempre più complessa anche grazie al contributo di nuovi soggetti provenienti da aree etniche polimorfe e portatori di ordini psico-sociali variegati e che richiedono un assetto nuovo, interessante, ma non sempre riconducibile ad una casistica collaudata e sperimentata.
Al contempo, però, con sempre maggiore veemenza, il boomerang torna sul nostro ruolo, e ce lo rammentano i protagonisti di questa nostra indagine, in quanto gli adulti siamo noi e questo mondo, ci dicono, glielo abbiamo consegnato noi così com”è. Pertanto, consapevoli che il nostro adolescente vive un momento in cui la sua personalità è in fieri, che, tuttavia, egli si pone nei nostri confronti su un piano di uguaglianza, ma anche di diversità per la nuova linfa vitale che lo agita facciamo sì che possa superarci e sbalordirci e sosteniamolo in quella che Piaget definisce il “desiderio di trasformare il mondo”. Infatti i piani di vita che esprime sono ricchi di sentimenti esaltanti, altruistici, di fervido misticismo e di messianico egocentrismo orientato alla salvezza dell”umanità.
Si va così definendo il ruolo di chi, da adulto facilitatore e animatore di questa tempestosa e confusa megalomania egocentrica, può e deve porsi come ascoltatore di questi fremiti, può e deve interpretare tempestivamente le richieste di aiuto silenti e non dilazionarle nel tempo per evitare l”aggravarsi di tali difficoltà, può e deve favorire la riorganizzazione positiva del grande entusiasmo proveniente dalla sorgente vitale della nostra società!
L”autrice è docente di materie letterarie presso il Liceo “Mercalli” di Napoli. Ha una lunga esperienza come docente-formatore in corsi le cui tematiche riguardano le Scuole situate in zone a rischio, l”Educazione alla legalità, il lavoro dei docenti impegnati con adolescenti in condizioni difficili.
È stata docente nel “Progetto Chance” e tutt”ora collabora con il maestro di strada Cesare Moreno, nel quale il progetto si identifica.
Il “Progetto Chance” è un percorso formativo di inclusione sociale che da anni impegna i maestri di strada a recuperare i giovani che evadono l”obbligo scolastico, per offrire una prospettiva di cultura e legalità, alternativa alla violenza e alla sopraffazione.
“LA BORGHESIA CHIEDE ORDINE E DISCIPLINA!”
Antonio Salandra, uno dei leader della destra liberale, nel 1914, succede a Giolitti; il governo dello statista di Dronero, tranne una breve parentesi in cui ha retto le sorti del paese Luigi Luzzati, ha avuto una vita abbastanza lunga.
Salandra si trova, come prima urgenza, a dover fronteggiare lo scontro tra lo Stato e la popolazione nella settimana rossa, un moto sociale e politico simile ad una pericolosa rivoluzione. Egli aveva vietato le manifestazioni antimilitaristiche che si sarebbero potute verificare in occasione delle sfilate per l”anniversario dello statuto albertino.
Ad Ancona, dove era prevista una manifestazione con corteo dei dimostranti, si registrano degli scontri tra coloro che avevano organizzato un comizio per protestare contro le “compagnie di disciplina” (reparti in cui sono sottoposti a dura vita i militari sovversivi) e le forze dell”ordine. Sul suolo restano tre morti e molti feriti. Mussolini sulle colonne dell”Avanti! scrive: “L”eccidio di Ancona è stato un assassinio premeditato”. È la squilla per la rivolta popolare. La protesta si allarga subito a molte città. A Roma una folla inferocita tenta di assaltare il palazzo del Quirinale; in Emilia Romagna si paralizza il traffico ferroviario; a Napoli e Bari si contano altri morti. Milano, Firenze, Genova e Torino insorgono in armi. I borghesi chiedono allo Stato di intervenire con forza.
Oltre 100.000 soldati sono inviati sulle piazze più calde; i socialisti ed i repubblicani sperano di provocare la caduta del governo Salandra; i giornali non arrivano nelle edicole per lo sciopero dei distributori; addirittura circolano voci che il re è in fuga e che si è insediato un governo del popolo. Rinaldo Rigola, leader della Camera del Lavoro, chiede ai suoi iscritti di cessare gli scioperi. Continuano poche schermaglie; poi, la situazione torna sotto controllo. La settimana rossa, la più grande agitazione di popolo avvenuta in Italia, si esaurisce. Il drammatico bilancio è di 16 morti e 660 feriti tra gli scioperanti; un morto e 400 feriti tra le forze dell”ordine.
Si è alla vigilia della prima guerra mondiale e l”Italia è un paese in crescita e in movimento. La popolazione, nel 1913, è di 36 milioni di abitanti. Un dato, però, è spaventoso: oltre 11 milioni di persone, di età superiore ai 6 anni, sono analfabeti!
La vita media dell”uomo è cresciuta e ciò grazie alle migliorate condizioni igienico-sanitarie. Il chinino argina la malaria ed i malarici scendono, in pochi anni, dal 31% al 2% della popolazione.
I 6 milioni di emigrati, se costituiscono una vergogna dal punto di vista del sentimento nazionale, contribuiscono, tuttavia, con i loro risparmi –le rimesse– a far lievitare l”economia del paese. Ogni anno circola –grazie appunto alle rimesse inviate in patria- oltre mezzo miliardo di lire (circa 200 milioni di euro dei nostri giorni).
L”industria fa passi da gigante nel settore siderurgico, meccanico, chimico e farmaceutico. Con il neo dell”esclusione del meridione e delle isole e con la conseguente economia differenziata tra nord e sud. Gli altiforni a coke trasformano in ghisa e in profilati i materiali ferrosi dell”isola d”Elba. Si ampliano gli stabilimenti esistenti e se ne creano anche di nuovi. I complessi produttivi della FIAT e dell”Ansaldo si impongono a livello delle migliori imprese europee. L”industria elettrica sostituisce l”uso del vapore; nascono la Società Alta Italia e la Società Idroelettrica Piemontese (SIP), la Edison e la Meridionale.
La regione più progredita e ricca di industrie è la Lombardia: da sola assorbe più del 25% dell”intero apparato industriale. Subito segue il Piemonte e, poi, altre regioni del nord. L”unica regione meridionale presente è la Campania col suo centro siderurgico di Bagnoli.