Somma Vesuviana, quando nel 1684 il viceré di Napoli venne a Somma nel palazzo Orsino

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Palazzo Orsino - Colletta

Il 14 maggio del 1684, il viceré di Napoli, Gaspar Méndez de Haro y Guzmán, settimo marchese di El Carpio, quarto duca di Olivares (Napoli, 1629– Napoli, 1687), arrivò a Somma, ospite del dottor Giacinto Orsino al Casamale nella lussuosa residenza di fronte alla Collegiata, dopo tre altri appuntamenti antecedenti che erano andati a vuoto.

 

 

Gaspar de Haro, viceré dal 1683 al 1687, era anche un rinomato collezionista d’arte. Nella sua azione di governo, importantissima fu la repressione del banditismo, condotta con mano ferma e senza concessioni ai grandi aristocratici, protettori dei numerosi malviventi. Importantissima fu, poi, la riforma monetaria, attuata senza appoggi da parte di Madrid che anzi, nel periodo considerato, intensificò la pressione fiscale sul Regno. Il marchese, inoltre, fece sì che Napoli divenisse scenario di spettacoli ed iniziative culturali ai più diversi livelli [cit. Roma moderna e contemporanea, XV, 2007, 1-3, pp 187- 253, 2008, Università Roma Tre – Croma].

Gaspar Méndez de Haro y Guzmán

Giacinto Orsino, utroque jure, era figlio del capitano d. Giuseppe e di d. Maddalena Bottigliera. Distinto letterato, già a quindici anni diede alle stampe la Vita di San Casimiro, Re di Polonia. Sposò in prime nozze D. Agnese Cesarana e, in seconde, D. Teresa Caputa. Il 31 luglio del 1674 ereditò dal padre il feudo denominato Piano delli Mazzei nelle pertinenze di Ottajano e Somma. Fu una persona splendida e giusta, molto amico di cavalieri, ministri e tanti viceré, tra cui ricordiamo d. Pietro Antonio d’ Aragona, il marchese d. Fernando Joaquin Fajardo de Los Valez e, come vedremo, del marchese d. Gaspar Mendez de Haro. Tra i suoi beni la lussuosa casa palaziata di fronte alla Collegiata al Casamale, insieme al giardino con vaghissime fontane [D. Maione, pag. 48]. Il dott. Domenico Russo, dopo aver consultato Nicolò d’Albasio [Memorie di scritture e ragioni, in Napoli, per F. Benzi, 1696, pag. 31] afferma che il sontuoso palazzo – costruito su una antica villa romana, appartenuta a L. Cantinius Rufus – era ubicato su una partita di massaria accosto le mura di Somma, venduta da Madama Francesca di Costanzo a Leonardo Orsino nel 1534. Il possedimento, continua Russo, passò successivamente ai Figliola e, tramite Orsola Figliola, al marito Donato Colletta, fratello del famoso storico e generale Pietro Colletta (1775 – 1831). Dai Colletta, infine, passò alla famiglia Papa, in virtù del matrimonio tra d. Pietro Papa e d. Luisa Colletta di Donato.

Palazzo Orsino – Colletta (Disegno R. D’Avino)

L’arrivo di Sua Eccellenza nella Terra di Somma fu preceduto dalla venuta in città dei nobili signori d. Nicolas Fernandez de Cordoba (1626 – 1693) y Ponce de León, generale delle galee di Napoli, da d. Giovanni Andrea Mariano Doria Del Carretto (1660 – 1742), duca di Tursi, e dal governatore generale delle galee di Spagna, i quali erano stati invitati da Sua Eccellenza non solo a ricevere i suoi ordini, ma ad avviarsi a Somma.  I detti tre signori – insieme col Presidente della Camera della Sommaria, lo spagnolo don Nicolas Gascone, y Altava, uomo molto influente nell’ambiente napoletano, che aveva ben mediato e organizzato il convitto – si incamminarono verso Somma. Dopo due ore, Sua Eccellenza partì e arrivò finalmente alle ore 17 nella splendida e lussuosa residenza del dottor Giacinto Orsino nel quartiere murato. Dopo aver, in primo luogo, visitato il giardino con alcuni giochi di fontane, volle entrare anche nel cellaro, dove erano collocati altri giochi d’acqua, che suscitarono nel viceré così tanta ammirazione da rimanere stupito. Uscito, salì nella splendida sala nella quale stava imbandita una sontuosa tavola, situata vicino ad una altra fontana, abbellita da diversi fiori e altre galanterie [Domenico Conforto, I Giornali di Napoli, dal MDCLXXIX al MDCXCI, a cura di Nicola Nicolini, vol. l, Napoli presso Lubrano, MCMXXX, pp. 115 – 116, per gentile concessione del prof. Luigi Iroso].

Portale d’ingresso al Palazzo Orsino

Avendo Sua Eccellenza visto la sedia, preparata appositamente per lui in capo alla tavola, più grande e ricca delle altre, ordinò subito che fosse tolta via, volendo sedersi come gli altri. Nell’entrare, comunque, il viceré fu accolto da un bel concerto di musici, che per l’occasione intonarono alcune canzonette composte in sua lode, seguitando a cantare o soli o in concerto. Il pranzo, che fu lautissimo e degno di cotali personaggi, durò molto. Sedettero a tavola: Sua Eccellenza Del Carpio; i suddetti tre signori generali con due loro nipoti; il presidente Gascone; il consigliere castigliano del Sacro Consiglio don Giuseppe de Ledesma; don Matteo di Roa e l’abate Baldini, uomini favoriti di Sua Eccellenza; il maggiordomo; il cavallerizzo e tre paggi; per ultimo, il muto buffone di palazzo. Al quest’ultimo toccarono molte burle, come, fra l’altro, gli tinsero tutta la faccia, biancheggiandola di ricotta per mano del generale delle galee di Spagna: il che mantenne in gusto Sua Eccellenza e tutti. Il mangiare fu, come s’è detto, lautissimo e a soddisfazione del viceré, il quale, benché fosse equilibrato nel mangiare, assaggiò con molta voglia ogni vivanda presentata al suo cospetto. Finito il pranzo, Sua Eccellenza volle riposarsi, come in effetti si riposò per lo spazio di un’ora in un letto galante, con cortine di damasco – cremesino, con ricamo di seta agli estremi, situato in una stanza assai bene addobbata. Più tardi, svegliatosi, gli fu richiesto se avesse voluto assistere ad una commedia, e, avendo risposto di sì, fu condotto in un’altra sala, dove stava apparecchiata la scena.

La commedia riuscì molto bene, essendo stata rappresentata da alcune persone di condizione civile, ognuno dei quali eseguì la sua parte squisitamente, tantoché che Sua Eccellenza non poté altro che commentarla positivamente e di gridare: – Viva! – viva! – La commedia si concluse alle 23 di sera. Sua Eccellenza scese in cortile, nel quale, essendo arrivate per la curiosità quasi tutte le genti della terra, il signorotto don Giacinto, in segno d’allegrezza per la presenza ricevuta da Sua Eccellenza, buttò al popolo presente molte monete d’argento. Un atto, questo, che Sua Eccellenza mostrò di gradire enormemente; alla fine un lungo abbraccio suggellò la partenza del viceré, che promise un suo ritorno al dottor Giacinto Orsino durante la produzione dei buoni e succulenti frutti stagionali. All’epoca, alcune male lingue raccontarono che questo convitto, organizzato dal dottor Orsino, fosse stato fatto in relazione ad una sua grandissima ambizione di ottenere una toga da Sua Eccellenza, ma che purtroppo non andò a buon fine, perdendoci così anche la spesa. Certamente non fu questa la ragione, poiché già in passato il viceré d. Fernando Joaquin Fajardo de Los Valez gli aveva conferito la toga di giudice della Vicaria, ma d. Giacinto l’aveva rifiutata.