Somma Vesuviana, lo stato di abbandono della storica cappella funeraria Casaburi

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La splendida cappella funeraria – appartenuta all’ insigne Presidente della Corte d’Appello, Comm. Vincenzo Casaburi – versa attualmente in un desolante e fatiscente stato di abbandono nel cimitero cittadino. Nell’osservare l’indecoroso spettacolo, ci si domanda come mai un’opera funeraria così importante, che racchiude il perenne ricordo di un determinato uomo, sia caduta nel dimenticatoio.

 

Il Comm. Vincenzo Maria Francesco Casaburi nacque a Salerno in strada Annunziata il 28 ottobre del 1840 da Francesco, di condizione legale, e dalla nobildonna Emanuela Adinolfi (Stato Civile Salerno, atto di nascita n°412/1840). Fu battezzato il giorno seguente nella Chiesa di Santa Trofimena nel centro storico. Non è un caso che a Salerno il cognome Casaburi è tra i 100 cognomi più frequenti. Secondo il glottologo Emidio De Felice (1918 – 1993) si tratta di un cognome composto da ‘casa’ e da un riflesso del latino burius ‘buio’, quindi ‘casa scura’ o del nome personale Budrio quindi casa di BudrioIl 24 marzo del 1870, Vincenzo Casaburi sposò in prime nozze la nobildonna sommese Maria Carolina Pellegrino (nata nel 1845), figlia del proprietario Giuseppe e Rosa Castaldo. Dal matrimonio nacquero: Livia (1873 – 1936, nubile); Francesco (1880 – 1942), avvocato e pretore; Angela (1882 – 1960), sposata con il Prefetto Comm. Luigi Cambiaggio; Mario, morto prematuramente il 7 agosto 1885. Dopo la morte di Maria Carolina, il Comm. Casaburi sposò in seconde nozze a Napoli (sezione Montecalvario), il 12 novembre 1888, Virginia Maria Carmela Pellegrino (1862 – 1923), figlia del possidente Michele, cugino della defunta prima moglie, e di donna Giovanna Saggese (Stato Civile Somma, atto di nascita n°174/1845).

La vita dell’avvocato salernitano fu un crescendo di successi professionali nel campo della magistratura: nel 1876, infatti, fu procuratore del Re presso il Tribunale civile e correzionale d’Isernia, incaricato delle funzioni di segretario della Procura generale presso la Corte d’Appello di Napoli, richiamato al suo posto di Procuratore del re presso il Tribunale d’ Isernia (R.D. 28 dicembre 1876); nel 1885, fu consigliere della Corte d’Appello di Trani e applicato alla Corte di Appello di Roma (R.D. 26 novembre 1885); consigliere della Corte di Cassazione di Roma (1887); consigliere della Corte di Appello di Roma (D.M. 3 gennaio 1889); Procuratore generale presso la Corte di Appello di Messina; Presidente della Corte di Appello di Catania; Presidente, infine, della Corte di Appello dell’ Aquila (1903 – 1907). Il 2 luglio del 1907, fu collocato a riposo a domanda avanzata di età e anzianità di servizio.

Palazzo Casaburi in via Canonico Feola

Quella che fu la sua residenza (casina) sommese si erge, attualmente, nel rione Margarita, uno dei tre antichi quartieri della città di Somma. Appartenuto al Monastero dell’Egiziaca di Napoli, il palazzo aveva accanto due formidabili vigneti nel 1799, con un’ estensione di circa 18 moggia, affittati e tenuti dagli Annunziata alias quaglia (L. Marchese, Pianta di Somma, 1799 -1800, Museo di Capua). A conferma, all’interno del palazzo, proprio sul fondale, si staglia una maiolica pittorica cm 25 x 25 del 1792, raffigurante la Comunione di Santa Egiziaca (cit. A. Bove in Summana). Il giardino accanto, invece, di circa 1/6 di moggia, appartenne nel 1799 al colono d. Andrea Piacente. Nel 1899, il magistrato è annoverato tra i nobili villeggianti sommesi, che contribuirono alla buona riuscita della prima edizione della Piedigrotta a Somma. Nel 1901, ancora, il suo nome è certificato nell’elenco degli elettori inscritti nella Lista Elettorale Amministrativa.

Stemma Casaburi (per gentile concessione Avv. Nicola Pesacane)

La cittadina sommese, tra la fine dell’ Ottocento e l’inizio del Novecento, era circondata da campi e giardini e presentava un incantevole panorama agreste in cui si respirava un’aria profumata e salubre. Era la bella e perfetta copia della città di oggi. La villeggiatura autunnale nelle campagne sommesi aveva raggiunto notevoli momenti di splendore proprio in quel periodo; vi era l’eletta colonia dei nobili villeggianti sia di Napoli sia delle zone circostanti. Molti gran signori – ricorda il compianto storico Giorgio Cocozza – fissarono la loro dimora estiva a Somma, ove, dopo le cure balneari nelle diverse cittadine del nostro meraviglioso golfo, trascorrevano anche i mesi più caldi dell’anno. Così tra duchi, marchesi, baroni e personaggi illustri, che componevano l’allegra brigata in cerca di svago tranquillo, era inserita anche la famiglia Casaburi con la propria residenza. Dopo la morte del comm. Casaburi – avvenuta il 2 ottobre del 1910 a Resina (Ercolano) – la splendida proprietà passò dapprima alla figlia Angela e, successivamente, alla nipote aquilana Maria Relleva, come afferma la signora Angela D’Avino alias sebione del rione Margherita. I Relleva erano apparentati con i Casaburi in quanto l’avvocato aquilano Nicola Relleva sposò la partenopea Rosa Casaburi, forse sorella del commendatore. Ultimo acquirente, in ordine di importanza, fu il notaio Pietro Rosanova. Nel 1935, la commissione toponomastica cittadina, propose di intitolare Largo Margherita, la piazzetta attuale, all’emerito magistrato. La proposta, comunque, non si concretizzò come tante altre.

Intanto, a partire dal 1868, si era sviluppata in città anche la nobile edilizia funeraria. Via via – continua Giorgio Cocozza – cresceva nel cimitero cittadino lungo il muro di cinta, il numero di cappelle private su richiesta di personaggi di rilievo. Tra i nobili cittadini, il primo a chiedere di costruire una cappella familiare fu d. Luigi Vitolo. Altre cappelle, come quella fatta costruire dal comm. Casaburi, vennero erette dai privati cittadini, secondo i progetti stabiliti dalle autorità competenti. In quel periodo, le famiglie più illustri della città onoravano la memoria dei propri defunti, facendo realizzare opere di alto valore storico – artistico. La cappella, esempio di architettura neogotica, fu realizzata presumibilmente tra il 1885 (data di morte Mario Casaburi, che fu inumato nella cappella di Giuseppe Pellegrino) e il 1910 (data di morte del comm. Casaburi, sepolto nella sua cappella).

Foto anni ’90 del Novecento

Con un prospetto a capanna, la facciata – spiega l’architetto Antonino Pardosi caratterizza per la presenza di una cornice sommitale con una sequenza di archetti pensili a tutto sesto su peducci che corrono sull’intera facciata. Il corpo, contraddistinto da elementi in laterizio, presenta una croce celtica e incornicia un ingresso, il cui portale di accesso reca un arco a tutto sesto sostenuto da due colonne con capitelli floreali e un dipinto della Mater Dolorosa con l’abito color celeste, una delle tonalità che a Lei si attribuisce. La cappella seguì le vicende ereditarie familiari: riparata nel 1975, fu ceduta dagli eredi al Municipio di Somma e acquisita con delibera di G.M. n°385/93. Attualmente, versa in un desolante e fatiscente stato di abbandono. Sarebbe ora che l’attuale Amministrazione cittadina, trattandosi di una cappella di alto valore storico – testimoniale per la comunità, non solo chiedesse alla Soprintendenza il suo riutilizzo, ma desse alla struttura anche una degna sistemazione. I resti del comm. Casaburi, comunque, riposano – insieme a quelli delle due mogli, dei figli, e della cognata Adelaide Pellegrino in Lenci – in un aggrovigliato e deplorevole ambiente, dove non si può nemmeno entrare.

foto anni ’90 del Novecento

Il camposanto di Somma non è solo un luogo di morte, ma anche un luogo di arte e di storia, dove ognuno dovrebbe riflettere su quella grande moltitudine di personaggi, che hanno legato la propria vita alle vicende storiche della nostra città.