Che dire delle nuove norme della valutazione scolastica nella scuola primaria (L.150/2024)? Ci sarebbe da ridere se la scuola non fosse una cosa seria e non dovesse essere ritenuta il cuore di uno Stato democratico. Tutta la vita di un paese dipende dal modo con cui si gestisce l’apprendimento, e in effetti i risultati non soddisfacenti che otteniamo sono lo specchio della decadenza della nostra società. Ora questo ritorno ai giudizi sintetici (sufficiente, buono ecc.), che non hanno niente a che vedere con Kant, sono però indici di una visione nichilista che la scuola e gli insegnanti non meritano.
Provo sinteticamente, per quanto un breve articolo me lo consente, ad elencare i motivi per cui ritengo negativa questa nuova uscita del Ministero.
Primo. La valutazione ha a che fare con l’apprendimento non solo perché lo inquadra in un sistema, ma perché lo sviluppa ed è essa stessa apprendimento. Questo lo si può fare con i giudizi sintetici?
Secondo. La valutazione non è un giudizio. Il giudizio è del giudice; la valutazione descrive lo stato di un processo, ne indica i punti di forza e di debolezza. È difficile che questo possa avvenire apponendo un aggettivo al nome dell’alunno.
Terzo. La valutazione deve poter orientare l’allievo, dirgli cosa è opportuno che faccia, come aggiustare il tiro e guardare al futuro. Quale orientamento possono offrire i giudizi sintetici?
Quarto. La valutazione è un processo cooperativo, che inizia dall’allievo e si apre al docente e ai compagni di classe. Il giudizio, invece, pone le basi per una gara a chi sale sul podio.
Quinto. Il giudizio è una “x” su un prodotto. La valutazione è cura di un cammino e lo custodisce, è narrazione.
Sesto. Cosa c’è dietro al sufficiente? Spesso i criteri per i giudizi variano da scuola a scuola e qualche volta da classe a classe, rischiando di rendere soggettivo l’approccio. Non dovrebbe succedere, ma succede se basta un insufficiente per bollare un alunno. Si dovrebbero fissare criteri territorio per territorio, ma chi lo fa?
Settimo. La valutazione è circolare, il giudizio è lineare. Valutare vuol dire centrare l’attenzione sull’allievo e non sul risultato dell’attività, verificare se l’apprendimento è stato umanizzante. Coinvolge la stessa operatività dell’insegnante, nel senso che anch’egli svolge un cammino autovalutativo.
Ottavo. La valutazione fornisce all’alunno gli strumenti per individuare le sue caratteristiche cognitive, per intervenire, pianificare, controllare il suo apprendimento: si chiama metacognizione valutativa, didattica dell’errore, ed è diffusa dappertutto tranne che da noi.
Gli altri centotrenta motivi, che dimostrano come sia sbagliato adottare i giudizi sintetici, ve li risparmio. Del resto, so bene che per molti, compreso una buona parte dei genitori, mettere un bel timbro sui risultati del bambino è proprio rilassante e senza problemi. Le gare cominciano da subito e sono il segreto del successo. Anche quello formativo.