POLITICA, CAMORRA, IMPRESE

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Sono i tre elementi di una tenaglia che sta schiacciando ogni forma di crescita possibile dei nostri territori. L”omicidio di Castellammare ne ha svelato i rapporti e l”obiettivo comune: i fondi pubblici. Di Amato Lamberti

L”uccisione del consigliere comunale Luigi Tommasino a Castellammare di Stabia apre improvvisamente scenari nuovi sui ragionamenti, riguardo alla camorra, che da molti mesi si portavano avanti, un po” a tutti i livelli, da quello degli organi di informazione a quelli della politica e della magistratura. Tutti sembravano ormai convinti che il problema-camorra si riducesse alla lotta contro i gruppi criminali, come i casalesi, che degli affari criminali, come estorsioni e traffico di droga, facevano la loro principale attività e proprio per raggiungere i loro obiettivi avevano messo sotto controllo “militare” il territorio.

Naturalmente la politica, per allontanare da sè gli sguardi e le inchieste, sostenuta anche da molti magistrati e, soprattutto, dalle Forze dell”ordine, spingeva nella direzione di bande criminali isolate ed estranee rispetto alle logiche economiche e politiche del territorio, “corpi estranei” da colpire e sradicare anche con l”aiuto dell”esercito. Qualche autore di successo metteva ulteriori rinforzi alla tesi della autonomia dei gruppi criminali, indicandoli come la nuova faccia del capitalismo aggressivo e vincente proprio perchè violento e criminale. I fatti di Castellammare, qualunque sia l”esito delle indagini giudiziarie, anche se spero che non si fermino ancora una volta all”individuazione degli esecutori materiali e dei mandanti criminali, dimostrano che, per capire la funzione della camorra, e, quindi, le stesse ragioni della sua esistenza, bisogna partire dai fondi pubblici e dalle manovre congiunte, a tenaglia, per gestirle a proprio vantaggio, messe in opera da parte della politica e dell”imprenditoria operanti sul territorio.

L”immagine della tenaglia vuol dire chiaramente che, se politica e imprenditoria sono i bracci della leva, la camorra è il fulcro che li tiene insieme e permette, ad entrambi, di raggiungere i risultati, schiacciare i concorrenti e appropriarsi della gestione dei fondi pubblici. Continuare a credere e a sostenere, come fa l”informazione, che la camorra sta solo nel braccio dell”impresa, fa comodo alla politica, che si erge sempre più spesso a difesa della legalità mentre rivendica la più ampia e incontrollata discrezionalità nella scelta dei progetti, dei partner e delle procedure per affidare i lavori. Senza il braccio della politica i fondi pubblici non sono nè raggiungibili nè utilizzabili: si tratta di una constatazione banale che però dice che la camorra sta in entrambi i bracci della tenaglia per afferrare le opportunità che i fondi pubblici mettono a disposizione.

La camorra è il fulcro che permette ad entrambe di agire all”unisono e per lo stesso scopo. A Castellammare, sulla base delle notizie che filtrano attraverso la stampa, si presentano due possibili scenari, considerato che sono in arrivo centinaia di milioni di euro da investire in opere che interessano sia la politica che l”impresa. Primo scenario: la condizione essenziale è la piena funzionalità dell”amministrazione, che però è in crisi e potrebbe sciogliersi: la camorra interviene per evitare che si vada ad elezioni anticipate; secondo scenario: la condizione essenziale è una nuova amministrazione comunale e un rinnovo del quadro politico; la camorra interviene per accelerare lo scioglimento dell”amministrazione e realizzare una situazione politica più favorevole.

Il problema, in entrambi gli scenari possibili, è chi spinge la camorra ad intervenire, fermo restando che entrambi i bracci della tenaglia sono indispensabili se si vuole afferrare qualcosa. Anche se fosse la camorra a comandare le operazioni, cosa che penso improbabile, comunque avrebbe bisogno, per raggiungere l”obiettivo di mettere in qualche modo le mani sul bottino degli investimenti pubblici, dei due bracci operativi della tenaglia: la politica e l”imprenditoria. Se fosse la camorra a comandare a Castellammare, ciò significa che ha già il pieno e totale controllo del braccio politico e di quello imprenditoriale. Appare più probabile che, a Castellammare, come accade anche altrove, a comandare siano la politica e l”imprenditoria, in stretta connessione tra loro ed, entrambe, “infiltrate” dalla camorra, usata anche come strumento mercenario per il raggiungimento degli obiettivi, i fondi pubblici.

Se si vuole spezzare questa connessione perversa che strozza la crescita e lo sviluppo del territorio, bisogna smontare la tenaglia, colpire tutti e tre i livelli, disarticolarne i rapporti: ma questo non può essere solo compito della magistratura; è tutta la “società civile” che deve promuovere un cambiamento reale e profondo del modo di fare politica e del modo di fare impresa, in un territorio segnato nel profondo da comportamenti e mentalità che possono ben essere definiti camorristici.
In altre parole: oltre al “fare” camorrista, va abbandonato anche il “pensare” camorrista.

CITTÁ AL SETACCIO

LA CHIESA NELLA STORIA DEL “900

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Durante il periodo storico che stiamo approfondendo, la Chiesa ha seguito diverse “linee politiche”: dalla fede semplice al solidarismo cristiano, dedicando molta attenzione ai problemi del mondo del lavoro.
di Ciro Raia


Anche la Chiesa è segnata da una successione di papi. Il 20 luglio del 1903, infatti, a 94 anni, muore il papa Leone XIII (cardinale Vincenzo Gioacchino dei Conti Pecci). La sua continua attenzione ai problemi del mondo del lavoro (Enciclica Rerum novarum, 1891) gli ha fatto conquistare l”appellativo di papa sociale. Leone XIII è stato l”interprete dell”impegno cattolico a vantaggio dei lavoratori; è stato il pugnace assertore di umane condizioni di lavoro nei campi e nelle fabbriche, in nome del solidarismo cristiano; è stato sempre pronto a migliorare le relazioni con gli stati europei. Leone XIII è stato anche il papa aperto alle innovazioni scientifiche; poco prima di morire, infatti, ha inciso su un fonografo l”apostolica benedizione.

A Leone XIII succede il cardinale Giuseppe Melchiorre Sarto, che, eletto il 4 agosto 1903, sceglie di chiamarsi col nome di Pio X. Si apre una nuova politica per la Chiesa. Si ritorna, infatti, al papato religioso, alla fede semplice. Con Pio X, che si distingue per le sue virtù morali praticate al limite dell”eroismo, si incentiva l”istituzione dei seminari regionali: costituiscono un baluardo al progresso delle idee e servono a formare le avanguardie della nuova fede. È Pio X che raccomanda la comunione quotidiana e che permette la prima comunione ai bambini, a partire dal settimo anno. Il papato di Pio X dura 11 anni, fino al 20 agosto 1914, giorno in cui papa Sarto muore.

In tempo, in ogni caso, per assistere alla tragedia di una guerra, che si sta combattendo sul fronte europeo. Inutile dire che il pontefice è addoloratissimo per quanto sta accadendo; in un colloquio con un porporato dice: “Preghi il Signore affinchè sia così buono da togliermi presto da questo calvario”.
In un tempestoso conclave –tenutosi nel mese di settembre dello stesso anno 1914- in cui emergono due cardinali moderati (Maffi di Pisa e della Chiesa di Bologna), è eletto papa il cardinale Giacomo della Chiesa, che sceglie di chiamarsi Benedetto XV. Il nuovo pontefice, dalla mente sveglia e aperta, conferma subito la sua fedeltà alla linea politica di Leone XIII.

LA STORIA DEL “900

LA CAMORRA NELLE ASL

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I miliardi gestiti dalle ASL sono appetiti dalla camorra, ovvio. L”ASL NA 4, addirittura, è stata sciolta per infiltrazioni camorristiche. Gli amministratori, invece, ne sono usciti lindi e pinti:
di Amato Lamberti

Il “forziere” della camorra, in Campania, oltre ai Comuni, sono le ASL. Finora ne è stata sciolta, con decreto del Presidente della Repubblica, per pesanti e continuate infiltrazioni camorriste, solo una, caso unico in Italia, la ASL NA 4 con sede direzionale in Pomigliano d”Arco, ma che serve la popolazione di 35 Comuni compresi nell”area nolana, nell”area vesuviana e nell”area acerrano-pomiglianese, con un bacino d”utenza di circa 500.000 abitanti.

Si tratta di un territorio, come ampiamente esposto nella relazione ispettiva e documentato in numerosi atti giudiziari, caratterizzato dalla presenza di potenti clan camorristici dediti al controllo delle attività imprenditoriali e, soprattutto, alla gestione delle risorse pubbliche attraverso una vera e propria occupazione delle Amministrazioni locali, dal livello impiegatizio a quello dirigenziale, soprattutto per quanto riguarda gli Uffici Tecnici, fino al livello politico e amministrativo, attraverso pesanti condizionamenti dell”elettorato e dei Partiti politici. Nel territorio di competenza della ASL NA 4, sono stati sciolti, qualcuno più volte, per esteso e diffuso condizionamento da parte delle organizzazioni criminali, i Comuni: di Acerra, Pomigliano d”Arco, Nola, Volla, Ottaviano, San Gennaro Vesuviano, San Paolo Belsito, Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Poggiomarino, Casamarciano, Liveri.

Dodici Comuni, praticamente i più importanti, che gestiscono complessivamente qualche miliardo di euro in appalti esterni e spese di funzionamento ordinario, oltre a migliaia di dipendenti, incarichi e consulenze. Anche la ASL NA 4 gestisce appalti edilizi e di servizio per qualche miliardo di euro, oltre a migliaia di dipendenti, incarichi e consulenze.
“Gli elementi riscontrati in sede di accesso –recita il decreto di scioglimento- evidenziano la persistente capacità della criminalità organizzata di tessere rapporti in settori vitali della società civile, per distrarre a proprio profitto, anche per il tramite di ditte concessionarie degli appalti, ingenti somme destinate ad interventi di pubblica utilità”.

Per fare solo alcuni esempi, la commissione accerta che: il servizio “centro unico di prenotazione” è, in maniera continuativa, affidato ad una cooperativa tra i cui componenti figurano soggetti collegati a clan criminali; il servizio di pulizia degli immobili della ASL è affidato ad una ditta, la Gesap, che fa capo alla famiglia Napolitano, di cui è stata accertata la contiguità con il clan Alfieri; l”affidamento dei servizi informatizzati, disposto a trattativa privata limitata a due cooperative, alla Easy Service, tra i cui soci risultano Lucio D”Avino, Vincenzo Filosa e la nipote di “Dominic”, alias Domenico Cennamo, tutti collegati ai clan camorristici D”Avino, Cennamo e Alfieri; l”affidamento del servizio di trasporto dei rifiuti ospedalieri ad una ditta, Langella di Cercola, il cui amministratore unico è gravato da numerosi precedenti penali per reati contro l”ambiente e viene ritenuto contiguo a un clan criminale.

La ditta che si è aggiudicata la gara per la fornitura dei pasti, la “All Service” di Arzano, era gravata da interdittiva antimafia, come pure quella successivamente subentrata, la M&C; gli appalti di manutenzione ordinaria e straordinaria sono generalmente affidati direttamente, senza gara, anche per importi di notevole entità, in deroga ad ogni disposizione in materia di appalti pubblici. Praticamente, come si può ben vedere, tutte le attività economiche dell”Ente sono gestite dalla camorra. E per stare, evidentemente, più tranquilli, gli amministratori hanno pensato bene di affidare anche la sorveglianza alla camorra: l”istituto di vigilanza “Il Gatto” risulta, per i commissari, gestito da esponenti del clan Galasso; l”International Security Service e la sua costola l”Oplonti, di proprietà di persona inquisita per camorra e indicato da un pentito come vicino al clan Autorino.

Sugli amministratori le indagini non sono mai andate avanti nonostante che la commissione di accesso, utilizzando anche rapporti dei carabinieri, avesse individuato contiguità e parentele con esponenti di primo piano dei clan criminali. Molti dirigenti e funzionari risultano, inoltre, proprietari di case di cura private, sovvenzionate senza controlli da parte della stessa ASL, delle quali sono azionisti, quando non proprietari occulti gli stessi capi dei clan malavitosi. Ma l”ASL NA 4 non è un caso anomalo. Anche per l”ASL NA 5 era stato proposto l”avvio della procedura di scioglimento, ma le forze politiche interessate hanno fatto muro e hanno ottenuto che non si avviasse il procedimento. La stessa ASL NA 1, la più grande e indebitata d”Italia, è finita più volte in indagini della magistratura per appalti a ditte collegate a clan criminali.

Ma la politica, e in particolare alcuni partiti, non hanno nessuna intenzione di fare chiarezza. Troppi gli interessi in gioco, troppe le complicità e le connivenze della politica con i clan criminali, che intanto continuano tranquillamente a mungere le vacche sacre delle risorse pubbliche che sono le ASL e i Comuni. Con buona pace dei cittadini chiamati a risanare la voragine del debito sanitario che intanto continua ad ingrassare i clan criminali e i loro sodali, politici e amministratori pubblici.

STORIA DEL “900. IL TERREMOTO DI MESSINA

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L”Italia del tempo, mentre cerca un profilo di sviluppo, deve fare i conti con gli eventi naturali. Da Messina in poi, però, prevalgono burocrazia e miopia politica. Di Ciro Raia Un catastrofico evento segna l”Italia dei primi anni del secolo. All”alba del 28 dicembre 1908, infatti, le città di Messina e Reggio Calabria sono danneggiate da una forte scossa tellurica. Le terre che limitano lo stretto di Sicilia tremano per 37 interminabili secondi, quindi, un pauroso maremoto –con onde alte tra i 6 ed i 12 metri-schiaffeggia le coste calabro-sicule. Messina è interamente rasa al suolo; Reggio ed i centri limitrofi riportano danni ingentissimi. Circa 80.000 sono i morti messinesi; 40.000, invece, sono quelli della costa calabra. E, poi, innumerevoli feriti, paesaggi cancellati, strade interrotte, danni materiali catastrofici, che, in un colpo, cancellano la memoria storica di tutta una popolazione.

La poetessa Ada Negri, con pochi e toccanti versi, esorta la popolazione ad aiutare i superstiti: “Fratelli in Cristo destatevi dal sonno andate a soccorso con zappe e leve con pane e vesti./ Nelle lontane terre dell”arsa Calabria crollano ponti e città i fiumi arretrano il corso sotto le case/ travolte le creature sepolte vivono ancora chissà./ Batte la campana a storno./ Pietà fratelli, pietà”.

Scatta una grande gara di solidarietà. Il re e la regina Elena si recano sui luoghi del sisma; navi russe, francesi, tedesche, greche, spagnole e di altre nazionalità raggiungono le sponde martoriate, portano i primi aiuti e dispongono che i propri equipaggi siano i coordinatori degli aiuti.
Il governo italiano, presieduto da Giolitti, decreta nuove tasse da destinare alla ricostruzione dei luoghi distrutti dallo tsunami. Il Senato, da parte sua, vara un progetto di legge a favore di Messina e di Reggio. Non mancano, però, le critiche. Molti giornali, infatti, criticano l”inasprimento delle imposte e ricordano che, in precedenti ed analoghe situazioni, il governo ha male amministrato i fondi raccolti per aiutare le popolazioni colpite da calamità naturali.

Molti attacchi, poi, sono rivolti alla Marina italiana colpevole di non essere stata pronta negli aiuti e di essere arrivata molto dopo le squadre navali degli altri paesi.
Comincia una lenta opera di ricostruzione. Molti sono del parere che specialmente la città di Messina debba essere ricostruita da altra parte ma gli abitanti sopravvissuti si ribellano. Allora, demolite le case pericolanti, per far fronte ai bisogni più immediati, si dà luogo alla costruzione di baracche di legno in cui sono ospitate intere famiglie. Le lungaggini burocratiche, la miopia politica, però, fanno in modo che quelle baracche divengano il segno distintivo (negativo) della mancata ricostruzione.

Molte casupole di legno, infatti, nate per far fronte ad una grave emergenza, sopravviveranno negli anni, sfideranno l”ingiuria di altre calamità naturali e delle conseguenze della seconda guerra mondiale ed approderanno sino alla soglia del terzo millennio!

COMUNI SCIOLTI PER CAMORRA-2/A TAPPA

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Riprende il viaggio nella politica dell”orrore, gestita da amministratori iscritti nei libri paga della camorra o direttamente eletti dalla malavita, col contributo dei cittadini. Di Amato Lamberti

Nella relazione dell”Alto Commissario per la lotta ai fenomeni mafiosi Afragola viene indicato come uno dei Comuni più condizionato dalla presenza della malavita organizzata all”interno sia della struttura amministrativa che di quella politica. Nel giro di pochi anni è stato per due volte sciolto, dal Presidente della Repubblica, per infiltrazioni mafiose; nel 1999 e nel 2005. Questa situazione, secondo la Commissione parlamentare antimafia, dipende dalla presenza sul territorio di organizzazioni criminali consolidate anche a livello imprenditoriale, oltre che a livello di proprietà immobiliare e di attività commerciale.

Si tratta, quindi, di clan criminali (come quello di Moccia, o dei Pezzella e degli Iodice-Franzese) che, pur continuando a controllare e gestire affari criminali, come il racket a danno di commercianti e imprenditori, sono principalmente interessati ad operazioni economiche e imprenditoriali, come acquisto terreni agricoli da rendere edificabili, costruzione di strade per valorizzare i terreni su cui avviare interventi di costruzione abusiva e di lottizzazione autorizzata in deroga delle norme urbanistiche, varianti urbanistiche per trasformare fabbricati esistenti o per realizzare nuovi impianti per la grande distribuzione. Per realizzare questi obiettivi hanno assoluto bisogno del controllo totale delle pubbliche amministrazioni locali e di collegamenti e connivenze a livelli politici più elevati.

Nel decreto di scioglimento del 1999 si legge: “il comune di Afragola risulta caratterizzato dalla penetrante presenza di un sodalizio criminoso, risultato dominante al termine di un conflitto di famiglie per la ripartizione territoriale, che gestisce direttamente traffici illeciti di rilevante importanza e grandi appalti pubblici:la componente camorrista è presente nell”ente attraverso una fitta e intricata rete di relazioni, amicizie e frequentazioni con alcuni amministratori, i quali ne assecondano le scelte e le strumentalizzazioni”.
I settori, in cui emergevano all”epoca i più forti intrecci tra gli interessi affaristici degli amministratori e quelli delle imprese e dei soggetti organici alle organizzazioni criminali, erano quelli degli appalti di servizi e di lavori pubblici.

Nel decreto di scioglimento si fa esplicito riferimento all”appalto per la gestione del servizio di nettezza urbana, ” la cui ditta aggiudicataria, come risulta dagli accertamenti condotti dai competenti organi, non sarebbe scevra di ingerenze del predominante clan malavitoso. ” Ma a fare affari non erano solo i malavitosi perchè al titolare, dal 1988, del servizio di nettezza urbana, è stata riconosciuta, con atto transattivo, una revisione prezzi di valore sensibilmente superiore alla cifra richiesta: il che lascia presumere una cointeressenza degli stessi amministratori firmatari dell”atto.

Anche le gare per l”affidamento del servizio per la pulizia degli uffici e delle strutture sportive comunali, come quello per il servizio di vigilanza degli edifici pubblici sono stati costruiti in modo tale da limitare la partecipazione alle gare e favorire le imprese direttamente collegate, secondo le informative dei carabinieri, alla camorra locale. Nel 2005, gli amministratori sono praticamente gli stessi mandati a casa nel 1999 perchè sospetti di collusioni con la camorra. Il sindaco è stato oggetto di indagini per abusi d”ufficio connessi agli atti relativi alla realizzazione del nuovo ospedale: in pratica, si legge nella relazione, “della rivalutazione delle aree limitrofe venivano a beneficiare un congiunto dell”amministratore e un esponente apicale del clan camorristico dominante”, alias clan Moccia, gestito dalla vedova Anna Mazza.

Non solo, nella stessa relazione, si prende atto che, “la gran parte dei dipendenti comunali annovera precedenti penali in prevalenza per reati contro il patrimonio e la pubblica amministrazione”: in pratica, sarebbero incompatibili con la posizione occupata. Come si vede, l”intreccio è praticamente inestricabile: gli amministratori sono diretta emanazione o conniventi dei clan camorristi, il personale amministrativo è scelto con modalità clientelari sotto pressione diretta dei clan, le attività amministrative “sono caratterizzate da gravi e palesi profili di illegittimità, strumentali all”adozione di provvedimenti finali incidenti favorevolmente e direttamente nella sfera giuridica di esponenti della criminalità organizzata e di soggetti ad essa contigui”.

Non dimentichiamo che l”unica ASL sciolta, in Italia, per infiltrazioni mafiose, è l”ASL NA4, di cui fa parte anche Afragola. Ma ad essa dedicheremo un capitolo a parte.

CITTÁ AL SETACCIO

STORIA DEL “900. L’ERA DI GIOLITTI

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Lo sviluppo economico e sociale promosso dal primo ministro Giovanni Giolitti, fa il paio con la scarsa attenzione verso il Sud Italia. L”ambigua figura di Depretis.
di Ciro Raia

L”era giolittiana è segnata da molte luci ed altrettante ombre. Innegabili sono i positivi traguardi raggiunti nello sviluppo economico del paese e nel campo delle riforme sociali. Altrettanto innegabili sono gli aspetti negativi, che contraddistinguono la politica di Giolitti.

Un titolo di merito del “ministro della buonavita” –così come il giornalista Giovanni Ansaldo titolerà un suo libro del 1949- è la legge di riforma elettorale, approvata nel 1912. La nuova legge concede il diritto di voto a tutti i cittadini di sesso maschile, con età superiore ai 30 anni, anche se analfabeti. Dal suffragio restano escluse le donne, perchè ritenute, sia dai conservatori che dai socialisti, troppo facilmente influenzabili dalla propaganda clericale. Con la nuova legge ha accesso alle urne il 24% della popolazione italiana, pari a 8.600.000 elettori. Per facilitare l”espressione del voto agli analfabeti, si introducono sulle schede simboli elettorali, che permettono di distinguere i vari partiti.

Per favorire, poi, la partecipazione attiva di tutti i cittadini alla vita politica, anche di quelli di umile estrazione e privi di fortune economiche precostituite, è riconosciuta un“indennità parlamentare a vantaggio degli eletti. Un”altra importante legge è quella che riforma la scuola elementare (1905). Da questo momento lo Stato assume, sottraendole ai Comuni, le spese per le scuole di primo grado; il diritto all”istruzione è assicurato ovunque e non solo nei ricchi comuni del nord.

Gli operai vivono bene, i salari aumentano, nelle case cominciano ad entrare “beni voluttuari” come la bicicletta, il giornale o il libro. La moneta italiana si rafforza tanto da essere preferita, sul mercato internazionale, alle monete d”oro. Le banche fanno ottimi affari. Le opere pubbliche si arricchiscono del traforo del Sempione e dell“acquedotto pugliese. Le entrate dello Stato sono in incremento tanto da avere un bilancio in avanzo. E tutto ciò nonostante si sia dovuto far fronte a spese impreviste causate dall”eruzione del Vesuvio del 1906 e da un drammatico terremoto, che distrugge Messina nel 1908.

Ma, purtroppo, a fronte di un”Italia del nord, che con la FIAT (automobili), la Pirelli (gomma) ed altre industrie si avvicina ai paesi più sviluppati dell”Europa, c”è un meridione povero, senza risorse, arretrato, senza potere. Ed è dal Mezzogiorno d”Italia, con la sua agricoltura povera, che partono migliaia di emigrati; è nel Mezzogiorno d”Italia che l”ignoranza è diffusissima e le organizzazioni politiche e sindacali sono quasi del tutto assenti. Quale terreno più fertile –quello del Mezzogiorno appunto- per consentire a Giolitti di mantenere il controllo politico del paese?

È nel Mezzogiorno, infatti, che il primo ministro ricorre ad una politica clientelare, che promette e minaccia in epoca di elezioni, che si avvale dei prefetti per favorire le liste governative e di altri figuri per ottenere l”elezione di candidati fedeli. E così il “ministro della malavita” –come il meridionalista Salvemini bolla Giolitti in un libro pubblicato nel 1910- corrompe il corpo elettorale, riesce a destreggiarsi tra gli opposti partiti, accontenta liberali e socialisti, agrari e contadini, industriali e braccianti.

E non si discosta molto dal criticatissimo trasformismo di Agostino Depretis, che aveva governato a lungo, solo grazie alle coalizioni politiche di comodo che presiedeva, quelle caratterizzate dalla mancata distinzione tra i partiti di destra e di sinistra, quasi, in sintesi perversa, contro la natura stessa della democrazia, basata, invece, sul confronto dialettico. In pratica Giolitti, con senso pragmatico, mira ad ottenere solo il successo del suo governo, affrontando o scansando i grandi problemi politici e gestionali a seconda anche dei contesti geografici.

Più che mai, infatti, con i suoi governi sopravvivono due paesi, uno al nord ed uno al sud; uno (il nord) pronto a vivere in uno stato democratico, l”altro (il sud) ancora legato alle pratiche clientelari e tribali. Ed in mezzo, lo statista Giolitti col suo governo, che comprende le diverse realtà del paese, che non rischia, che non si impegna nella politica del cambiamento, che impedisce al popolo qualsiasi salto di qualità.

LA RUBRICA

COMUNI SCIOLTI PER CAMORRA-1/A TAPPA

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I decreti di scioglimento dei Comuni per infiltrazioni di camorra, spesso svelano fatti e situazioni tali da inchiodare i politici coinvolti.
di Amato Lamberti

La provincia di Napoli detiene, in Italia, il record di Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Siccome i giornali quotidiani non sentono mai il dovere di pubblicare i decreti, del Presidente della Repubblica, di scioglimento dei Comuni della nostra provincia, ma spesso danno molto più spazio alle rimostranze degli amministratori e dei Sindaci mandati a casa con una accusa gravissima, ho pensato utile pubblicare, in sintesi, questi decreti, un Comune alla volta, anche per invitare i cittadini a riflettere prima di tornare a dare il consenso agli amministratori che, con una faccia di corno, non solo non abbandonano la politica, ma spesso puntano a cariche più elevate.

Così, almeno, i cittadini elettori non potranno dire che non sapevano. Cominciamo da Pompei, perchè sembra quasi incredibile che la città degli Scavi più famosi e visitati del mondo e della Basilica più visitata dai fedeli di tutto il mondo, in Italia, sia così pesantemente condizionata dalla camorra.
Comune di Pompei. 11 settembre 2001. “Il consiglio comunale di Pompei è sciolto per la durata di diciotto mesi. Il consiglio comunale di Pompei (Napoli), rinnovato nelle consultazioni amministrative del 13 giugno 1999 (Sindaco Zito Giovanni Battista, maggioranza di centro-sinistra), presenta forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata che compromettono la libera determinazione e l”imparzialità degli organo elettivi, il buon andamento dell”amministrazione ed il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio per lo stato dell”ordine e della sicurezza pubblica:

Gli accertamenti svolti tanto dalle competenti autorità investigative quanto dalla commissione d”accesso, nel rilevare la sussistenza di forme di condizionamento della criminalità organizzata nell”azione amministrativa dell”ente locale, hanno posto in risalto come, nel tempo, l”uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato nel favorire soggetti collegati direttamente o indirettamente con gli ambienti della cosca locale (Cesarano Vincenzo e Ferdinando). Una fitta ed intricata rete di parentele, affinità, amicizie e frequentazioni, è il tramite che lega taluni amministratori e dipendenti comunali ad esponenti vicini all”organizzazione criminale locale, i quali, in tal modo, riescono ad ingerirsi negli affari dell”ente, strumentalizzandone le scelte e sottomettendole ai propri interessi:

L”esistenza di un centro di potere esterno che condiziona l”operato degli amministratori appare suffragata dalla circostanza, rilevata nel corso delle indagini, che personaggi risultati affiliati alla cosca locale, pur non rivestendo alcuna carica pubblica, fossero presenti notoriamente ed assiduamente all”interno dell”ente. L”anello di congiunzione tra il predetto sodalizio criminale e l”amministrazione comunale è stato, in particolare individuato nella figura di un affiliato della cosca locale (D”Apice Luigi, soprannominato Gigino “o Ministro) assiduo frequentatore di esponenti della maggioranza, funzionari del comune e di appartenenti al comando della polizia municipale, e legato da stretta amicizia con il presidente del consiglio comunale (La Marca Giuseppe).

Quest”ultimo amministratore, raggiunto nel corso dell”anno, insieme al citato esponente, da ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso, ha fatto parte anche delle precedenti amministrazioni rivestendo incarichi di governo soprattutto nei settori dell”urbanistica e dei lavori pubblici. Alcuni componenti dell”organo esecutivo risultano attualmente indagati per delitti contro la pubblica amministrazione (Donnarumma Giovanni,Assessore Urbanistica; Coppola Alfredo, Assessore al Commercio; Cirillo Carmine, Vicesindaco e Assessore alla P.M.). Degli appartenenti al comando di polizia municipale hanno rapporti di parentela con esponenti di spicco della cosca locale.

Uno di essi (Bocca Francesco) è stato riassegnato al comando dopo la sospensione dal servizio a seguito di arresto per il delitto di peculato, beneficiando anche illegittimamente di indennità accessorie, ed è attualmente indagato in quattro procedimenti penali per i reati di falsità ideologica, appropriazione indebita, usura, truffa e associazione a delinquere:i settori in cui emerge segnatamente l”utilizzo della pubblica amministrazione per personali tornaconti affaristici sono quelli dell”edilizia e degli appalti pubblici. I condizionamenti operati dalla criminalità organizzata nel settore edilizio:emergono, in particolare, dall”accertata costante violazione delle norme del regolamento edilizio, all”inesistente attività di controllo urbanistico.

Sintomatica della sussistenza di condizionanti collegamenti risulta la vicenda dell”approvazione del piano di sviluppo commerciale:.Sono infatti emerse coincidenze temporali tra le fasi di definizione e di approvazione del piano presso le competenti commissioni comunali e le trattative condotte da persone legate alla locale organizzazione criminale per l”acquisto di terreni situati nelle aree interessate dal piano, conclusesi, poi, con la cessione dei suoli. L”assoggettamento dell”ente alle scelte della locale organizzazione criminale è emerso anche nel settore degli appalti pubblici.”
Il decreto di scioglimento elenca molte altre situazioni di collegamento e collusioni con il clan criminale dei Cesarano, che appare il dominus dell”amministrazione, in quanto capace di determinarne tutti gli atti economicamente significativi.

In queste condizioni, parlare di sviluppo, di tutela del territorio, di difesa dei diritti dei cittadini, appare solo un esercizio retorico. Una città con le potenzialità economiche, culturali e turistiche, come Pompei, non decolla da nessun punto di vista perchè è governata non dallo Stato ma dalla camorra.

LA RUBRICA

PILLOLE DI “900

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Continua il viaggio nella storia del “900. Ci eravamo fermati al periodo in cui al re Umberto I, assassinato per mano degli anarchici, successe il figlio, Vittorio Emanuele III.
di Ciro Raia

Tra il regicidio (nella foto un particolare, ndr) e l”insediamento dell”erede al trono, il governo è retto dal senatore Giuseppe Saracco, (un fervido sostenitore di Cavour) entrato nel parlamento piemontese già prima dell”Unità d”Italia, nel 1849, e, dal 1851, presente in tutti i governi, come sottosegretario e ministro. Saracco è capo di un governo molto debole, ma non per questo rinunciatario nell”opera di conciliazione di un paese lacerato dalle divisioni di classe e dagli odii di parte. Nel febbraio del 1901, poi, primo ministro è nominato Giuseppe Zanardelli, che chiama agli Interni Giovanni Giolitti.

Zanardelli, che ha ricoperto incarichi ministeriali sin dal governo Depretis (1876) e si è distinto per aver varato il nuovo Codice Penale (1889) con la relativa abolizione della pena di morte ed aver esteso il suffragio elettorale a quanti dimostravano di saper leggere e scrivere, è quello che si definisce uno statista progressista. Da capo di governo, infatti, presenta un disegno di legge per l”istituzione dell”Ufficio del lavoro, insieme ad una proposta di legge per il divorzio, che, però, è costretto a ritirare per la massiccia opposizione popolare. Egli si batte anche per l”istituzione della Cassa Nazionale di Previdenza e per rendere umane le condizioni di lavoro delle donne ed, in particolare, delle lavoratrici madri.

Quando Zanardelli muore (1903) gli succede Giovanni Giolitti. Una delle prime azioni dello statista di Dronero –località in provincia di Cuneo- è quella di far assumere allo Stato la gestione dei servizi telefonici. Nel 1903 l”Italia conta 23.109 abbonati, 212 posti pubblici urbani, 83 reti urbane e 43 linee interurbane.
Intanto, nel paese la lotta sociale diventa sempre più aspra. Gli scioperi degli operai sono sempre più violenti: a Buggerru, in Sardegna, il 4 settembre 1904, la polizia non esita a sparare sui minatori in agitazione. Si contano tre morti e numerosi feriti. Altri morti, per azioni analoghe, si contano a Castelluzzo di Trapani e a Sestri.

I deputati socialisti, repubblicani e radicali chiedono, allora, a Giolitti l”emanazione di una legge che proibisca gli scontri a fuoco tra forze dell”ordine e dimostranti. Giolitti rifiuta, sostenendo che non può accettare indicazioni da una frazione del Parlamento e che le azioni di sciopero impongono una verifica politica nel paese. Ottiene, perciò, dal re lo scioglimento delle Camere.
Le elezioni del novembre 1904 decretano la vittoria del liberale Giolitti. L”opposizione radicale perde voti e seggi. Nel nuovo governo, il ministro della Pubblica Istruzione Vittorio Emanuele Orlando estende l”obbligo scolastico fino a dodici anni.

Nel 1905, poi, complice una forte influenza, Giolitti si dimette da primo ministro. A succedergli è chiamato Alessandro Fortis, un deputato di Forlì molto introdotto negli ambienti della finanza e dell”industria. Ma anche quest”ultima esperienza governativa è di breve durata; infatti, il governo Fortis cade e la presidenza del consiglio è affidata a Sidney Sonnino, che dura in carica, però, solo cento giorni. Ritorna, quindi, primo ministro Giolitti, che guida il governo sino alle elezioni del 1909, quando alle urne si presenta a votare il 65% degli aventi diritti, circa due milioni di elettori.

IL “900 ITALIANO

LA CAMORRA PADRONA

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I nostri territori sono diventati brutti e invivibili a causa del micidiale connubio camorra-politica e del controllo pressochè totale che la criminalità esercita sul mercato dell”edilizia.
di Amato Lamberti

Il controllo che la camorra esercita sull”intero mercato dell”edilizia produce effetti disastrosi anche a livello di urbanistica e, più in generale, sull”uso e sul consumo del territorio. Alcuni esempi possono servire a far comprendere meglio il ruolo della camorra nella realizzazione di politiche del territorio finalizzate alla speculazione più selvaggia, ignorando ogni vincolo, compreso quello dell”autorizzazione a costruire. L”esempio forse più vistoso è quello delle lottizzazioni costiere per la realizzazione di case e villini per le vacanze che hanno interessato, a cominciare dalla fine degli anni “70 e che continuano impunite ancora oggi: il litorale domizio, da Castelvolturno fino a Mondragone; tutte le zone costiere del Cilento; le coste calabresi.

In queste aree sono stati costruiti più di centomila complessi abitativi, anche plurifamiliari, generalmente senza licenze edilizie, mancando il sostegno di piani regolatori, o con licenze edilizie irregolari, in presenza di normative paesaggistiche che vietavano costruzioni sull”arenile o immediatamente a ridosso. I clan camorristi, del napoletano e del casertano, hanno comprato i terreni a destinazione agricola a basso prezzo, costringendo spesso i piccoli proprietari a vendere, anche con forti intimidazioni. Hanno, poi, venduto i terreni come edificabili ad imprenditori spesso molto contigui agli stessi clan, i quali, hanno cominciato a costruire, senza autorizzazioni o in attesa di autorizzazioni, con la protezione “attiva” degli stessi clan criminali che, dietro pagamento di forti tangenti, assicuravano il rifornimento dei materiali, la realizzazione delle opere necessarie di sbancamento e trasporto terra, il silenzio-assenso di amministratori, vigili urbani, forze dell”ordine.

Molti imprenditori erano essi stessi camorristi ma dovevano comunque pagare la protezione attiva dei clan criminali. In pratica, la camorra ha ideato la speculazione e ne ha protetto la realizzazione attraverso il controllo, con un mix di corruzione e intimidazione, delle pubbliche amministrazioni e delle forze di controllo sociale. Un altro esempio significativo è quello di Marano, un Comune, oggi di 40.000 abitanti, dell”area Nord di Napoli, letteralmente governato fino a metà degli anni “80 dal clan dei Nuvoletta.

Questo clan, sul suo territorio, aveva realizzato un vero e proprio monopolio del comparto edilizio, dalle costruzioni al movimento terra, alla fornitura di calcestruzzo, di laterizi, di infissi, di igienici e sanitari, di vernici, fino all”impianto di citofoni, con imprese perfettamente in regola con la certificazione antimafia, grazie alla disponibilità di commercialisti, “al di sopra di ogni sospetto”, ad assumere le funzioni di amministratore delegato delle stesse imprese. Con questo sistema, grazie anche al controllo totale della amministrazione comunale e degli apparati locali di controllo dello Stato, i Nuvoletta hanno realizzato, dal 1975 al 1983, decine di parchi abitativi, dal nome gentile di “Città giardino”, “Parco delle rose”, “Parco delle viole”, con migliaia di abitazioni, su terreni vincolati a forte rischio idrogeologico.

La città di Marano è passata, in venti anni, da 20.000 a 40.000 abitanti, senza un piano regolatore e senza sistema fognario. Anche in questo caso il livello “militare” del clan protegge i livelli imprenditoriali riconducibili al clan ma che vedono anche la partecipazione di soggetti imprenditoriali, commerciali, finanziari, in qualche modo direttamente collegati. Altri esempi clamorosi sono quelli di Portici, Ercolano, S.Giorgio a Cremano, dove un incremento edilizio scriteriato e senza regole ha dato vita a conurbazioni invivibili, con una densità di abitanti superiore a 10.000 abitanti per chilometro quadrato, ingestibili anche solo dal punto di vista del traffico e dei parcheggi.

A Portici i grandi costruttori, con tanto di licenze edilizie, pur in assenza del piano regolatore sono stati i Vollaro, con imprese proprie o in associazione con grandi costruttori come i fratelli Sorrentino, che si occupavano anche dei rapporti con gli amministratori locali e con i politici eletti, con il loro sostegno, nell”area. Senza dimenticare Casalnuovo di Napoli, di cui abbiamo già parlato, ma che resta emblematica dei risultati che l”intreccio politica, impresa e camorra può produrre sul territorio. Nel 1975, quando Casalnuovo contava 16.000 abitanti, il Consiglio comunale approva un regolamento edilizio con una previsione di crescita fino a 75.000 abitanti. In pratica si rende edificabile tutto il territorio, in deroga ad ogni normativa e ad ogni razionalità. Sindaco e consiglieri erano tutti costruttori, molti notoriamente legati al clan Fabbrocino, egemone nell”area.

Oggi, dopo più di venti anni, dal 1985, di speculazione selvaggia ed abusiva, la popolazione ha superato i 60.000 abitanti. Si è costruito in deroga ad ogni normativa. Una intera città, se così si può chiamare un coacervo di palazzi accatastati, si è realizzata senza autorizzazioni e senza controlli, sotto l”ombrello protettivo di una camorra capace di controllare completamente l”Amministrazione comunale e gli apparati di vigilanza dello Stato, ma anche livelli politici di rilievo regionale e nazionale.
(Foto di Luigi Caterino)

LA QUESTIONE CASALNUOVO

UNA STORIA INCREDIBILE

CASALNUOVO. L’ABUSIVISMO NON É UN”ECCEZIONE

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Trenta anni fa Casalnuovo contava 15mila abitanti; oggi sfiora i 50mila. La quasi totalità delle case sono sempre state costruite abusivamente e poi condonate.

Con questo “pezzo” intendo rispondere ai commenti postati all”articolo “Chi governa per davvero le nostre città:” scritto per ilmediano.it.
Rispondo riproponendo un articolo pubblicato qualche tempo fa sul Corriere del Mezzogiorno, che sarà sfuggito agli autori dei commenti, che ha provocato forti rimostranze sia da parte degli amministratori del Comune (con verifica degli eventuali estremi per denuncia di diffamazione), che della stessa opposizione, che si è lamentata (con lettera inviata a tutti i giornali e con richiesta di pubbliche scuse) del fatto che nessuno spazio era stato dato al loro lavoro, per la verità oscuro, all”interno di un Consiglio comunale nel quale sono assoluta minoranza.
Al sig. Iovino, voglio anche dire che le sue denunce sono state a suo tempo regolarmente inoltrate alla magistratura e, mi sembra, che qualche esito l”hanno comunque prodotto.

A.L.


In questi giorni Casalnuovo ha dato spettacolo nelle trasmissioni televisive più impietose e/o irriverenti a livello nazionale, “Le Iene”, “Mi manda RaiTre”, “Striscia la notizia”. Spero che il Sindaco e gli altri protagonisti rivedano più volte le loro performances, almeno per verificare se sono ancora capaci di disgustarsi di fronte alla negazione dell”evidenza e della verità dei fatti. A Casalnuovo, lo dico ancora una volta, nessuno può tirarsi fuori: dal Sindaco alla cosiddetta “società civile”, sono tutti colpevoli. È inutile che facciano ora le vittime o, peggio, gli indignati. A Casalnuovo, i quattro quinti delle abitazioni, e, quindi, quasi tutte, sono state costruite abusivamente e, successivamente, condonate.

È una storia che va avanti da più di trenta anni, da quando Casalnuovo aveva circa 15.000 abitanti, ad oggi, quando gli abitanti sono quasi 50.000. Moltissimi, per non dire tutti, in questi trenta anni, hanno sempre comprato le case, costruite abusivamente con la complicità ben pagata di quanti dovevano esercitare i controlli di legge, sapendo di poter contare sull”immancabile condono ogni due anni e, soprattutto, sulla benevolenza dell”Amministrazione comunale e degli altri Enti erogatori di servizi, per cui le case, se pure abusive, sarebbero state fornite di acqua corrente, elettricità, telefono, internet, gas di città, impianto fognario, illuminazione stradale, raccolta giornaliera dei rifiuti, e in più sarebbero state fornite di certificato di abitabilità e regolarmente accatastate.

Gli unici disagi, se così vogliamo chiamarli, sarebbero stati i pagamenti dell”ICI e della TARSU, che però servivano a mettere come un suggello di legittimazione all”immobile acquistato. Per colpa di qualche giornale impiccione, il giocattolo, che ha funzionato così bene per tanti anni, facendo anche arricchire un po” di gente, si è rotto, e tutti quelli che fino ad oggi hanno taciuto, mezzi di informazione compresi- perchè basta andare su Internet e cliccare Casalnuovo, per scoprire che qualche “pazzo” che denunciava gli abusi c”era, anche se nessuno, magistrati compresi, lo prendeva in considerazione- sono diventati, tutti, vessilliferi della legalità e delle demolizioni.

Nessuno che abbia avuto il coraggio di dimettersi, di sparire dalla circolazione, non dico di fare mea culpa. Naturalmente, demolitori solo a Casalnuovo e solo relativamente ai palazzi e alle villette incriminate. Tutto il resto, anche nella stessa Casalnuovo, non interessa. Ma, cari ministri, sottosegretari, assessori regionali e provinciali, magistrati, carabinieri, Casalnuovo non è un caso eccezionale in un oceano di legalità: è solo un esempio, piccolo per giunta, di come vanno le cose (e le case) nella nostra regione.

L”abusivismo è la regola in tutta la regione, ma in modo macroscopico nella provincia di Napoli: quante costruzioni abusive sono state realizzate anche in zone a protezione integrale come le isole di Capri, Ischia e Procida, come i Campi Flegrei, come la Costiera sorrentina? Quanti vani abusivi sono stati costruiti a Napoli nel Centro storico come a Posillipo? Se si consultassero le aerofotogrammetrie di Napoli, degli ultimi venticinque anni, se ne scoprirebbero delle belle, anche in case e palazzi “insospettabili”.

Tutta questa storia, di per sè molto sporca, mette, comunque, in evidenza una necessità inderogabile: quella di nuove modalità di controllo del territorio, che, a mio avviso, andrebbero sganciate del tutto dalla politica e dalla realizzazione del consenso per essere eletti, dal Comune, alla Regione, al Parlamento. Ma su questo terreno nessun partito e nessun politico è stato finora disponibile ad aprire un confronto. Meglio una sceneggiata ogni tanto e poi lasciare le cose (e le case) come stanno!