L”Italia del tempo, mentre cerca un profilo di sviluppo, deve fare i conti con gli eventi naturali. Da Messina in poi, però, prevalgono burocrazia e miopia politica. Di Ciro Raia
Un catastrofico evento segna l”Italia dei primi anni del secolo. All”alba del 28 dicembre 1908, infatti, le città di Messina e Reggio Calabria sono danneggiate da una forte scossa tellurica. Le terre che limitano lo stretto di Sicilia tremano per 37 interminabili secondi, quindi, un pauroso maremoto –con onde alte tra i 6 ed i 12 metri-schiaffeggia le coste calabro-sicule. Messina è interamente rasa al suolo; Reggio ed i centri limitrofi riportano danni ingentissimi. Circa 80.000 sono i morti messinesi; 40.000, invece, sono quelli della costa calabra. E, poi, innumerevoli feriti, paesaggi cancellati, strade interrotte, danni materiali catastrofici, che, in un colpo, cancellano la memoria storica di tutta una popolazione.
La poetessa Ada Negri, con pochi e toccanti versi, esorta la popolazione ad aiutare i superstiti: “Fratelli in Cristo destatevi dal sonno andate a soccorso con zappe e leve con pane e vesti./ Nelle lontane terre dell”arsa Calabria crollano ponti e città i fiumi arretrano il corso sotto le case/ travolte le creature sepolte vivono ancora chissà./ Batte la campana a storno./ Pietà fratelli, pietà”.
Scatta una grande gara di solidarietà. Il re e la regina Elena si recano sui luoghi del sisma; navi russe, francesi, tedesche, greche, spagnole e di altre nazionalità raggiungono le sponde martoriate, portano i primi aiuti e dispongono che i propri equipaggi siano i coordinatori degli aiuti.
Il governo italiano, presieduto da Giolitti, decreta nuove tasse da destinare alla ricostruzione dei luoghi distrutti dallo tsunami. Il Senato, da parte sua, vara un progetto di legge a favore di Messina e di Reggio. Non mancano, però, le critiche. Molti giornali, infatti, criticano l”inasprimento delle imposte e ricordano che, in precedenti ed analoghe situazioni, il governo ha male amministrato i fondi raccolti per aiutare le popolazioni colpite da calamità naturali.
Molti attacchi, poi, sono rivolti alla Marina italiana colpevole di non essere stata pronta negli aiuti e di essere arrivata molto dopo le squadre navali degli altri paesi.
Comincia una lenta opera di ricostruzione. Molti sono del parere che specialmente la città di Messina debba essere ricostruita da altra parte ma gli abitanti sopravvissuti si ribellano. Allora, demolite le case pericolanti, per far fronte ai bisogni più immediati, si dà luogo alla costruzione di baracche di legno in cui sono ospitate intere famiglie. Le lungaggini burocratiche, la miopia politica, però, fanno in modo che quelle baracche divengano il segno distintivo (negativo) della mancata ricostruzione.
Molte casupole di legno, infatti, nate per far fronte ad una grave emergenza, sopravviveranno negli anni, sfideranno l”ingiuria di altre calamità naturali e delle conseguenze della seconda guerra mondiale ed approderanno sino alla soglia del terzo millennio!