Intenso è il ritmo dell’attività progettuale “disegnata” dalla Dirigente, prof.ssa Iolanda Nappi, e dai docenti. Nell’ambito del progetto “Giornalisti in video” i ragazzi, guidati dalla prof.ssa Francesca Rozzo e dalla giornalista Autilia Napolitano, intervistano persone che svolgono un ruolo particolare nella città. E così, sapendo che ho scritto qualche pagina sulla storia di Ottaviano e del Vesuviano, hanno chiesto di intervistarmi. E mi ha fatto piacere dire di sì: la vanità…..
I ragazzi mi hanno chiesto, tra l’altro, cosa pensassi del Liceo Classico, che ho frequentato da alunno e in cui ho insegnato. E non ho potuto negare che non capisco – non voglio capire, non posso capire-la necessità di diluire l’unico indirizzo del tempo che fu in uno “spezzatino” di indirizzi, e di inventare perfino un Liceo quadriennale. Ho ricordato ai ragazzi che il Liceo Classico del tempo che fu “produceva” medici, fisici, architetti, ingegneri e che il Liceo Classico “A.Diaz”, per esempio, “sfornò” medici importanti, ingegneri immediatamente assunti dalle più famose imprese italiane, un Maestro del “Virtuale” – il mio compagno di classe, l’ottavianese Gaetano Capasso, che collaborò proprio con gli Angela – e perfino un fisico nucleare, l’ottavianese Michelangelo Ambrosio, che lavorò anche negli Stati Uniti: e ho invitato i ragazzi a intervistarlo. Ho detto ai ragazzi che non sopporto di sentir dire, anche da persone esperte, che la scuola “forma”: chi dice questo, non ha rispetto alcuno dei ragazzi, della loro personalità: la scuola “educa” i ragazzi a diventare consapevoli della loro interiorità, a prendere progressiva coscienza della loro “persona”. Mi hanno chiesto del patrimonio di storia e di arte della nostra Ottaviano. E ho detto che è un patrimonio significativo per ampiezza e profondità, e prezioso per la qualità e per i valori. Ancora nella seconda metà dell’Ottocento Ottajano, che comprendeva San Giuseppe e Terzigno, era uno dei Comuni più importanti della provincia di Napoli, e lo dimostra la massa enorme di documenti che, ammucchiati alla rinfusa in un deposito comunale, aspettano ancora di essere catalogati e pubblicati. Ottajano fu uno dei pochi “municipi” dell’Italia meridionale a “dipendere” per secoli dalla stessa famiglia “feudale”: un ramo dei Medici di Firenze comprò il feudo nella seconda metà del ‘500 e l’ultimo principe, Giuseppe V, si spense nel 1894. I Medici controllavano la vita politica, l’economia e l’attività sociale, e duro, nelle forme e nella sostanza, era frequentemente questo controllo: tra l’altro, ancora l’ultimo Medici era autorizzato a tenere ai suoi ordini una squadra di 40 guardiaboschi, a cui lo Stato consentiva di portare fucile, pistola e coltello. Gli Ottajanesi impararono presto a “vedere” e a “capire”, e, contemporaneamente, a far finta di non aver capito e di non aver visto: insomma divennero abili “dissimulatori”: così li definì nel 1864 un giudice napoletano. Dunque, cari ragazzi, è fondamentale lo studio della storia: della storia “alta” e della “storia” locale: perché chi studia attentamente la storia scopre “le radici” culturali della comunità a cui egli appartiene, e vede in che misura egli ne porta i segni dentro di sé. Della storia di Ottajano e del territorio molto resta ancora da scoprire e da scrivere. “Siete fortunati – ho detto – perché i vostri docenti e la vostra preside organizzano un prezioso programma di visite guidate, e conoscere il territorio è un passaggio importante per conoscere sé stessi”. Mi hanno chiesto i ragazzi a quale mio libro io sia particolarmente “legato”. E io ho indicato “La filosofia napoletana dei maccheroni”: mi hanno guardato con una espressione interrogativa, e ho risposto che non c’è scrittore napoletano che non parli dei maccheroni: era fatale che facessi riferimento alla scena di “Miseria e Nobiltà” in cui Totò tira su dalla zuppiera una manciata di maccheroni e se la infila in bocca, mentre con l’altra mano prende una massa di maccheroni e se la mette in tasca. Ci siamo salutati dandoci appuntamento per un prossimo incontro in cui parleremo del ruolo delle donne nella storia prendendo spunto dal libro di Gaetana Mazza “ E io che lasciai l’ago e il fuso…”. Faccio ancora una volta i complimenti ai ragazzi che non si sono limitati a formulare le domande, ma sono intervenuti, hanno chiesto e commentato. E i complimenti vanno alla Dirigente, prof.ssa Iolanda Nappi, alla prof.ssa Alterio, a tutti i docenti della scuola, e alle “guide” del progetto, la prof.ssa Francesca Rozzo e la giornalista Autilia Napolitano.