Questo articolo punta a tre cose: alimentare una polemica (da uomo di pace:), fare delle precisazioni, e -soprattutto- ottenere una risposta “vera” dal Presidente del Parco, Ugo Leone. Di Carmine CimminoAl prof. Ugo Leone
Presidente dell’E.P.N. del Vesuvio
Signor Presidente,
capita spesso che i difensori facciano autogol. Un Cavaliere della Legalità , che si firma Terramia, ha scritto, sul mio articolo “Così com’è, il Parco del Vesuvio è inutile”, un commento che aspirava a risultare polemico. Ma non ha centrato l’obiettivo. Il signor Terramia non ha lo spirito del polemista, non ne ha né l’istinto, né la tecnica. Insomma, gli mancano i fondamentali. È un Donadel che si mette a fare il Cavani. Chi attacca deve chiudere spazi e corridoi al contropiede dell’avversario: è la regola prima dell’arte della guerra, e dunque dell’arte della polemica.
E invece l’imprudente Terramia lascia scoperti i fianchi e le spalle: si muove in modo così approssimativo che a rispondergli non c’è sfizio. Ma devo rispondergli, anche se farò la figura di Maramaldo. Io ho scritto: Non c’è giorno in cui francesi, tedeschi, inglesi, ungheresi, svedesi, non ci chiedano se e dove troveranno, lungo i sentieri, punti di ristoro. E il Terramia osserva: Non ho mai sentito di tedeschi o nord europei che immaginino di trovare ristoro sui sentieri a livello di quei templi del cattivo-gusto che imperano alle falde del Vesuvio. Ed io in altri parchi d’Europa ci sono stato e il livello è ben diverso da quello che si trova qui.
Io ho visto qualcosa di simile ai leoni rampanti, a Biancaneve e ai nani nei parchi del Norico e nei parchi normanni; ho trovato, nei parchi bavaresi, una vasta offerta di brocche, piatti, caraffe e boccali con immagini squillanti che ricordavano Ludwig e Sissi. Terramia parla di cattivo gusto, e non sa di che parla. Non gli viene il sospetto che il kitsch, il cattivo gusto, possa essere esercizio di ironia, possa essere gioco: possa contribuire, nei ristoranti, a “straniare” la mente dalle preoccupazioni quotidiane e a preparare i sensi al piacere del cibo. Diceva Marcel Duchamp – mi auguro che Terramia ne abbia sentito parlare -, diceva Marcello che il grande nemico dell’arte è il buon gusto. Voleva dire, Marcello, che la volgarità non è nelle cose, ma nell’occhio di chi guarda.
Non c’è provincialismo più gramo e più gretto che quello di chi recita da cosmopolita. Egli si trova nella più triste delle condizioni: guarda, ma non vede. Se sapesse vedere, si accorgerebbe che l’umanità squaderna tutto il campionario delle sue virtù (le virtù della sua grandezza, le virtù della sua miseria) lungo le strade di un borgo non meno che per le strade di Parigi e di New York. A Napoli e sotto il Vesuvio mille persone riunite nello stesso luogo non diventano mai una folla, sono mille persone. L’hanno riconosciuto, e scritto, “turisti“ di grande nome: Gogol’, Ibanez, Benjamin, Gide, Soldati.
Terramia commenta il mio articolo, e dunque devo supporre che l’abbia letto. Noto che per lui punto di ristoro e ristorante significano la stessa cosa. Non è così, ovviamente: ma non fa niente. Capita. Per fortuna, la lingua italiana sa difendersi da sola. Rileggo il commento di Terramia, per intero. Non mi pare che l’abbia letto, il mio articolo. E poiché sarebbe offensivo pensare che l’abbia letto in modo approssimativo, o, addirittura, che, pur avendolo letto con cura, non ne abbia afferrato il senso, mi limito a opinare che egli abbia letto un altro articolo. Questo Cavaliere della Profondità , nemico giurato dell’approssimazione, scrive: Come si fa a pensare di svolgere una gara automobilistica all’interno di un Parco Nazionale! Cosa che è proibita dalla legge nazionale. E chi l’ha mai pensato. Trovatemi un passo dei miei articoli in cui si manifesti, o venga solo abbozzato, un pensiero così sconcio.
Se la gara si fosse svolta, non sarei stato tra gli spettatori: per me esistono solo tre sport: il calcio, la pelota arverna e il tiro con l’arco tartaro. E poi ci sono di mezzo le leggi nazionali. Mon Dieu, solo nella mente scombinata di un pazzo potrebbe comporsi l’idea di violare, oggi, una legge, e per di più, una legge nazionale. Fosse una legge comunale, o di quartiere, si potrebbe pure tentare… Ma una legge nazionale! Mi sono interessato di questa benedetta corsa perché uno dei miei cognati, che è di Palma Campania ed è un patito delle automobili, quando la mattina di sabato 10 settembre gli ho comunicato che non si correva più, si è scompisciato dal ridere, e rideva non dei tedeschi e dei nord-europei, ma di noi ottavianesi.
Inoltre, la notte tra il 10 e l’11, io che non sogno mai, ho sognato una specie di démone, un mezzo démone, una mezzacalzetta di demone, che, appollaiato in cima a una canna fumaria del Palazzo Medici, gridava alle ombre della notte: Ottaviano è un paese moribondo, e io gli darò il colpo di grazia. Sapevo che il sogno era colpa della cena a base di peperoni gialli. Ma la combinazione tra il sogno e lo scompisciarsi del Palmese mi ha turbato. Mi sono detto: bisogna almeno capire perché la corsa è stata affondata 48 ore prima del fischio d’inizio. È un caso. Ma pare fatto apposta. Il resto lo sapete.
Ma ora mettiamo da parte la corsa, le carte, le date, il caso benigno, il demone maligno. Non ne parliamo più. Dichiaro pubblicamente che quella corsa era una follia. Va bene? Resta una domanda, signor Presidente: una sola domanda, che tra un attimo le rivolgerò.
La mattina del 19 settembre lei mi ha concesso un’intervista. La sera le ho inviato, via e-mail, una sintesi dell’intervista, per la sua approvazione. Con una e-mail delle ore 20,08 lei mi ha trasmesso il testo approvato. L’ho pubblicato, e l’ho commentato. Trascrivo, da quel testo concordato e pubblicato: “Sulla corsa automobilistica annullata il Presidente dichiara che molto prima di domenica 11 settembre qualcuno gli parlò della gara, ma in modo informale.
«Non è pervenuta all’ Ente Parco nessuna richiesta ufficiale».
E invece c’era, la richiesta ufficiale. In data 29 agosto 2011 l’ing. Luigi Papale, Presidente del Rombo Team Napoli, indirizza all’ Ente Parco, e all’attenzione del Presidente, dott. Ugo Leone, la richiesta “di approvazione“ per la gara. La lettera viene assunta al protocollo dell’ Ente il giorno 3 settembre, col n. 4438. Il 9 settembre, venerdì, alle ore 15.45, il fax dell’Ente Parco trasmette al Comune di Ottaviano la lettera con cui il Presidente comunica che la corsa non viene autorizzata. La lettera viene assunta al protocollo del Comune il giorno 12 settembre. Copie di questi documenti mi sono state consegnate dal sindaco di Ottaviano, nel suo ufficio, martedì 27 settembre.
Tra le carte, ci sono anche le autorizzazioni rilasciate, per le loro competenze, dalla Prefettura con un decreto del 5 settembre, revocato il 9 settembre, e dalla Provincia di Napoli con una determinazione del 2 settembre. Tra le carte c’è anche una copia del carteggio Comune- Ente Parco sul regolamento per la gestione del Palazzo Medici. Ma di questo complicato argomento parleremo la settimana prossima. Signor Presidente, questa lettera dell’ing. Papale è arrivata nelle sue mani? e se è arrivata, quando è arrivata ?
P.S. Il signor Terramia esercita il suo diritto alla polemica, ma si dimentica di dirci qual è il suo vero nome. Un Cavaliere della Legalità dovrebbe evitare sbadataggini di tale portata. Dovrebbe tutelare la sua polemica. Una polemica firmata con un nome di battaglia (???) è una polemica castrata. È come se l’uomo truce, “la testaccia“, del quadro di Salvator Rosa, che correda questo articolo, si mettesse a parlare, e dalla bocca gli uscisse non un rombo di tuono, ma un gorgheggio alla Farinelli: il filo di voce di una donzella timida: un trillo da spinetta. Anche un agelasta si scompiscerebbe dal ridere.
(Foto: Salvator Rosa, Ritratto virile, Collezione Di Giovanni, dal libro "S. Rosa tra mito e magia", Electa Napoli, 2008)

