Al Pan di Napoli la mostra “Vive, nella memoria” di Serena Faraldo, una raccolta di immagini che raccontano le storie delle donne familiari delle vittime innocenti della criminalità comune.
Serena Faraldo è una giovane artista napoletana laureata all’Accademia di Belle Arti che ha scoperto la fotografia in modo casuale e se ne è innamorata al punto da considerare la fotografia la sua compagna di vita, pur continuando a disegnare e illustrare.
Ora al Pan di Napoli, fino al 12 novembre, è visitabile la sua mostra “Vive, nella memoria”, una galleria di ritratti di donne. Sono le sorelle, mogli, figlie e madri delle vittime innocenti della criminalità. Racconta Serena che l’idea di questo progetto le è venuta un piovoso pomeriggio di domenica mentre leggeva dei racconti sulla criminalità e sulle persone che vengono uccise per sbaglio, scambiate per altri, che si trovano coinvolti in conflitti a fuoco e cadono senza nemmeno sapere perché. Di questi ultimi, dei tanti innocenti uccisi più o meno per caso, avrebbe voluto disegnare i volti, i lineamenti, ma si rese conto che delle vittime si sapeva sempre molto poco, mentre le informazioni sui boss e i criminali non mancavano mai.
Delle vittime si sa quasi tutto della morte, ma quasi nulla della vita. Chi fossero queste persone in vita, quale il dolore e il vuoto che hanno lasciato dietro di sé appartiene solo alla memoria dei familiari e delle donne in particolare. Dice l’artista che non si tratta di una manifestazione di femminismo ma che “le donne sono storicamente detentrici delle memorie, soprattutto quelle familiari…La memoria delle donne è quindi un bene prezioso a cui dare voce e rispetto”. E’ questa, quindi, la ragione degli scatti al femminile, tutti intensi, commoventi, evocativi.
Serena Faraldo ha scelto di riprendere queste donne in luoghi particolari, luoghi che sono stati importanti per le vittime, dove hanno vissuto e lavorato, oppure proprio dove hanno purtroppo perso la vita. I luoghi sono stati scelti dalle donne e nel caso in cui è stato impossibile raggiungerli sono stati scelti degli oggetti, degli elementi che costituiscono una sorta di legame con la persona scomparsa. Nella mostra sono esposte 17 fotografie. Ci sono figlie, madri e sorelle di persone morte perché avevano tentato di resistere alla criminalità, come ad esempio Teresa Diana, figlia di Mario o Annamaria Torre, figlia di Marcello, sindaco di Pagani, Angela Procaccini e Serena Lamberti, moglie e figlia del giudice Lamberti, o ancora Pina Buonocore, sorella di Teresa, che aveva “osato” denunciare i violentatori della figlia.
Ci sono le donne che hanno perso familiari per sbaglio, come Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo o Enza Pettirossi, madre di Dario, ucciso perché scambiato per un pusher. C’è anche Enza Napoletano, sopravvissuta alla strage del rapido 904 del 1984. Delle persone uccise per sbaglio si dice spesso che si trovavano nel posto sbagliato nel momento sbagliato, ma Serena Faraldo obietta giustamente che le brave persone stanno semplicemente dove devono stare, stanno nel posto giusto. Sono i criminali che fanno le cose sbagliate. La mostra è stata realizzata grazie al sostegno della Fondazione Pol.i.s. che da anni è strumento della Regione Campania per il sostegno alle vittime innocenti della criminalità e l’aiuto alla gestione dei beni confiscati alla camorra.