SANITÁ REGIONALE: ASL E INFILTRAZIONI CAMORRISTE

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Quella della Campania sembra davvero “L”onorata sanità”. I conti sono saltati non solo per cattiva gestione ma anche per lo strettissimo connubio politica-camorra.
Di Amato Lamberti

Il governo ha deciso di commissariale la gestione della sanità in Campania. La spesa è fuori controllo e condiziona l”intero bilancio regionale. Il deficit annuale sfiora il miliardo di euro e i piani di rientro non riescono a prevedere più di 200 milioni di euro di risparmio, naturalmente tutti sulla carta.

Sembrerebbe trattarsi solo di un problema di malagestione delle strutture e dell”assistenza sanitaria che una oculata “governance” potrebbe anche in breve tempo risolvere. Chiunque lavori in una struttura ospedaliera sa bene che oltre agli sprechi ci sono ben altri problemi. Certo gli sprechi sono tanti, a cominciare dal rigonfiamento esagerato del comparto amministrativo e tecnico-gestionale, responsabile, inoltre, della dilatazione dei tempi di applicazione operativa oltre che della moltiplicazione dei passaggi burocratici. Ma i problemi sono anche altri.

Le indagini della magistratura su diverse ASL e Aziende ospedaliere, oltre al provvedimento di scioglimento della ASL 4, di cui abbiamo già parlato in questa rubrica (VEDI), hanno messo in evidenza almeno due situazioni ricorrenti, starei per dire strutturali.
La prima: gli appalti di manutenzione ordinaria e straordinaria sono pilotati da professionisti interni all”amministrazione in diretto collegamento con la dirigenza e con la protezione politica cui fanno riferimento e servono sempre a fare cash per i soggetti che governano, a far lavorare imprese amiche oltre a professionisti e tecnici di fiducia, a distribuire occupazione sul territorio dimostrando anche l”utilità di un collegamento politico con chi è in grado di dare risposte alle “esigenze” di individui e imprese.

La seconda: le forniture alle ASL e alle Aziende ospedaliere sono quasi sempre appannaggio di società con forti collegamenti con le cosche malavitose locali e con gli amministratori locali, che operano quasi in regime di monopolio in ciascuna situazione, visto che forniscono per decenni, e che impongono prezzi spesso esagerati rispetto al mercato. Non si tratta di un segmento di spesa irrilevante perchè le forniture riguardano la carne, il pesce, la pasta, i pelati, il riso, gli ortaggi, la frutta, ma anche le scope, la carta igienica, i detersivi, le siringhe monouso, l”ovatta, le garze, i bisturi usa e getta, il filo di sutura, ecc., ecc.

Alle forniture vanno aggiunti i servizi, di pulizia, di guardiania, di bar e ristorazione, ecc., anche essi appannaggio di società ed imprese spesso direttamente controllate da personaggi di grande spessore criminale.
In qualche ospedale dell”agro nocerino l”appalto per la gestione del bar interno veniva deciso con il metodo della eliminazione violenta del concorrente.
Uno dei problemi che l”assegnazione degli appalti di fornitura ad imprese gestite da malavitosi comporta è che le stesse, con l”accordo di tutte le parti, sono gonfiate a dismisura dando vita ad una circolazione di tangenti che spesso assorbe la maggior parte della spesa. Questi sprechi sono reali ma non sono visibili, almeno a livello di documentazione amministrativa.

Un ulteriore elemento da prendere in considerazione sono le cliniche private. Desta meraviglia, ma non so se sia una specificità campana, il numero elevato di cliniche e strutture private di proprietà di politici e amministratori locali, sempre impiantate dopo il raggiungimento di ruoli e posizioni politiche e/o amministrative. Ma sono numerose anche le cliniche e le strutture private direttamente controllate da personaggi di spicco della malavita organizzata, come dimostrano alcune indagini della magistratura. In entrambi i casi, la spiegazione potrebbe essere quella della permeabilità, in termini politici e amministrativi, di un sistema, quello sanitario, che permette una notevole accumulazione di profitti anche per l”assenza di controlli non limitati alla documentazione delle spese sostenute.

Viene il dubbio che per risanare la spesa sanitaria più che il commissariamento della Regione sarebbe stato utile lo scioglimento di tutte le ASL per infiltrazioni camorriste. Si sarebbero presi tre piccioni con una sola fava: il risanamento dei conti; la riappropriazione da parte dello Stato di un settore così importante per la salute dei cittadini; l”eliminazione dalla scena politica e professionale di amministratori pubblici e professionisti collusi con la camorra.

LA RUBRICA

10 GIUGNO 1940. L’ITALIA IN GUERRA CONTRO FRANCIA E INGHILTERRA

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Pur consapevole dei limitati mezzi dell”esercito, Mussolini entra in guerra a fianco della Germania di Hitler.
Di Ciro Raia

Pur stretta nella morsa dei tanti vincoli e dei tanti patti sottoscritti, il 19 settembre 1939 l”Italia proclama lo stato di non belligeranza, di non intervento in guerra. Mussolini, in altre parole, pur confermando l”alleanza del Patto d”Acciaio con la Germania, rimanda il sostegno militare. La decisione del Duce riscuote il plauso di Pio XII e di tutti quelli che intendono evitare una catastrofe all”umanità.

In verità, la decisione del Duce è dettata da ben altri motivi: l”impreparazione dell”esercito italiano, l”insufficienza delle risorse industriali, il mancato rispetto di un accordo segreto, che prevede il rinvio della guerra di almeno tre anni. E, poi, di fondo, la predisposizione negativa degli italiani –specialmente degli operai- all”intervento bellico oltre ad uno strisciante sentimento antitedesco, che non è estraneo nemmeno al re, il quale appare interessato solo al ruolo che avrebbe potuto avere la sua famiglia nel conflitto, in particolare il principe Umberto, per il quale sogna un prestigioso posto di comando.

Nella primavera del 1940, però, il Duce convintosi che la guerra scatenata da Hitler si possa concludere in poco tempo, porta l”Italia al massacro. Egli teme, infatti, di perdere il confronto col dittatore tedesco; ma è anche sicuro che è un”operazione strategicamente importante: consente di poter avere un peso nelle trattative future. Non a caso, cinicamente, Badoglio dichiara: “Abbiamo bisogno di qualche migliaia di morti, per poterci sedere al tavolo della pace!”.

Il 10 giugno 1940, da un balcone di Palazzo Venezia, rivolgendosi ad una folla oceanica, Mussolini dichiara ufficialmente guerra alla Francia ed all”Inghilterra:

“Un”ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. È l”ora delle decisioni irrevocabili. Questa lotta gigantesca è la lotta dei popoli poveri e numerosi di braccia contro gli affamatori, che detengono il monopolio di tutte le ricchezze e di tutto l”oro della terra; è la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto. L”Italia proletaria e fascista è per la terza volta in piedi, forte, fiera, e compatta come non mai. La parola d”ordine è una sola, categorica ed impegnativa per tutti; essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all”Oceano Indiano. Vincere!..Popolo italiano: corri alle armi e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!”.

Alcuni informatori commentano: “È mancato totalmente l”entusiasmo. Vi era su tutti i visi un”aria grave, applausi pochissimi, solo studenti e qualche gruppo rionale cercava ogni tanto di far salire un po” l”atmosfera:Molte donne piangevano e, alla fine, si è notata larga affluenza nelle Chiese”.

La guerra, però, non va bene per l”Italia. Le truppe sono mal condotte e male attrezzate: hanno in dotazione fucili modello 1891, vecchi di 50 anni; pezzi di artiglieria risalenti alla prima guerra mondiale; autocarri insufficienti; carri armati dalle corazze sottili (le cosiddette “catole di sardine”) del peso di 3 tonnellate ciascuno, contro le 20 tonnellate di ogni mezzo inglese. Inutile e dannosa appare il tentativo di penetrare nel territorio francese. Anche sul fronte greco, ad onta di quanto promesso dal Duce: “Spezzeremo le reni alla Grecia”, le cose non vanno meglio e l”azione bellica si trascina stancamente fino al 1941.

In Africa, poi, gli italiani sono in completa balia degli Inglesi. L”armata tricolore perde le città di Sidi el Barrani, Bardia, Tobruk e lascia nelle mani delle forze britanniche la bellezza di oltre 130.000 prigionieri!
In Italia, sgombra dai campi di battaglia, si soffre ugualmente. Chi non è al fronte, infatti, è impegnato nella lotta alla sopravvivenza, perchè scarseggiano generi di prima necessità, si razionano viveri, non si trovano capi d”abbigliamento. Impazza il mercato nero, che permette di trovare, per esempio, i fagioli a 20 lire al chilo (prezzo ufficiale: 5,24 lire) e l”olio a 80 lire al litro (prezzo ufficiale: 14 lire). Ogni famiglia è dotata di una carta annonaria mensile: serve per ritirare, in quantità stabilite, i viveri, i vestiti, le scarpe.

Agli sposi è concesso un supplemento di tessera per il corredo. Ad ogni persona si riconosce il diritto a mezzo chilo di zucchero e 400 grammi di caffè al mese, 200 grammi di pane nero al giorno, 70 grammi di burro al mese e 2 chilogrammi tra pasta, farina e riso. Il resto è tutto surrogato. Il cioccolato è sostituito dalla farina di castagne, il tè dal karkadè; alla maglia di lana –indossata dai soldati al fronte- si sostituisce una pettorina di flanella imbottita di strati di giornali. Ritorna l”antico baratto. Molti contadini, infatti, più che portare i prodotti all”ammasso pubblico e ricavare poche lire svalutate, preferiscono scambiare la propria merce con vestiti, scarpe, oggetti d”oro.

Per un momento pare che nel Duce ritorni lo spirito del vecchio socialista rivoluzionario. Nel settembre del 1941, infatti, in pieno Consiglio dei Ministri, a proposito della tessera annonaria, Mussolini dichiara: “Nessuno pensi che la tessera annonaria sarà abolita alla fine della guerra. Essa durerà finchè esisterò. Perchè così i vari Agnelli e Donegani mangeranno come il loro ultimo operaio”.
Le autorità fasciste, per far fronte alla crisi agricola e finanziaria, lanciano l”idea degli orti di guerra, l”utilizzazione, cioè, di ogni spazio possibile per seminare grano o piantare patate.

La trovata –di chiara matrice propagandistica- trasforma, così, in piccoli orti il parco di Villa Borghese e i Fori Imperiali a Roma, il parco Sempione ed il sagrato del Duomo a Milano.
Ovunque, poi, si provano i rifugi antiaerei; di sera suona l”allarme e si lasciano le abitazioni. Vige il coprifuoco: niente luci accese e carta azzurra alle finestre!

É QUESTIONE MERIDIONALE PIÙ CHE MAI

Gli ultimi dati Svimez sull”economia del Sud Italia ci dicono che la crisi meridionale è talmente grave che perfino gli stranieri preferiscono tenersi alla larga.
Di don Aniello Tortora

Crisi dell”industria, disoccupazione in crescita, calo dei consumi, pochi investimenti.
La recessione economica sta investendo il Mezzogiorno italiano che ormai da sette anni consecutivi cresce meno del Nord, un fatto mai avvenuto dal dopoguerra a oggi.

Questi i principali dati che emergono dal rapporto sull”economia del Sud italiano della Svimez (associazione per lo sviluppo dell”industria nel mezzogiorno), che parla di “un Paese spaccato in due sul fronte migratorio: a un centro Nord che attira e smista flussi al suo interno corrisponde un Sud che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla con pensionati, stranieri o individui provenienti da altre regioni”.

Gli effetti della crisi sono stati particolarmente pesanti al sud nel settore industriale, che ha visto un calo del pil del 3,8 %, mentre le produzioni manifatturiere hanno segnato un calo di oltre il sei per cento.
Il meridione è un”area da cui si continua ad emigrare, dove crescono gli anziani ma non arrivano gli stranieri, dove esistono le realtà economiche eccellenti che però non si trasformano in sistema nè si intercettano stabilmente investitori e turisti stranieri.

Complessivamente, nel 2008 il prodotto interno lordo (pil) del sud ha registrato un calo dell”1,1, con una minima percentuale di differenza rispetto al centro Nord.
Sempre secondo i dati della Svimez, in poco più di dieci anni, tra il 1977 e il 2008, circa 700.000 persone hanno abbandonato il mezzogiorno.
“L”attuale mix di crisi economica e delegittimazione politica che il sud sta attraversando – si legge nel rapporto – pone ad alto rischio la possibilità di completare la transizione verso un”economia più competitiva e allo stesso tempo indebolisce qualsiasi prospettiva di ripresa nel sistema nazionale”.

Al contrario “occorre essere consapevoli che un progetto nazionale per la crescita del mezzogiorno e per la valorizzazione delle sue potenzialità dipenderà in larga parte dal sostegno che una rinnovata azione pubblica (europea, nazionale e delle Regioni) saprà fornire al sistema delle imprese e alle famiglie attraverso le politiche anticongiunturali sia attraverso politiche strutturali di crescita e coesione nel campo delle infrastrutture, dell”innovazione e ricerca e per lo sviluppo dell”industria”.
Ma la crisi del Mezzogiorno è anche una crisi di fiducia, soprattutto sul fronte bancario.

Dal 2004 al 2006 il 9,3 % delle imprese meridionali ha lamentato difficoltà nell”accesso al credito contro il 3,8 % del nord. Dal 2007 al 2008, inoltre, il tasso di crescita annua dei prestiti alle imprese è crollato al sud dal 14,9 al 7,9 %. Tra il 1990 e il 2001 il numero di banche presenti nell”area si è ridotto del 46 % contro il 20 % del centro Nord.
Il numero di banche meridionali indipendenti è crollato da cento del 1990 a sedici del 2004 e negli stessi anni le banche di credito cooperativo si sono più che dimezzate passando da 213 a 111.
Resta forte la dipendenza del sistema bancario meridionale dal Nord.

Un altro problema aperto è quello della pubblica amministrazione: lo Stato nel Mezzogiorno italiano resta ancora debole. A tal proposito, una riforma efficiente “permetterebbe, come accaduto nelle esperienze straniere di maggior successo, di rimettere in circolo riserve di produttività comprese da dispositivi normativi e dal conformismo dei comportamenti burocratici”.

Come si può ben vedere il divario Nord-Sud si allarga sempre di più. Ormai ci sono due Italie, che viaggiano su binari paralleli, che sembrano non potersi incontrare mai.

Questi dati devono farci riflettere, tutti.
I cittadini del sud, devono essere protagonisti del proprio sviluppo, superando la semplice lamentazione e la rassegnazione, vero cancro, insieme alla criminalità organizzata, della società meridionale.
I politici tutti, ma particolarmente quelli del sud, devono proporre con forza la “questione meridionale” alla nazione tutta. Non cresceremo se non insieme!
La Chiesa
, deve continuare a fare, ma con più forza, la sua parte di ANNUNCIO-DENUNCIA-RINUNCIA.
Solo così, ma dobbiamo crederci tutti, organizzeremo la Speranza per il nostro Meridione e, particolarmente, per i nostri giovani.

LA CAMORRA NON É SOLO VIOLENZA

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La camorra non è solo violenza. In realtà, essa ha diversi livelli e quello meno in luce e più inquietante riguarda le imprese che lavorano grazie ad appalti e fondi pubblici.
Di Amato Lamberti

Nelle due ultime settimane, giugno-luglio 2009, sono stati arrestati un centinaio di “camorristi” appartenenti al clan dei “casalesi” ma anche ad altri clan operanti nella città di Napoli, come il clan Sarno. Quello che sicuramente avrà colpito di più i lettori dei giornali è l”entità dei sequestri di beni immobili ed imprese effettuati che ammontano a centinaia di milioni di euro. L”impressione è che, nella più totale disattenzione, si sia imposto in Campania un nuovo ceto di imprenditori proveniente direttamente dalle fila del crimine organizzato.

Una evidenza che sorprende l”opinione pubblica ma che resta senza spiegazioni a livello di organi di informazione che si limitano a parlare di operazioni di investimento dei capitali illecitamente accumulati. Le cose però non sono così semplici.

Della “camorra”, scrivevo già nel 1983, bisognerebbe cominciare a parlare liberandosi degli stereotipi della pubblicistica, soprattutto giornalistica e letteraria, che riducono il fenomeno ad una sola delle sue dimensioni, quella criminale, del “controllo” violento del territorio e dei mercati illegali, ignorando, praticamente del tutto, l”aspirazione costante al “governo” del territorio e della sua economia e, in particolare, al controllo dei flussi della spesa pubblica, realizzato attraverso il condizionamento e la corruzione delle pubbliche amministrazioni.

Sarebbe, cioè, necessario, a mio avviso, distinguere due diverse forme di criminalità che spesso sono genericamente accomunate sotto l”etichetta della criminalità organizzata di tipo mafioso: la criminalità che nasce dall”ampia area dell”economia dell”illegalità e da quella più ristretta dell”economia della violenza; e, la criminalità che si caratterizza per il controllo sulla spesa pubblica e per un potere economico fortemente intrecciato col potere politico e che usa la presenza della criminalità organizzata di tipo predatorio, in determinati territori, per ottenere credibilità e legittimazione, senza tuttavia identificarsi con essa.

Non si tratta, quindi, soltanto, di assumere che il crimine organizzato sia contemporaneamente impegnato in attività sia illegali che legali, quanto, piuttosto, di prendere atto che si tratta di livelli criminali da tenere distinti, anche quando si intrecciano in nodi apparentemente inestricabili, e, soprattutto, che il controllo delle pubbliche amministrazioni è essenziale per le organizzazioni criminali:

a) per realizzare quella che si potrebbe definire una signoria politica sulla comunità;
b) per appropriarsi del governo dell”amministrazione, della gestione dei fondi pubblici che transitano attraverso l”Ente, e di tutte le opportunità in termini di autorizzazioni, benefici, assunzioni, opportunità di vita e di impresa, che dipendono direttamente dall”amministrazione stessa;
c) per realizzare quella accumulazione di denaro, di credibilità, di “capitale sociale”, che permette alle “imprese- criminali” di installarsi a pieno titolo, e di operare, con tutte le credenziali necessarie, nel mercato legale.

In altre parole, la mia tesi è che l”accumulazione originaria, per le organizzazioni criminali che puntano all”ingresso nell”economia legale e alla legittimazione sociale, non avviene attraverso il controllo di traffici criminali e l”investimento dei ricavi in imprese “legali”, ma, invece, attraverso il controllo “politico” delle pubbliche amministrazioni e la gestione dei fondi pubblici a favore di imprese, sia direttamente collegate all”organizzazione, che partecipate da membri autorevoli dell”organizzazione.

Tanto è vero che le organizzazioni attive solo a livello criminale, in particolare quelle che controllano il mercato della droga, pur realizzando accumulazione di denaro di una qualche consistenza (ma infinitamente inferiore alla cifre accreditate da polizia, carabinieri e magistratura, oltre che dalla stampa) non sono mai presenti sul mercato imprenditoriale, pubblico e privato, e, al massimo, realizzano investimenti nel settore immobiliare e in quello della distribuzione commerciale.

Sono questi gli investimenti più facili da individuare e colpire, ma l”azione di contrasto alla criminalità camorrista potrà dirsi efficace solo quando riuscirà a portare alla luce le imprese e gli investimenti “a partecipazione mafiosa”, vale a dire quelle imprese che vivono della capacità di accesso costante ai fondi pubblici e agli appalti delle pubbliche amministrazioni con la partecipazione diretta, anche a volte nella struttura societaria, di quei soggetti che dovrebbero garantire regole e trasparenza: vale a dire politici e amministratori locali.

LABORATORIO IN VACANZA: FORZATA

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La composizione e la scomposizione delle parole: ovvero l”anagramma.

La crisi economica di questo anno corrente 2009, che per le sue dimensioni, pressochè planetarie, e per la sua gravità è destinata ad affiancare, se non a soppiantare, sul piano antonomastico, quella del 1929, approda come un malefico vascello fantasma ovunque e ora anche al nostro Laboratorio.

Il buon Luigi, il custode, andrà in ferie lunedì, 28 luglio, e la Direzione ha deciso di non sostituirlo con un supplente, come ha fatto negli ultimi due anni, allo scopo di tenere aperto il Laboratorio e soprattutto l”annessa Biblioteca e permettere a coloro che volontariamente o forzatamente sono costretti a rimanere in città di poterne usufruire. Purtroppo i fondi non bastano, dopo la deplorevole decurtazione del finanziamento che è stata decretata dagli Enti preposti, a livello regionale e nazionale.

Perciò il Laboratorio chiuderà venerdì, 24 p.v. e riaprirà il primo settembre. Qualcuno paventa una chiusura ancora più lunga, se Luigi, notoriamente epatopatico, chiederà di prolungare, come ogni anno, le sue ferie per un necessario e salutare soggiorno a Chianciano.
Anche il dottorino è in partenza, è arrivato di buonora per un saluto. Con un gruppo di amici ha scelto la Grecia, quindici giorni ad Atene e solo ad Atene, per vedere con la dovuta calma tutto quello che c”è da vedere di artistico, antico e moderno, e anche per conoscere (e vivere) la città di oggi. Lo muove pure il desiderio di fare esperienza del greco moderno e avviare così uno studio comparativo tra lingua antica e lingua parlata.

“A proposito di quanto dicevamo l”altro giorno, – chiede al prof. Carlo A. che ha appena finito di dare uno sguardo al giornale ed ha segnato su un foglietto i due o tre articoli che ha intenzione di leggere per intero – ossia dell”anagramma, si può considerare tale anche quello sillabico?”
“Certo, perchè no? Si tratta sempre di una operazione di scomposizione e ricomposizione di una parola, invece che in lettere in sillabe. Intanto debbo fare una rettifica di un errore che commisi proprio l”altro giorno. Il nome della Zamponi (l”autrice de “I Draghi locopei”, anagramma di “I giochi di parole, Ed. Einaudi, 1986) non è Elisa, bensì Ersilia. Si è trattato di un “lapsus linguae” oltre che “memoriae”, causato dalla omofonia allitterativa delle due parole (la presenza in esse degli stessi fonemi all”inizio e all”interno).
Da notare anche che proprio queste offrono un esempio di anagramma sillabico (lo scambio di posto delle sillabe –li- e –sa- con –si- e –l(i)a-) imperfetto (le lettere del nome Ersilia sono di più rispetto a quelle di Elisa), che può chiamarsi anche metatesi naturale:”

“Naturale in che senso?”
“Nel senso di involontario:.a volte capita che nel parlare si tende a modificare le parole per facilitarne o rendere più eufonica la pronuncia: considera i fenomeni di elisione, troncamento, protesi e simili :.pensa anche ad alcune modifiche nel nostro dialetto:il fenomeno di rotacizzazione (la “d” che diventa “r”: da “dummenica” a “rummenica”), di palatalizzazione (la labiodentale “f” che diventa “sci”: da “fianco” a “scianco”; da “fiore” a “sciore”; o anche la doppia sibilante “ss” che diventa “sci”: da “cassa” a “cascia”). Invece altre modifiche sono volontarie ed arbitrarie. Sono quelle che si attivano con i giochi linguistici:”

Il prof. si interrompe. Ha notato che il dottorino ha guardato l”orologio e si è alzato. Capisce che ha premura di andar via.
“Ma di questo parleremo la prossima volta:” – soggiunge.
“Debbo proprio andare – si scusa il dottorino – Vorrei prendere in prestito un libro dalla biblioteca da portare in viaggio:mi può consigliare?”
” Due libri di piccolo formato, proprio:da viaggio, da ficcare, sarebbe il caso di dire da inzeppare in un angolino del tuo zaino che, immagino, già pieno zeppo (=zeppato)”.

Uno, quasi “palmare”, di Alberto Arbasino, “La vita bassa”, edito l”anno scorso nella “Biblioteca minima di Adelphi, l”altro di Stefano Bartezzaghi, “L”elmo di Don Chisciotte/ Contro la mitologia della creatività”, uscito fresco fresco da qualche mese nella collana “Saggi tascabili” di Laterza. Credo possano accompagnarti in modo discreto, piacevole e: intelligente”.
“Grazie, professore, arrivederci e buone vacanze!”
“Buone vacanze anche a te!”.

L’ENCICLICA DEL PAPA

Nell”enciclica il Papa insiste per dare un”anima ed un”etica all”economia, indicando i valori eterni e intramontabili della dignità della persona, della solidarietà e della sussidiarietà.
Di don Aniello Tortora

Finalmente è stata pubblicata (19 giugno 2009) la nuova enciclica sociale di Benedetto XVI.
È da leggere con calma, da approfondire con intelligenza, da “digerire” con fede.
Potremmo dire che il Papa ha in mente alcuni pensieri-chiave: re-inventare il mercato, ri-progettare il capitalismo, perseguire il bene comune, richiamare tutti ad un”etica della responsabilità e della giustizia sociale, la dignità dei lavoratori, il vero sviluppo economico.
Sul tema del capitalismo il Papa afferma che “la crisi finanziaria è una grande opportunità per rivedere le regole del capitalismo, migliorandone finalità e strutture”.

Sullo sviluppo il Papa dice che “lo sviluppo è impossibile senza giustizia sociale e uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano pienamente nelle loro coscienze l”appello al bene comune, rifuggendo corruzione, illegalità e sete di potere”.
Sulla bioetica Benedetto XVI puntualizza il fatto che “la procreazione e la sessualità, l”aborto e l”eutanasia, le manipolazioni dell”identità umana e la selezione eugenetica sono problemi sociali di primaria importanza che, se seguiti secondo una logica di pura produzione, deturpano la sensibilità sociale, minano il senso della legge, corrodono la famiglia ed i deboli”.

Il Papa nell”Enciclica affronta con forza anche il tema dell”ambiente. “L”ecologia ambientale – dice- deve liberarsi da alcune ipoteche ideologiche che consistono nel trascurare la superiore dignità della persona e nel considerare la natura solo materialisticamente prodotta dal caso o dalla necessità. Tentazioni ideologiche oggi presenti in molte versioni dell”ecologismo. I Paesi ricchi e i gruppi di potere pongano fine all”accaparramento delle risorse a danno dello sviluppo dei paesi poveri. La comunità internazionale deve perciò trovare le strade istituzionali per disciplinare lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili. Le società tecnologicamente avanzate devono diminuire il proprio fabbisogno energetico e far avanzare la ricerca di energie alternative”.

Per quanto riguarda l”ONU e le ONG Benedetto XVI afferma che “gli organismi internazionali, come l”ONU, e le sue agenzie e molte ONG, dovrebbero interrogarsi sulla reale efficacia dei loro apparati burocratici e amministrativi, spesso troppo costosi e poco trasparenti. Chi è destinatario degli aiuti diventi funzionale a chi lo aiuta ed i poveri non servano più a tenere in vita determinate organizzazioni”.
Affronta, poi, -il pontefice- il tema del profitto, sottolineando che esso “è utile se, in quanto mezzo, è orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul come utilizzarlo. L”esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia, invece di distruggere ricchezza e creare povertà”.

Un ultimo pensiero, ma non certamente in ordine di importanza, il papa lo rivolge al mondo delle imprese e ai lavoratori. “Assicurare –dice– il lavoro a tutti gli uomini, specialmente a chi vive nel bisogno, perchè cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità, nascono nuove povertà. La corruzione è presente nei paesi ricchi e poveri. A volte, le grandi imprese transnazionali non rispettano i diritti dei lavoratori e gli aiuti internazionali sono stati spesso distolti dalle loro finalità, per irresponsabilità dei donatori e dei fruitori. Ma ci sono anche eccessive forme di protezione della conoscenza da parte dei Paesi ricchi, mediante un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale, specialmente nel campo sanitario”.

Sono, questi, solo alcuni tra gli argomenti del documento.
A me pare, ad una prima superficiale lettura dell”enciclica, che il Papa insista per dare un”anima ed un”etica all”economia, indicando i valori eterni e intramontabili della dignità della persona, della solidarietà e della sussidiarietà, per costruire, insieme, una società più “equa e solidale”.

PILLOLE DI STORIA. ADOLF HITLER: UNA TRAGEDIA PER L’UMANITÁ

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Hitler, imbianchino, ex caporale austriaco, a capo del partito nazista si accredita come paladino della Germania dell”epoca, “disarmata, indifesa, disonorata”. L”umanità si avvia verso una delle più grandi tragedie mai vissute.
Di Ciro Raia

Un”immane tragedia si profila per l”intera umanità, quando un imbianchino, un ex caporale austriaco, Adolf Hitler, cerca di governare la crisi politica ed economica in cui si dibatte la Germania. Considerata la principale responsabile della I guerra mondiale, infatti, la Germania (definita da un popolare slogan dell”epoca: “disarmata, indifesa, disonorata”), è stata costretta a pagare esosi indennizzi bellici, che – accoppiati ad un difficile momento di indirizzo politico ed alla paura di una prossima rivoluzione- generano attentati ai politici, inflazioni, malcontento e tensioni sociali.

Hitler è un fanatico reduce della guerra, ammaliato dal successo di Mussolini e dalla marcia su Roma delle sue camicie nere. E, perciò, tenta di fare la stessa operazione a Monaco di Baviera (il cosiddetto putsch della birreria), quando, nel novembre del 1923, alla testa di circa 3.000 uomini, mette in atto una manovra di colpo di Stato. Il tentativo fallisce ma origina le simpatie di ambienti della magistratura e del governo nei confronti dell”ex imbianchino, che è inizialmente arrestato (la prigione è l”occasione per scrivere “Mein Kampf” [La mia battaglia], in cui è racchiuso tutto il suo credo politico) e, poi, scarcerato, si dedica al controllo del Partito Nazista.

Così, Hitler, riesce ad accreditarsi come il paladino della nazione, prende in mano le sorti della Germania ed avvia l”umanità ad una delle più grandi tragedie mai vissute. Egli, nel tentativo di sottrarre i Tedeschi dall”isolamento politico conseguente alla guerra, firma un accordo con l”Italia –il cosiddetto Asse Roma-Berlino– nell”ottobre del 1936. Il patto sancisce l”intesa tra i due governi per una reciproca consultazione su ogni questione internazionale. Ma il patto ratifica anche la rottura del fronte alleato costituitosi con la I guerra mondiale, insieme alla costituzione di due blocchi, contrastanti per idee ed interessi.

Così, sulla scia di una politica espansionistica e di una strategia omicida, Hitler occupa l”Austria (1938) e la regione dei Sudeti in Cecoslovacchia; poi, visto che la politica dei “colpi di forza” è vincente, avanza ad occupare anche la Boemia e la Moravia (1939). Quindi, punta le sue mire sulla Polonia e sul cosiddetto corridoio di Danzica, la striscia di terra che divide la Prussia orientale dal territorio tedesco.
Quando la Francia e l”Inghilterra capiscono che l”azzardata politica tedesca deve essere fermata, è già troppo tardi. Il 1° settembre 1939 Hitler attacca la Polonia e firma, ufficialmente, l”inizio della II guerra mondiale.

Intanto, Mussolini, cercando di emulare il dittatore tedesco, il 6 aprile 1939, senza alcuna giustificazione, ha dato il via ad una veloce ed apparentemente felice occupazione dell”Albania, che gli consente di poter dichiarare al ministro Bottai: “Non c”è più nulla da fare. Si persuadano che possiamo passeggiare come vogliamo nei Balcani”. Precedentemente, nel 1937, il Duce ha sottoscritto il Patto Anticomintern, un patto antisovietico, con la Germania ed il Giappone. Ancora nel 1939, poi, stipula con la Germania il Patto d”Acciaio, un impegno reciproco ad aiutarsi in caso di guerra; nel 1940, invece, con l”Europa già in guerra, sottoscriverà, con le stesse nazioni, il Patto Tripartito, un”alleanza che mira alla conquista ed alla spartizione del mondo.

LA CAMORRA COME METODO

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I fatti di cronaca di Napoli e Provincia denunciano che si è indebolita la distinzione tra comportamenti civici responsabili e pratiche illegali di sopravvivenza. È il trionfo della camorra “liquida”.
Di Amato Lamberti

Un ragazzo ammazzato a freddo a Poggiomarino mentre su una panchina nel centro della città parlava con la sua ragazza, rimasta anch”essa ferita. Tanta gente era in piazza: nessuno ha visto niente. Una banda di usurai, quattordici persone, in prevalenza donne, veri e propri “vampiri” che succhiavano il sangue delle loro vittime ricorrendo a violenze e torture anche in presenza dei familiari atterriti, è stata arrestata ad Ercolano (nella foto un arresto compiuto in quell”operazione). Molti sapevano ma nessuno aveva avuto il coraggio di denunciare.

In un ospedale napoletano il racket del caro estinto imponeva ditte amiche ai familiari delle persone appena decedute, con la complicità di infermieri, barellieri, autisti di ambulanze, anche con minacce e violenze sulle salme prelevate a forza anche dalle bare in cui erano state sistemate. Sono state necessarie delle intercettazioni telefoniche per incastrare i responsabili.

Uno “zingaro” rumeno, Petru Birladeanu, che con la sua fisarmonica si esibiva all”ingresso della stazione della Cumana a Montesanto, ammazzato per la bravata di un gruppo di manovali della camorra che scorazzavano in motocicletta nel quartiere sparando all”impazzata per dimostrare che erano loro a comandare la piazza.
Molti potevano soccorrerlo e trasportarlo al vicinissimo ospedale dei Pellegrini, come dimostrano i filmati, ma tutti hanno preferito fuggire, per paura e per non farsi coinvolgere. Tutti episodi registrati nella stessa settimana.

Si potrebbero aggiungere tanti altri fatti di violenza, usura, estorsioni, minacce, ferimenti, che scandiscono con una frequenza e una regolarità insopportabile la cronaca quotidiana della città e della provincia, e che si svolgono nella più assoluta indifferenza di casuali spettatori la cui unica preoccupazione sembra essere quella di far sparire le tracce di una presenza che potrebbe diventare compromettente, nel senso di farli entrare, come testimoni, nel processo di ricostruzione dei fatti e riconoscimento dei protagonisti.

Nessuno, però, nè a livello politico, nè a livello di organi di informazione, si chiede che cosa mai stia succedendo. Come se tutto questo fosse normale; come se estorsioni, usura, violenze, ferimenti, uccisioni, fossero diventati fatti che possono produrre sì indignazione nell”opinione pubblica ma non impongono reazioni attive, partecipazione dei cittadini all”individuazione dei colpevoli, mobilitazione, senso civico. E, questi fatti, non meritano neppure uno straccio di analisi e di riflessione sulle possibili responsabilità.

Non mi voglio addentrare in analisi sociologiche sulla condizione di anomia nella quale l”intera società sembra precipitata, ma non si può non prendere atto delle conseguenze dell”affievolirsi dei criteri di distinzione tra comportamenti civicamente responsabili e pratiche illegali di sopravvivenza. Certamente, l”insicurezza è diventata l”orizzonte insuperabile della condizione dell”uomo contemporaneo. L”incertezza del futuro come del presente e la consapevolezza del rischio incombente che sembrano caratterizzare la vita quotidiana di ogni individuo può servire a spiegare tanto la forzatura delle regole per il raggiungimento di obiettivi di quotidiana sopravvivenza, quanto il disinteresse per tutto ciò che non ci riguarda direttamente e nel quale non vogliamo comunque essere implicati per timore di conseguenze indesiderate.

Ma non bastano a spiegare la tolleranza, se non l”acquiescenza, per comportamenti che minano le stesse basi della coesistenza sociale. La mia convinzione, come ho scritto in altra sede, è che anche la camorra, insieme alla società, sia diventata “liquida”, e abbia finito per penetrare, fin negli interstizi delle mentalità e dei comportamenti individuali, la società nella quale viviamo.

Una società nella quale, per fare un esempio più generale, la corruzione pubblica costa alla collettività 100 miliardi di euro l”anno, come dimostra la Corte dei Conti, tocca quindi pesantemente le tasche di ciascuno, ma non solleva non dico un moto di rabbia ma nemmeno una reazione di giustificata preoccupazione.

PILLOLE DI “900. IL FASCISMO SI APPROPRIA DEI SUCCESSI DELL’ITALIA

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Tra il 1933 ed il 1939, l”Italia sportiva, quella delle lettere, delle scienze, si afferma riportando successi e meritando riconoscimenti internazionali. In nuovo Papa è Pio XII.
Di Ciro Raia

Il regime fascista sfrutta essenzialmente lo sport come camera di risonanza e strumento di pubblicità. Mussolini, rivolgendosi ad un gruppo di sportivi, afferma: “Ricordatevi che quando vi misurate in terra straniera, è ai vostri muscoli e soprattutto alle vostre virtù morali che sono affidati l”onore e il prestigio sportivi della nazione”.

Due nomi di atleti si affermano su tutti: Primo Carnera e Tazio Nuvolari. Il primo –vincitore di un titolo mondiale dei pesi massimi, nel 1933, è un pugile senza tecnica ma di grande potenza; il secondo, il leggendario “Nivola”, è un pilota d”automobili, trionfatore della Mille Miglia e di un centinaio di gare su circuito.
Nel ciclismo, particolarmente prestigiosi sono i titoli di campione del mondo, conquistati da Learco Guerra nel 1931 e la vittoria, nel 1938, di Gino Bartali al Tour de France, che si merita un”intera pagina de La Gazzetta dello sport: “Un comandamento dell”Italia del Duce: VINCERE. Bartali , campione della Legnano, ha obbedito!”.

Nel campionato di calcio la Juventus inaugura un quinquennio di vittorie (1931-1935), poi, interrotto dai primati del Bologna, lo squadrone, che tremare il mondo fa”. Ma, nel calcio, di grande rilievo sono soprattutto le vittorie della nazionale italiana, che si laurea campione del mondo, nel 1934 e nel 1938 (foto). La finale del 1934 si gioca a Roma, contro la Cecoslovacchia e finisce 2 a 1 per gli azzurri. È un tripudio sportivo e di propaganda fascista. La formazione italiana, allenata da Vittorio Pozzo, solito galvanizzare i suoi giocatori, facendo suonare negli spogliatoi “La canzone del Piave”, schiera: Combi, Monzeglio, Allemandi, Ferraris IV, Monti, Bertolini, Guaita, Meazza, Schiavio, Ferrari, Orsi. La finale del 1938 si gioca, invece, a Parigi: la squadra avversaria è quella dell”Ungheria, che è sconfitta per 4 a 2. L”allenatore italiano è sempre Vittorio Pozzo.

Ai giochi olimpici di Los Angeles, nel 1932, l”Italia vince 12 medaglie d”oro, 12 d”argento e 11 di bronzo: risulta, per numero di medaglie, la seconda squadra del mondo, con un trionfo per i ginnasti, per Luigi Beccali –vincitore dei 1.500 metri- e per i ciclisti Olmo e Pavesi. Agli XI giochi olimpici di Berlino, invece, nel 1936, l”Italia si aggiudica 8 medaglie d”oro, 9 d”argento e 5 di bronzo. Ondina Valla, medaglia d”oro sugli 80 metri a ostacoli, batte anche il primato mondiale.
Nel mondo delle arti sorgono molte stelle. Sui palcoscenici dei teatri di varietà si impone la bravura di un giovane attore, Vittorio De Sica, mentre, eseguendo una musica che poco piace al fascismo, emerge l”orchestra di Gorni Kramer, che suona brani al ritmo di jazz, swing, be pop.

Il Nobel premia, a distanza di pochi anni l”uno dall”altro, due italiani: Luigi Pirandello, nel 1934, per i suoi meriti letterari ed Enrico Fermi, nel 1938, per i suoi studi sulla Fisica. Dopo aver ritirato il premio a Stoccolma, lo scienziato prosegue per gli USA. Fermi, infatti, è costretto a lasciare l”Italia, perchè la moglie ebrea è colpita dalle leggi razziali.

Nelle lettere si affermano i nome di Corrado Alvaro (Gente in Aspromonte), Ignazio Silone (Fontamara), Elio Vittorini (Il garofano rosso), Cesare Zavattini (Parliamo tanto di me), Alfonso Gatto (Isola), Aldo Palazzeschi (Le sorelle Materassi), Mario Soldati (America primo amore), Riccardo Bacchelli (Il Mulino del Po). Ferdinando Loffredo pubblica un libro –”La politica della famiglia”- in cui è racchiuso il punto di vista fascista rispetto al ruolo della donna, che è considerata “un essere inferiore, meno intelligente dell”uomo, per niente adatta allo studio o al lavoro che la mascolinizza, la rende sterile, danneggiando la stirpe”.

Tra i giornalini, al “Corriere dei piccoli”, si aggiungono Rin Tin Tin e l”Intrepido. Nascono due nuove riviste: Tempo Illustrato e Oggi.
Ma qualcosa comincia a cambiare. Mussolini decide di appoggiare la guerra, che il generale ribelle spagnolo, Francisco Franco, combatte contro il governo repubblicano del suo paese, inviando sul suolo iberico circa 50.000 soldati “volontari” E sullo stesso suolo combattono anche 5.000 italiani, antifascisti, arruolati nelle brigate internazionali. Successivamente, poi, il duce, nel 1939, dà ordine di invadere l”Albania. È a questo punto che la Chiesa dà segni di insofferenza nei confronti del regime fascista.

Nello stesso 1939, infatti, nel discorso del decennale dell”approvazione del Concordato, Pio XI è deciso a criticare duramente il fascismo; la sua intenzione, però, non ha seguito, perchè, improvvisamente, muore. A succedergli è eletto il cardinale Eugenio Pacelli, che prende il nome di Pio XII. Pacelli è stato, per anni, nunzio apostolico a Berlino ed ha maturato una grande avversione alla politica dittatoriale di Hitler.


DEDICATO A TAZIO NUVOLARI

CAMORRA E POLITICA. STESSE FACCE E STESSI INTERESSI

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“La Campania è in mano alla camorra. La politica deve farsene carico”. Questo allarme di inaudita gravità è lanciato dal giudice Morello. Ma tutto tace…tutti nicchiano.
Di Amato Lamberti

“Mai come in questo periodo di crisi la Campania è in mano alla camorra e l”economia lo è ancora di più. Gli arresti si fanno, le carceri sono piene, ma il problema non è risolto: la politica deve farsene carico”. L”allarme è del giudice Tullio Morello, presidente della giunta distrettuale dell”Anm, nel corso della “Giornata per la giustizia” che è stata celebrata il 30 giugno in Tribunale a Napoli. Un allarme che da tempo lanciamo dalle colonne di questo giornale ma che non sembra sollevare l”attenzione delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche se non a livello di manifestazioni simboliche.

Ma proviamo a capire cosa intende il giudice Morello quando afferma che “la criminalità organizzata controlla l”economia campana”. L”emergenza rifiuti ha dimostrato che la camorra controlla completamente il trasporto e lo smaltimento illegali dei rifiuti industriali tossici e nocivi. Questo significa che possiede e controlla società di trasporti con centinaia di camion, ma anche società per la movimentazione di terreno dotate di ruspe, escavatrici, caterpillar, oltre a possedere cave e impianti per frantumare e triturare la roccia, discariche autorizzate, impianti per il compostaggio e il trattamento di rifiuti liquidi e solidi.

Queste attrezzature e questi impianti vengono utilizzati anche per altre attività: raccolta differenziata di rifiuti solidi urbani in molti Comuni della Campania con regolare gara e regolare affidamento; trattamento di frazioni differenziate di rifiuti provenienti da regolare raccolta comunale; appalti pubblici di lavori di manutenzione stradale; appalti pubblici per lavori di risistemazione rete fognaria e di tutti i lavori dove sono necessari scavi e movimento terra; manutenzione straordinaria di edifici pubblici, ospedali, scuole, caserme, grandi assi viarii. Le imprese della camorra non lavorano solo su appalti pubblici ma operano anche a livello privato nel settore delle costruzioni e delle forniture di beni e servizi. Sono inoltre presenti nel settore del commercio e della grande distribuzione.

Basta leggere i provvedimenti di sequestro e confisca dei beni a personaggi e organizzazioni camorriste eseguiti dalla Magistratura per rendersi conto di quanto estesa e radicata sia la presenza della camorra nell”economia campana. Il giudice Melillo, nella relazione 2008 della Procura Nazionale Antimafia, parla di “una gigantesca offerta di servizi criminali che corrisponde e si nutre di una proporzionale domanda di abbattimento dei costi (e dunque di moltiplicazione delle opportunità di profitto) dell”impresa legale (e di una platea ancora più vasta di soggetti più occasionalmente interessati a sfruttare le opportunità del ricorso a pratiche delittuose: dalla partecipazione a truffe in danno di compagnie assicurative alla realizzazione di opere edilizie abusive, dal procacciamento di merci di provenienza delittuosa alla “mediazione” dei conflitti.).

In pratica, la camorra sta dentro l”economia sia con attività proprie e sia con l”erogazione di servizi legali, ma richiesti a condizioni illegali. “E qui -dice sempre Melillo- il campo di osservazione si allarga a dismisura, in corrispondenza a qualsivoglia esigenza dei mercati legali che si voglia soddisfatta con metodologie illecite in grado di ridurne i costi: dal trasporto e smaltimento dei rifiuti alla fornitura di inerti, dalla distribuzione di idrocarburi da autotrazione alla fornitura di prodotti industriali contraffatti, dalla fatturazione di operazioni inesistenti alla “semplificazione” delle procedure amministrative.”

Una presenza costante, quella della camorra, che grazie all”intreccio con l”economia legale e con la pubblica amministrazione è diventata praticamente invisibile e, quindi, “normale”. Se ne dovrebbe occupare la politica di questa situazione, dice il giudice Morello, ma come può farlo se vincono, governano, decidono e comandano, a tutti i livelli istituzionali, i politici che sfruttano e alimentano, anche quando a chiacchiere affermano il contrario, questa situazione nella quale il confine tra legale e illegale si è completamente dissolto e camorra e politica sono rappresentate dalle stesse facce?

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