Somma Vesuviana, la memoria liturgica della Vergine della Neve e la festa delle lucernelle…

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Il  tentativo di dare una risposta esauriente per ben comprendere il corso storico di una festa molto sentita….

 

Nel 1595 l’Università di Somma, attraverso i suoi tre sindaci, implorò Sua Santità Papa Clemente VIII, affinché fosse eretta una Collegiata, dove si potevano celebrare le ore canoniche e gli altri divini offici. Nel 1599 il Vescovo di Nola, Fabrizio Gallo, accogliendo le disposizioni di Sua Santità, eresse a Collegiata sotto il titolo di S. Maria Maggiore o della Neve quella chiesa di S. Maria della Sanità appartenuta agli Agostiniani. Per l’istituzione della Collegiata, quindi, non si costruì una nuova chiesa, come si potrebbe pensare, ma si ristrutturò quella preesistente, che per la posizione, l’ampiezza e le sue dotazioni diede ottime garanzie. Nella Collegiata è tuttora conservata una stupenda statua lignea di Santa Maria della Neve risalente al XVIII secolo, testimonianza di arte e cultura napoletana, che raffigura la Madonna col Bambino. Inoltre nel soffitto manca attualmente al centro una rovinata Madonna della Neve recentemente restaurata.  Nell’agosto del 2013 il dr. Ugo Di Furia ci ha confermato che un ricercatore avrebbe riscontrato in archivio un documento che attribuisce la Madonna della Neve, posta al centro del soffitto, al pittore Pietro De Martino, allievo di Luca Giordano. A tal riguardo Gian Giotto Borrelli, nel sul libro sulla scultura lignea in Basilicata, attesta e ci conferma che:

Il 28 aprile 1721 lo scultore Giacomo Colombo assunse Marc’Antonio Cangemi affinché eseguisse la doratura della sua scultura del soffitto e il 5 agosto successivo Pietro de Martino, uno di quei pittori genericamente definibili giordaneschi, per fargli dipingere i quadri, richiedendo esplicitamente a quest’ultimo, con insolita clausola, di apporre la firma su uno di essi (Cfr. ASN, Notai sec. XVIII, Vito Antonio Mascolo, 27/15, F.241, segg. 254, 406 segg.).

La devozione nel tempo verso la  Madonna della Neve crebbe mirabilmente tantoché in un rogito del 10 aprile 1738 del notaio Gaetano Cicconi di Somma si legge che tal Francesco Mele concesse ai Canonici della Collegiata annui ducati cinque per la celebrazione della festività della Madonna della Neve e 15 moggia di territorio nella contrada Rosanea. In mancanza della festività della Vergine, il testamentario dispose di far celebrare una messa nel suo anniversario di morte per la salvezza della anima sua (Archivio confraternite nolane, Curia Vescovile di Nola).  Nel mese di agosto del 1756 il Priore del Monastero della Pace di Somma (ubicato attualmente dove si trova la pizzeria Aragonese) attestava un esito di carlini dieci spesi per oglio e cera per la festa della Madonna della Neve fatta in Chiesa (Archivio di Stato di Napoli). Quindi, all’epoca, la memoria liturgica della Vergine della Neve era già tenuta in grande considerazione. Nel 1762 un gruppo di fedeli di condizione diversa al fin di esercitarsi negli atti di Religione, sovvenirsi scambievolmente e fare qualche opera di beneficenza, si adunarono intorno a questa Vergine e decisero di associarsi in una confraternita sotto tal vocabolo. Più tardi, tra il 1765 e il 1766, i Canonici della Collegiata accordarono ai confratelli l’uso gratis della statua della Madonna della Neve, stabilendo determinate condizioni: che detta statua resti in pieno dominio di esso Capitolo, e debba da esso conservarsi nel luogo solito, insieme con tutti gli abiti ed argento e con le chiavi custodite nella Collegiata. La confraternita , inoltre, era obbligata a mantenere il decoro della statua dotata di due vesti ricche, ed altre, con merletti, manto, corona d’argento, crocetta, Pedagna, ed ancora il Bambino ben vestito con corona simil argento. Lo stesso documento dell’epoca attestava ancora che in ogni seconda domenica del mese si teneva la processione della suddetta Beata Vergine, nel circuito del quartiere murato e nella 2^ domenica di agosto la processione per la Città in occasione della festa della Chiesa (Archivio della Collegiata, Atti inerenti la Confraternita della Neve).

L’attuale Festa delle Lucerne è, quindi, una solennità extra liturgica abbinata alla festa della Dedicazione della Basilica di S. Maria Maggiore, anche chiamata la festa della Madonna della Neve, che viene riproposta, oggi, ogni quattro anni. Festa, proposta in due edizioni negli anni ’50 del Novecento e successivamente ripresa negli anni Settanta del Novecento, per molti aspetti unica in tutto il Meridione, il cui aspetto più caratteristico è dato oltre dalla presenza di centinaia di piccole lucerne a olio disposte in alcune strade secondo una tradizionale e particolare coreografia, anche da un antico canto di nenia omofono, sciolto, a carattere melismatico, in tonalità minore, intonato a cappella dalle invisibili donne del luogo, durante la processione del 5 agosto della Madonna della Neve.  Nel corso degli anni tanti studiosi si sono cimentati con le loro riflessioni, proponendo varie teorie sull’origine, addirittura pagane. Nessun documento dell’archivio storico della Collegiata, nessun illustre storico del passato, ne tantomeno lo statuto antico della Confraternita, la cita. Poteva essere un’invenzione se non fosse intervenuto il compianto studioso Giorgio Cocozza con le sue argute ricerche nell’Archivio di Stato di Napoli a toglierci tanti dubbi. A tal riguardo dai Ristretti degli esiti straordinari fatti dai Reverendi Priori del Convento della Pace di Somma tra il 1755 e il 1760 si legge quanto segue:

 Mese di agosto 1757

Si fa esito di grana cinquanta pagate per compra di carta per i lampioni ed oglio per li lumi fatti nella festa delle lucernelle;

 Mese di agosto 1759

Si fa esito di carlini cinque pagati per compra di oglio ed altro servito per li lumi fatti per la festa della Madonna della Neve.

Queste importanti notizie, rinvenute nella busta 6594 dei fascicoli delle Corporazioni religiose soppresse dell’Archivio di Stato di Napoli, sono gli unici documenti finora che comprovano lo svolgimento di un’antica festa delle lucernelle in onore della Madonna della Neve, ma non attestano nient’altro. Tanti sono ancora gli interrogativi da sciogliere. Certamente in principio doveva essere era un’umile festa, cittadina o rionale, con le lucernelle che si comportavano, in un certo senso, come le moderne luminarie delle feste patronali. L’uomo, infatti, ha voluto sempre arricchire la festa di luci, di arredo e di gioia. E’ facile il coinvolgimento, in origine, di tutto il paese nella festa. In questo modo si spiegherebbe anche la presenza delle lucerne nel vico Malacciso, posto extra urbem o extra moenia. Come si evince dagli atti custoditi nell’Archivio Storico della Collegiata la memoria liturgica, ossia la festa della Dedicazione di Santa Maria Maggiore o della Neve, non veniva celebrata il 5 agosto, poiché il Capitolo della Collegiata aveva la consuetudine di celebrarla nella seconda domenica di agosto con una grande processione della Vergine per la città come conferma anche lo studioso Migliaccio. L’interrogativo sul perché non veniva solennizzata il 5 agosto, come stabilito dal calendario liturgico, era dovuto al fatto che in Città il 5 agosto si festeggiava  sicuramente la memoria liturgica di San Domenico, tenuta in grande considerazione sin dai tempi di Gregorio Magno. Non è un caso che San Domenico lo troviamo protettore di Somma nel 1642, come riferiscono gli atti delle Conclusioni dell’Università di Somma. Sfatiamo poi il fatto che la nostra festa delle lucerne sia l’unica in tutto il Meridione: anche a Conversano, come a Somma, in occasione dell’antica festa e processione di San Rocco vi era un’illuminazione, che si direbbe ufficiale, composta di lucernelle, piccole lucerne di creta aperte sopra, che erano poste su regoletti di tavole, affisse ai muri (straelle), in forma di croce o triangolo o in qualche altra forma geometrica di facile esecuzione (P. Rescio, La cattedrale di Conversano, Catanzaro, 2001, pag.242) Queste numerose feste – come anche quella settecentesca di San Gaetano a Napoli nel settimo giorno di Agosto – con fronde, legni e lucerne, erano frequentissime nel Regno delle Due Sicilie tantoché, quando nel 1854 il Cav. Francesco Del Giudice, direttore del Corpo dei Pompieri della Città di Napoli, diede alle stampe – come riferisce lo studioso Domenico Parisi – il suo Manuale pratico per gli incendi, dedicò un intero capitolo alla loro accorta e prudente realizzazione, sottolineandole i rischi e i pericoli connessi. Il compianto Raffaele D’Avino ci conferma, in uno dei tanti suoi articoli apparsi sulla rivista Summana, che l’olio, detto ’o cisto, per alimentare le lucerne era in consegna alla Confraternita della Neve e veniva pagato per molti anni da rendite derivanti da alcune abitazioni in via Botteghe, ma non cita la fonte da cui proviene questa notizia. Poi tutto tace. Ecco che poi è subentrata, tutto ad un tratto, la fantasia popolare, l’invenzione, la scena, le figure geometriche, gli specchi, i fantocci, le zucche, le oche, la morte, l’acqua: una mescolanza di strani effetti che hanno solamente stimolato tanti antropologi, etnologi e pseudo studiosi a divulgare azzardate considerazioni, senza però penetrare nel cuore della ricerca storica. Comunque l’evento rimane per la sua atmosfera magica una delle più suggestive feste della Campania e uno dei momenti più esaltanti e qualificanti di un quartiere dal glorioso passato.