Napoli: la Guglia dell’Immacolata, la leggenda sulla statua della Madonna e uno strano predicatore

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La Guglia dell’Immacolata, in piazza del Gesù, è alta più di 34 metri ed è dunque la più alta delle guglie napoletane: così scrive Angela Schiattarella. Intorno alla statua dell’Immacolata, che “corona” la Guglia, si sviluppò una di quelle strane leggende, che, come racconta Martin Rua nel libro “Napoli esoterica e misteriosa”, sono state “ricamate” intorno a molti edifici della città. Le “stranezze” del predicatore gesuita Francesco Pepe e i carri del Battaglino: l’infinita storia di Napoli.

La storia della Guglia iniziò nel 1743 quando Carlo di Borbone partecipò con la moglie Maria Amalia di Sassonia alla spettacolare cerimonia nel corso della quale fu posto sull’altare maggiore della Chiesa del Gesù un gruppo scultoreo in argento che rappresentava la Madonna e la Trinità ed era stato costruito sul modello fornito dello scultore Domenico Antonio Vaccaro. Di questo gruppo è rimasta solo la base. In quella occasione il re esortò padre Francesco Pepe, predicatore gesuita noto a tutto il popolo napoletano, a estendere anche all’aperto il culto dell’Immacolata facendo erigere in piazza, là dove prima c’era una statua equestre di Filippo V, un gruppo marmoreo con l’immagine di Maria. Il Pepe condivise l’idea del re e accettò l’incarico, a patto che l’opera venisse finanziata dalle offerte dei fedeli e non da Carlo: ci dice lo studioso P. Michele Errichetti che il frate accettò dal re solo 600 ducati, mentre l’intera opera costò non meno di 100.000 ducati. Proprio in quel tempo l’attività di predicatore di padre Pepe era “colpita” non solo da anonimi libretti satirici, ma anche dai provvedimenti dell’arcivescovo di Napoli e dal Santo Uffizio. In particolare, destava preoccupazione e sarcasmo l’abitudine del predicatore di distribuire tra i fedeli “cartelline” e “bigliettini” dell’Immacolata, di cui garantiva il potere miracoloso. E i fedeli non solo conservavano gelosamente questi doni preziosi, ma spesso li masticavano e li ingoiavano con conseguenze anche gravi per la loro salute. Ci dice Vittorio Gleijeses che il Pepe “ebbe come consigliere e amico” Sant’Alfonso Maria de’ Liguori” e che spesso egli tornava in convento con “le vesti trinciate” dai fedeli che tagliavano di nascosto pezzi della sua tonaca per tenerli come reliquie. Non c’è da meravigliarsi se, al di là delle sue responsabilità, il Pepe era inviso ai religiosi degli altri ordini, ai prelati vaticani e ai nobili napoletani che non sopportavano l’amicizia accordatagli da re Carlo. Fra tutti i progetti che gli architetti napoletani presentarono al Pepe e Pepe propose all’attenzione del re, Carlo scelse quello di Giuseppe Genoino, che si era ispirato alle “macchine da festa” del Battaglino. Nel 1616 il nobile Pompeo Battaglino, membro della Confraternita dell’Immacolata di Montecalvario, aveva donato una notevole somma di danaro per la costruzione di carri allegorici che il Sabato Santo percorrevano l’Imbrecciata e via Toledo con la statua dell’Immacolata, circondata da festose scene dei Misteri. Era così rumorosa la sfilata che i Napoletani, per indicare una folla chiassosa, incominciarono a dire: “pare ‘o carro d’’o Battaglino”. Prima che iniziassero i lavori, diretti dall’architetto Giuseppe Di Fiore, coadiuvato dal gesuita Filippo D’Amato, scelto dal Pepe, fu necessario risolvere un serio problema: garantire a Diego Pignatelli duca di Monteleone, che un monumento così alto non avrebbe mai arrecato danni al suo palazzo, che si affacciava sulla piazza. Finalmente, il 7 dicembre del 1747 – è la data fornita dal Gleijeses-Lello Carafa marchese di Arienzo, capitano delle Guardie Reali, pose la prima pietra di questo grandioso monumento barocco che già due anni dopo risultava completato. Matteo Bottigliero e Francesco Pagano eseguirono le statue dei Santi Gesuiti Francesco Regis, Ignazio e Francesco Borgia e i bassorilievi che raffiguravano la Natività di Maria, l’Assunzione, la Purificazione e l’Incoronazione. La statua dell’Immacolata in rame dorato, culmine della Guglia, fu opera di Francesco Pagano, che eseguì anche i due ovali con San Stanislao Kostka e San Luigi Gonzaga. Intorno alla statua della Madonna si costruì subito una strana leggenda, alimentata secondo qualcuno, proprio dal Pepe. Si disse che al tramonto, se uno si metteva a osservare il monumento dalla parte posteriore, gli sembrava che il velo dell’Immacolata si configurasse come il volto stilizzato della Morte: un volto minaccioso. Ma tutta piazza del Gesù è un libro di “strane fantasie”, come vedremo nei prossimi articoli.

(FONTE FOTO:RETE INTERNET)