Le città invisibili, le parole e gli occhi di Giorgia

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Oggi è un giorno fortunato perché ho visto Giorgia Meloni immersa nella sua fascinosa aura. È il primo maggio e tra i suoi occhi e le sue parole non si può fare a meno di credere che sia lei, donna e madre e primo ministro, la santa Giorgia d’Arco che media tra il trascendente e noi mortali. Milioni di persone restano conturbati dalla sua capacità comunicativa che oscura concertoni, cortei, comizi e regala sicurezza e futuri solidi.

Possiamo ammirare meravigliati il suo incedere tra le stanze del potere che per la prima volta visitiamo, mentre ci guarda con occhi di fuoco e ci dice che, ecco, da quelle stanze sfarzose, il suo messaggio ai poveri, ai lavoratori che intanto festeggiano inconsapevoli e inebetiti nelle piazze, giungerà presto e penetrante: c’è chi pensa a voi; potete stare sicuri e divertirvi; c’è chi celebra la festa dei lavoratori senza cedere alla tentazione di riposarsi, come pure fanno centinaia di poveri cristi ancora fermi all’idea che il loro di lavoro sia pesantissimo e senza riflettori. Una regista perfetta, guerriera della carrellata, stordente eroina dell’inquadratura. Parla, guarda nella telecamera, immobilizzando chiunque incroci i suoi occhi; declama parole di verità che, pur non entrando nel merito, sono di per sé stesse convincenti e alla fine ammicca: vieni, fidati, non aver paura, ti accompagno io nella stanza dei bottoni. Non c’è bisogno di nessun noioso dibattito, nessuna carta da verificare, nessun confronto; solo certezze ultraterrene.

Per lei l’elettore non è più un cittadino, ma uno spettatore e la politica non è più riflessione sulle problematiche sociali e sul modo per risolverle, ma un pacco dono di decisioni da aprire presto, prima che i cattivi avversari spargano veleno sulle sue sorprese e sviino la buona riuscita dell’impresa. No, non si tratta di vittimismo il suo, ma solo di amore di verità, che presto verrà a galla, se esiste, come esiste, un dio giudice.

Lo spettatore, ex cittadino, ha ancora tempo per rifugiarsi lontano dalla noia del pensare; in fondo meno capisce e meglio è; la politica è una stracciona da abbandonare in strada, e noi già sappiamo come si fa, basta seguire le istruzioni circa il modo d’uso di migranti e naufraghi che la bella televisione ci mostra ogni giorno, prima della dose di feste e di allegria, tra pacchi, soliti ignoti, grandi fratelli e tanta bella compagnia.

Sbracato in poltrona il nostro spettatore, ex cittadino, non ha tempo né voglia di accorgersi di quella che i maligni definiscono una sfolgorante macchina da guerra, che propaganda le pillole della nuova panacea, tanto egli sa bene che sono tutte bugie messe in giro dall’invidia di chi poteva usare lo stesso linguaggio e le stesse tecniche e non lo ha fatto. L’unico piccolo dispiacere è dover lasciare dietro altri prodi guerrieri, per esempio il grande imprenditore – politico e il giovanotto leghista, compagni della stessa visione social, addirittura anticipatori di tanta grassa baldoria e che così tristemente devono rassegnarsi a concedere ad una donna l’eredità di ciò che essi hanno cominciato.

L’illustrazione è dell’artista egiziana Dooa Eladl