L’acqua sospesa

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Manufatto in cartapesta con slogan sull'acqua pubblica. (foto fonte web)

In attesa di una lettura più accurata della nuova legge regionale sul sistema idrico integrato, abbiamo ascoltato Peppe Grauso, già impegnato con i comitati per l’acqua pubblica. Incominciamo a capire qual è la direzione che sta intraprendendo il nuovo governo regionale.

Continuiamo a muoverci tra le nebbie della politica e soprattutto nella gestione che questa fa dell’acqua pubblica, tanto decantata ma a conti fatti poco attuata. Perché accade ciò? Favoritismi a gruppi di potere, holding dall’apparente maggioranza pubblica ma che si traducono spesso in un paravento per giustificare i lauti guadagni dell’azionariato privato che pure le compone, sono questi i gli scenari più probabili. La redistribuzione dei dividendi agli azionisti lascerà poco o nulla alla gestione pubblica e agli investimenti, privatizzando di fatto ciò che invece si ritiene erroneamente pubblico. No ci rimane quindi che attendere la lettura del testo e affidarci all’interpretazione di chi mastica meglio di noi tali argomenti.

Durante la nostra prima intervista all’avvocato Giuseppe Grauso (LEGGI) è stata varata la legge regionale sull’acqua pubblica e, a quanto pare, ancora una volta, si sovverte la volontà popolare espressa chiaramente nel referendum del 2011. Abbiamo quindi chiesto lumi all’autore del ricorso contro la GORI, quello per le ormai famigerate partite pregresse.

Avvocato, ci può dire qualcosa di più su questa legge?
«Certo, noi pensiamo che questa legge tradisca lo spirito dei referendum che era quello di affidare l’acqua agli enti pubblici e in particolar modo ai comuni. Questa legge crea un meccanismo istituzionale che prevede che la maggior parte dei comuni della Campania non parteciperanno alla gestione del servizio idrico e al controllo di questo servizio nei loro territori. I comuni saranno chiamati ad eleggere 20 rappresentanti che per cinque anni decideranno sulla gestione dell’acqua campana.»

Quindi non ci sarà la possibilità di creare una sorta di ABC come a Napoli per le altre realtà regionali?
«Non è questo il problema! Il problema non è legato alla gestione delle aziende, il problema è legato a: chi decide l’affidamento del servizio? Chi decide se un’azienda va bene o va male? Chi decide le tariffe? Non saranno più i comuni del territorio ma lo faranno organi eletti o addirittura delegati di terzo livello di quei sindaci, perché si creerà un organo di venti comuni, venti sindaci di tutta la regione, e che dovrà decidere per tutta la Regione Campania! Quindi, il problema non è solo se è pubblica o privata l’azienda che gestisce il servizio idrico ma, se questa azienda è gestita bene o gestita male, se le tariffe sono buone o sono cattive, se bisogna cacciarla via o mantenerla; e non lo decideranno più i comuni del territorio ma solo venti rappresentanti di tutta la regione Campania e questo riduce lo spazio di democrazia e contrasta con lo spirito del referendum. Per questo siamo contro l’ATO unico regionale (EIC ovvero l’Ente Idrico Campano secondo la nuova legge, ndr.)  e pensiamo che la legge vada cambiata.»

E ci sono iniziative in atto a tal riguardo?
«Abbiamo indetto una manifestazione per il 28 novembre a Napoli, questa manifestazione inizierà da piazza Matteotti e si concluderà probabilmente a Santa Lucia, sotto la sede della Giunta Regionale alla quale chiediamo di cambiare la legge, dare più potere ai territori ed avere una maggiore presenza dei comuni all’interno degli enti; chiediamo inoltre di rivalutare la proposta di legge fatta dai consiglieri regionali del PD di cui noi ne condividevamo i punti di partenza e che prevedeva cinque Ambiti Territoriali Ottimali in cui sarebbero stati rappresentati tutti i comuni,  dando quindi un maggiore spazio democratico.»

Quindi vorreste ritornare a questa prima proposta di legge?
«Sì, questa proposta di legge fu messa da parte con una proposta della Giunta, cioè di De Luca e Bonavitacola che hanno scavalcato lo stesso Partito Democratico costringendolo al ritiro del loro progetto. Comunque pensiamo che ci sia spazio per cambiare la nuova legge e con questa manifestazione del 28 chiediamo che vengano cambiati i punti fondamentali e che venga ridato potere al territorio così come previsto nella precedente proposta di legge presentata dal PD.»

E qualora la Regione fosse sorda a tale iniziativa e a tale richiesta …
«Noi pensiamo che la Regione non rimanga sorda a tutto ciò e comunque ci opporremo in tutte le sedi legali, istituzionali, politiche e di piazza all’applicazione di questa nuova legge regionale sull’acqua, che non condividiamo.»