Che fine ha fatto la “cazzimma” politica? Il “teatro” dei rimborsi “grillini” e la “farsa” scarpettiana dei loro avversari.

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Il “teatro” del moralismo in politica. L’ingenuità dei “grillini” nel condurre la questione dei rimborsi  e l’ ingenuità, ancora più grave, degli avversari nel condurre la polemica. Il complesso significato della “cazzimma” generale e della “cazzimma” politica. Cosa avrebbe pensato Guicciardini di questo “teatro”. C’è il disegno di distrarre la nostra attenzione dai problemi veri che pesano sulla società e sull’economia dell’Italia?

 

La definizione più interessante della “cazzimma”  l’ho sentita da Renato De Falco, la sera in cui a Napoli Francesco D’ Ascoli presentò al pubblico  il suo Dizionario Etimologico Napoletano.  Riconoscendo con D’ Ascoli che la parola è un neologismo, che non fa parte della tradizione della lingua napoletana, il De Falco disse che il campo semantico della “cazzimma” indica certamente costumi  poco nobili, il cinismo, l’egoismo, l’inclinazione all’imbroglio e alla truffa, ma con un “condimento” che quasi tutti gli studiosi trascurano: e cioè il rispetto dell’intelligenza altrui. Insomma, il “cazzimmoso” pensa certamente solo al suo “utile”, solo ai “c…i” suoi – da qui l’origine della parola-, ma lo fa con astuzia, cerca di non farsi “scanagliare”,  sa che gli altri non sono fessi.  Questo “condimento” diventa essenziale nella “cazzimma” politica:  il politico che sia dotato di un minimo di esperienza sa che non è facile, soprattutto in Italia, prendere per i fondelli l’opinione pubblica, sa, dovrebbe sapere, che perfino i provvedimenti che egli propone e adotta per il bene della comunità gli avversari e il Caso sono capaci  di farli passare per atti destinati solo a favorire il suo “interesse privato”. Possiamo facilmente immaginare che dose di “cazzimma” purissima debba assumere, ogni giorno, il politico che voglia servirsi del suo ruolo  per provvedere non al bene della comunità, ma solo all’ “utile” suo e dei suoi.

Insomma, la parola “cazzimma” può considerarsi la traduzione napoletana della guicciardiniana “prudenza”. Se avesse potuto esaminare le vicende dei politici nazionali e locali che si sono fatti  sorprendere  con le mani  nel sacco del danaro pubblico negli ultimi  venti anni,  Francesco Guicciardini avrebbe  notato, con una smorfia di amarezza,  che quei tali avevano saccheggiato le casse della Pubblica Amministrazione con una imprudenza e con una superficialità  che non sarebbero giustificabili nemmeno in un ladruncolo, in un “mariunciello”, al suo debutto. E si sarebbe chiesto, Guicciardini,  cosa ci fosse nella testa di questi signori: l’arroganza? La convinzione di stare al di sopra della legge? O la stupidità? In ogni caso, avrebbe incominciato a modificare il suo giudizio sul popolo italiano. Ma Guicciardini non avrebbe fatto nessuna predica: egli non salì mai sul pulpito del moralista, e consigliò a tutti di non farlo, di lasciare questo compito ai preti. Cosa pensasse dei preti, lo diremo un’altra volta.

Nessuno ha il diritto di fare il moralista, perché degli altri possiamo conoscere e giudicare, tutt’al più, gli atti,  e mai le intenzioni:  e poi ci sono gli ammonimenti di Gesù  sulla pagliuzze e sulle travi, e sul diritto a  sbagliare “settanta volte sette”.  Il moralismo non sta bene in bocca ai politici  anche per un altro motivo: perché  il moralismo “politico” è una vipera maligna:  spesso non morde l’avversario contro cui è stata lanciata, ma si avventa proprio contro il lanciatore. Al ruolo di moralista in politica potrebbe aspirare solo un uomo perfetto,  senza peccato e senza macchia: e dove lo trovi uno così, in un mondo in cui anche qualche santo, e Socrate, e Catone hanno talvolta ceduto alla tentazione.

I “grillini” hanno condotto la campagna dei “rimborsi” nel modo più ingenuo. Hanno cantato vittoria e hanno fatto prediche agli altri partiti prima ancora di controllare, una per una, le pratiche dei rimborsi. Non hanno tenuto conto della percentuale di imbroglioni  che  la Natura umana, obbedendo alle sue leggi ineluttabili, aveva fatalmente piazzato anche nelle loro file.  Non hanno tenuto conto del fatto che i trucchi di quegli imbroglioni avrebbero appannato la correttezza degli altri, e non sono  stati capaci di attirare l’attenzione di tutti  proprio sugli “altri”, che allo Stato hanno restituito una ventina di milioni di euro. Non hanno previsto che molti dei giornalisti della TV e della carta stampata si sarebbero schierati apertamente contro di loro e contro la loro concezione “moralistica” della politica: eppure, chiari segnali erano già venuti dalle vicende dei sindaci di Roma e di Torino. C’è stato un momento in cui all’ Amministrazione  Raggi sono stati dedicati, in una settimana, più articoli e più “salotti” televisivi e, nei telegiornali, più titoli di copertina  di quanti ne abbiano meritato, in un  anno, altre amministrazioni della Capitale. Senza fare nomi.

In aiuto dei “grillini” sono arrivati i loro avversari, quelli di centro destra e di centrosinistra, che sono stati ancora più ingenui nel condurre la polemica contro gli errori e le scivolate dei “pentastellati”. Invece di usare l’arma  “cazzimmosa” dell’ironia e del sarcasmo, che è un’arma micidiale contro il moralismo zoppicante –  se non riuscite nemmeno a impedire gli imbrogli dei vostri, come potete amministrare lo Stato? –  gli avversari sono saliti sul pulpito, ed è stata una pioggia di prediche e di omelie contro gli “ex onesti”: e così l’Italia ha dovuto ascoltare  chiassosi sermoni  di spietato moralismo che uscivano dalla bocca di certi soggetti a cui da tempo dovevano essere imposte la regola del silenzio e la disciplina dell’isolamento: è un banale palliativo chiamare “facce di bronzo” questi macchiettistici predicatori, la cui sfrontatezza è tale che nel confronto le sfacciate protagoniste della “farsa” di Scarpetta “Madama Sangenella” risultano più caste di una “donna-angelo”.

L’ingenuità degli avversari ha cancellato gli effetti dell’ingenuità dei “grillini”. Come ha scritto Aldo Cazzullo (CdS, 17 febbraio), per salvare Di Maio e soci è bastato ricordare l’ostinazione con cui i Consigli regionali difendono le loro indennità  e la sfortuna di una legge che, approvata dalla Camera, si è bloccata al Senato: è la legge che “interveniva sui privilegi scandalosi degli ex parlamentari, che si erano assegnati l’un l’altro lauti vitalizi.”.

Ma questo scontro di moralismi “crudi e cotti” non è stato uno spettacolo dignitoso: se fossi “cazzimmoso”, sarei indotto a pensare che la polemica sia stata appiccata e alimentata a bella posta, per distrarre la nostra attenzione dai gravi problemi sociali e finanziari, dalla debolezza strutturale del mercato del lavoro, dalla furia del Ministro dello Sviluppo Economico che chiama “gentaglia” i dirigenti di un’azienda che chiude lo stabilimento in Piemonte e licenzia, in un sol colpo, circa 500 lavoratori.