A Gaeta l’ultima battaglia tra Napoletani e Piemontesi: vi partecipano almeno 80 Ottajanesi

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Sconfitti al Volturno, Francesco II e i resti dell’esercito Napoletano l’11 novembre 1860 si ritirarono nella piazzaforte di Gaeta che venne assediata dai Piemontesi guidati da Cialdini. La resistenza durò fino al 13 febbraio del 1861. Nella notte Francesco II salutò, commosso, i suoi soldati e si imbarcò, con Maria Sofia, sulla nave da guerra francese “Muette”. Sbarcato a Terracina, il re si recò a Roma, ospite del Papa. Così finì il regno dei Borbone. I soldati Napoletani elogiati da Enrico Cialdini. Correda l’articolo l’ “immagine”, pubblicata da un giornale francese, del saluto di Francesco II e della regina.

Dopo la resa, Enrico Cialdini elogiò, davanti alle sue truppe, il valore dei soldati Napoletani “Noi combattemmo contro Italiani e fu questo necessario ma doloroso ufficio. Perciò non potrei invitarvi a dimostrazioni di gioia, non potrei invitarvi agl’insultanti tripudi del vincitore.
Stimo più degno di voi e di me il radunarvi quest’oggi sull’istmo e sotto le mura di Gaeta, dove verrà celebrata una gran messa funebre. Là pregheremo Pace ai prodi che durante questo memorabile assedio perirono combattendo, tanto nelle nostre linee quanto sui baluardi nemici. La morte copre di un mesto velo le discordie umane, e gli estinti son tutti eguali agli occhi dei generosi. Il 22 ottobre del 1861 la Sotto- Intendenza di Castellammare inviò una lunga nota agli amministratori di Ottajano indicando i nomi di 37 soldati ottajanesi, arruolati nell’esercito Napoletano e caduti durante l’assedio di Gaeta, sotto il fuoco dei cannoni “rigati” dei Piemontesi: gli amministratori venivano invitati a controllare se quei nomi erano registrati nell’anagrafe cittadina, insomma se erano veramente ottajanesi.

E ottajanesi lo erano tutti, a partire da Giovanni Parisi, del quartiere San Giovanni, da Filippo D’Ambrosio “domiciliato al Terzigno” e da Francesco Cozzolino, che aveva casa “agli Ambruosi”. Il 28 ottobre venne trasmesso agli amministratori di Ottajano un primo elenco di 25 soldati dell’esercito borbonico che erano stati fatti prigionieri a Gaeta e ora venivano liberati e inviati, su loro richiesta, a Ottajano. Si chiedeva agli amministratori della città di dare “allo scrivente dettagliata conferma del loro arrivo e precisa notizia “del loro indirizzo. Facevano parte di questo gruppo “Michele Capasso, 1° Pionieri nel 2° battaglione del Genio; Vincenzo Iovino, 3° battaglione Cacciatori; Salvatore Di Falco, Fanteria di riserva; il sergente Angelo Di Prisco, 8° battaglione Cacciatori.”. A stretto giro gli amministratori di Ottajano risposero che Michele Capasso alloggiava nella casa dei suoi “ai Carilli al Mauro”, Vincenzo Iovino “ha preso domicilio a Ottajano, nel quartiere San Giovanni”, Salvatore Di Falco abitava “nella casa di sua proprietà in San Gennarello” e il sergente Angelo Di Prisco “domiciliava alla Madonna della Scala”.

L’8 novembre venne trasmesso a Ottajano un altro elenco di 28 soldati ottajanesi “liberati e inviati” e si chiedevano anche per questo gruppo le stesse informazioni. C’era, in cima all’elenco, il nome di Raffaele D’Avino “Primo chirurgo del disciolto Esercito di Gaeta”, che andò ad abitare “agli Ambruosi”. Francesco Bifulco, soldato del 3° Reggimento “Cacciatori a cavallo” ritornò nella casa di famiglia “nel luogo detto Surdi di San Gennarello”. Alfonso Casillo, soldato del 16° Cacciatori, “risulta domiciliato ai Pizzola di Terzigno”, mentre Giosuè Miranda, soldato del 3° battaglione “dei cannonieri marinari, 2a compagnia” era tornato là da dove era partito, “ai Miranda del Terzigno”. Venne sottolineato dal segretario dell’Intendenza il nome di Alessandro Alboreto “della 3a compagnia del 16° battaglione Cacciatori, volontario della leva del 1855, partito dal Reale Albergo dei Poveri, come asserisce”. Alboreto chiese di essere autorizzato a trasferirsi a Ottajano, dove alloggiò in via “Salita Piazza”, ma poi, con il permesso delle autorità, si trasferì a Napoli, “in Vico S.M. Agnone, n° 18”.

Gli amministratori della “nuova Italia” temevano che questi soldati, rimasti fedeli ai Borbone fino all’ultima ora, venissero attratti dai moti del brigantaggio, e almeno due di questi elenchi lo furono: Francesco Lettieri, che alloggiava come “lavorante” nella “Masseria Santa Teresa del Terzigno” e Gaetano Iuliano del “quartiere Ponte di Ottajano” li troviamo coinvolti nella storia del brigante Pilone. La fortezza di Messina resistette a Cialdini fino a marzo. E anche qui agli ordini del generale Fergola c’erano quattro ottajanesi: Giovanni Catapano, “di strada San Giovanni”; il caporale Amodio Panico, “di strada Casalnuovo”; il sergente Aniello Mazza, di San Gennarello; Aniello Auricchio, “dei Caprari al Mauro”. Tutti i nomi li pubblicherò, con l’aiuto degli dei, nella ristampa del mio libro sul brigantaggio vesuviano. Ripeto, ancora una volta, che non sono mai stato un ammiratore dei Borbone e che i Piemontesi vennero a Napoli non da liberatori, ma da conquistatori.