… perchè è minacciata l’identità della città e perciò bisogna ridisegnare il percorso della nostra storia, ricomporre lo specchio che può restituirci la nostra immagine, “scavare”, in ogni senso, dentro di noi e fuori di noi. L’eredità dei Medici.
Non c’è archeologo che non sia un po’ anche uno Sherlock Holmes. Archeologi e investigatori interrogano dei “morti”, scoprono e interpretano tracce e indizi che gli occhi di chi tecnico non è non vedrebbero nemmeno, e sulla base di segni più o meno labili ricostruiscono storie e vicende, e individuano cause e “responsabili”.
La storia delle civiltà sepolte è un lungo, incredibile “giallo”: per esempio, gli investigatori – archeologi pompeiani non si mettono ancora d’accordo sul significato della “megalografia” della villa dei Misteri, e sull’interpretazione del “quadrato magico” disegnato sullo stucco di una delle colonne della Palestra Grande: qualcuno crede che sia la prova della presenza di cristiani a Pompei prima del 79 d.C., altri pensano che sia solo un gioco di parole.
A proposito di cristiani. In territorio di Ottaviano, al confine con Somma, venne trovato il mosaico, la cui immagine apre l’articolo: oggi è custodito nel sito archeologico di Ercolano. Sul mosaico sono raffigurati dei pesci, dei tuffatori, un’ancora.
Ora, questi elementi potrebbero avere una funzione puramente decorativa, ma potrebbero anche essere, come suggerisce Gennaro Barbato, la prova di qualcosa di più importante: i pesci sono, notoriamente, simbolo di Cristo, poichè la parola greca che significa pesce è acronimo di “Gesù Cristo, figlio di Dio, Salvatore”, il tuffatore può rappresentare il momento della morte, e l’ancora la saldezza della speranza nella vita futura. Questa lettura è meno audace di quanto si pensi: non dimentichiamo cosa Cimitile e Nola, che distano pochi chilometri dal luogo in cui fu trovato il mosaico, rappresentano per le prime vicende del Cristianesimo occidentale, e quali prospettive hanno aperto, per la storia del nostro territorio, gli scavi condotti dal prof. De Simone a Somma Ves.na, e la dimostrazione che in quel sito l’attività sociale dopo l’eruzione del 79 d.C. è ripresa con intatto vigore.
Come nelle indagini di Sherlock Holmes gli indizi conservano una briciola di senso solo se vengono letti all’interno del contesto di provenienza, così è indispensabile custodire i reperti archeologici nel territorio in cui furono trovati, perchè solo in questo modo possono promuovere e orientare nuove indagini : ammassati nei magazzini delle Soprintendenze e nei depositi dei Musei, si riducono a resti privi di senso e di vita. Quasi quanto quei reperti che le autorità che si definiscono competenti condannano ad essere sotterrati di nuovo, come inutili ammassi di pietra: è il caso delle “Vasche” (>foto) della così detta “Villa del Console” in località Seggiari, nel vasto sito da cui proviene anche il mosaico.
Chi conosce il territorio sa quale sia l’importanza di quel luogo, in cui si “toccano”, da sempre, i territori di Nola, di Somma e di Ottaviano. Sotto i Borbone reati anche gravi compiuti ai “Seggiari” restarono impuniti, perchè i Giudici Regi di Nola e di Ottajano non riuscirono a trovare l’accordo sulla titolarità della competenza territoriale. Quelle “Vasche” sono state interrate, con il permesso della Soprintendenza; nessuno si preoccupa di sapere cosa ci sia a Villa Albertini; il mosaico dell’ ancora è stato portato a Ercolano, il capitello “augusteo” sta nel Museo di Nola, la lastra di Firmio giace abbandonata in un angolo del giardino di Palazzo Medici: simbolo perfetto di un “corpo” smembrato, i cui pezzi sono stati gettati l’uno lontano dall’altro, perchè a nessuno venga il ghiribizzo di rimetterli insieme.
E invece un ultimo tentativo di ricomporre il corpo lacerato dobbiamo farlo, noi Ottavianesi: per un dovere culturale, e per una specifica esigenza spirituale: perchè in questo momento storico è minacciata la nostra stessa identità , e perciò abbiamo bisogno di ridisegnare, tutt’intero, il percorso della nostra storia, di ricomporre lo specchio che può restituirci la nostra immagine, di “scavare”, in ogni senso, dentro di noi e fuori di noi. Amedeo Maiuri disegnò una “carta” del territorio in cui, intorno a tre città: Pompei, Sarno, Nola, c’ erano solo campi e qualche “villa”. Le ” ville” di Terzigno e di Ottaviano, il sito di Pollena, il mirabile sito di Somma, i resti dell’antica rete stradale e degli acquedotti hanno cancellato per sempre l’ “idea” di Maiuri.
Nel territorio c’era un sistema urbano coerente e continuo, di notevole sostanza economica, di solido profilo culturale. Ora serve sapere se alle radici dell’identità dei Vesuviani ci furono l’autonomia del progettare e del fare, e, oltre a Dioniso, anche la dea Iside e il dio Mitra: come inducono a credere alcuni aspetti locali del culto della Madonna Nera e di San Michele.
Il sindaco di Ottaviano promise che avrebbe creato le condizioni necessarie per l’ avvio dello scavo della “villa” romana in montagna, e per la ricognizione delle tombe dei Medici nel sepolcro ipogeo della Chiesa del Rosario. Non so quale sia lo stato delle cose. Un importante prelato della Curia nolana mi disse, non molto tempo fa, che la ricognizione delle tombe dei Medici al Rosario era possibile solo con il permesso degli eredi.
Donna Lucrezia de’ Medici di Ottajano, che ha visitato di recente la chiesa, credo che non si opporrà a una iniziativa che è sollecitata dalle ragioni non solo della storia, ma anche della “pietas”. E non diranno di no, suppongo, nemmeno gli eredi napoletani. Mi auguro che il sindaco trovi il tempo di scrivere le due lettere: se vuole ancora scriverle. Ma sarebbe una follia chiedere di inserire Ottaviano tra i borghi più belli d’ Italia, e poi farsi cogliere in fallo nella tutela del patrimonio storico della città.
Per le stesse ragioni è necessario che l’Amministrazione Comunale chieda con forza la restituzione alla città di tutti i reperti archeologici “ottavianesi”. Sarebbe il modo migliore per concludere l’anno augusteo, e per far sì che Ottaviano torni ad essere “terra di Augusto”.
(>Foto: mosaico)