Ottaviano, in via C. Augusto: il muretto della posta abbandonata e le auto parcheggiate alla “qui comando io”.

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Vincent Van Gogh, Il Postino Roulin

Il problema dei numeri civici e della distribuzione della posta. Auto parcheggiate in modo da impedire il passaggio di altre auto. Se chiedi di passare, ti rispondono sciorinando tutto il repertorio degli sguardi da “ ‘nzisto”.

Il muretto divide dall’ edificio contiguo la casa in cui abita la mia famiglia, al numero civico 31 di via C.O. Augusto, nello spiazzo di fronte alla così dette “palazzine”. Su questo muretto, immerso sempre nell’ombra, capita talvolta di trovare della posta, diciamo così, abbandonata: ieri c’erano due missive, una della Telecom, l’altra della BNL (vgs. foto). Ho dovuto leggere gli indirizzi perché in almeno due circostanze ho trovato sul muretto lettere destinate a me, lasciate lì da un postino educato che non vedeva la mia cassetta postale, ma non voleva disturbarmi. Rispetto il lavoro di tutti, sottolineo lo zelo dei postini pubblici e privati e so che il loro lavoro è difficile e faticoso, soprattutto perché non c’è una perfetta sintonia tra la nuova numerazione civica e il repertorio postale di Enti, Aziende e Filiali di banche: ma non c’è ragione alcuna che possa giustificare chi, incaricato di consegnare la posta, solo perché gli indirizzi non corrispondono e il destinatario non si trova, abbandona lettere e cartoline su un muretto qualsiasi, al sole , all’acqua e a occhi indiscreti. Oggi, domenica 31, ho comunicato la cosa ai vigili urbani, i quali sono intervenuti immediatamente. Mi auguro che si trovi una soluzione al problema. Mi dicono che ci sono strade di Ottaviano in cui il postino passa raramente, per settimane non bussa nemmeno una volta. Controlleremo e racconteremo.
Lo spiazzo si apre su via C. O. Augusto attraverso tre varchi (vgs. foto). Quando Ottaviano era una città movimentata, capitava a ogni ora del giorno ciò che oggi capita quasi solo di domenica, nella tarda mattinata, e cioè che due, tre auto vengano parcheggiate nel varco centrale, anche quando la parte dello spiazzo destinata a parcheggio autorizzato è del tutto libera. Gli autisti e i passeggeri o restano nelle automobili affiancate a parlarsi attraverso i finestrini, o scendono e vanno a sedersi sulla panchina, a osservare il panorama e il traffico (?) . Un tempo alcuni signori del varco ogni sera ascoltavano e accompagnavano con il loro canto la musica che veniva su, al volume più alto, e a ondate, dagli stereo delle loro vetture. Dunque, il varco viene chiuso al transito dai padroni della strada e diventa un osservatorio prezioso del costume sociale. Di solito, gli automobilisti che dallo spiazzo vorrebbero uscire su via C. O. Augusto, trovato il varco bloccato, non si permettono di infastidire i proprietari delle auto parcheggiate: vanno al varco a valle, nella speranza di trovarlo libero. Il comportamento è saggio e onora lo spirito di pace che aleggia per Ottaviano, città di pace.
Ma c’è sempre lo scostumato rompiballe che pretende di passare per il varco centrale, proprio per quello là, e incomincia a strombettare. I giovanotti educati – ce ne sono – si spostano subito, o quasi subito: una volta mi capitò di assistere alla incredibile scena di un giovane che chiedeva anche scusa. Qualche tempo fa tre, quattro simpaticoni dissero, fingendosi dispiaciuti, che non potevano spostare le vetture parcheggiate perché i motori non funzionavano: e nel dire, ridevano a sfottò. Ma il signore che aveva strombettato chiedendo di passare scese dalla sua auto e si avvicinò ai simpaticoni con la camminatura di chi non ha tempo da perdere e già si è rotto… i coglitori di pazienza. Gli liberarono la strada in un lampo, i coraggiosi. Ma nella maggior parte dei casi, se chiedi che si spostino e ti facciano passare, la risposta immediata è uno sguardo guappesco. Sul quel varco è stato sciorinato e ancora si sciorina tutto il campionario degli sguardi e delle occhiate e delle cère e delle pose da guappo: guappo classico, guappiciello, ‘nzisto, smargiasso, spaccone, squarcione, smanecatore, guappo di cartone, solo cartone, o anche solo carta da gabinetto. Questo sentirsi padroni della strada e degli spazi è una frenesia dei giovani e dei meno giovani di tutte le regioni: a Napoli e nel Napoletano si colora talvolta di pathos a ridere. Che resta un pathos pericoloso, perché non puoi escludere che qualcuno voglia recitare fino in fondo la parte del “sitonno” e del “mammamia”: questo truce capitolo del bullismo è già macchiato di sangue.
Embe’, e che vvuò? E perché nun vai là (all’altro varco)? Nun vide che stammo parlanno (parlenno)? Ma ‘sto scemo che vvò’.. Questo dicono gli occhi strabuzzati. Ma se tu, tetragono, non ti muovi, e fai capire che vuoi passare proprio per quel varco là, per il passaggio occupato dai loro catorci, alla fine “ i signori” si spostano, con esibita lentezza, e murmurianno: e poiché ti stanno dedicando mentalmente un rosario di ingiurie e di mortacci, ti conviene rispondere, mentalmente, con la stessa litania, dopo aver spiegato, con il moto degli occhi, chi è lo scemo.