Per capire il Mediterraneo è necessario comprenderne anche le evoluzioni della popolazione, dai tassi di crescita alla percentuale di popolazione urbana.
Una delle principali fratture dell’area mediterranea è quella demografica. In nessuna regione al mondo (fatta forse eccezione per la frontiera tra USA e Messico) si fronteggiano a pochi chilometri di distanza andamenti della popolazione così diversi. Questo divario nei livelli di crescita – unito allo squilibrio economico – è una chiave per interpretare quello che succede nel bacino.
La spaccatura è nota: la popolazione dei Paesi europei non cresce, mentre sulle altre sponde del Mediterraneo i tassi sono alti. Questo ha portato ad uno spostamento progressivo del peso demografico mediterraneo dalla riva europea ai Paesi musulmani. In realtà anche i Paesi della sponda meridionale e orientale hanno visto un progressivo calo dei tassi di crescita della popolazione, ma questi rimangono ancora particolarmente alti, salvo poche eccezioni (Tunisia).
La riduzione del tasso di natalità , associato alla diminuzione ben più marcata della mortalità , spiega la crescita ancora sostenuta della popolazione nel Mediterraneo meridionale e orientale. Negli ultimi trenta anni Paesi come l’Egitto e la Turchia sono diventati dei “giganti” demografici, entrambi sui 75-80 milioni di abitanti.
Alcuni Paesi musulmani stanno entrando nella fase della transizione demografica, che prevede una diminuzione della natalità successiva al calo della mortalità . E’ un fenomeno ancora incerto, ma visibile in alcune realtà più mature (Marocco, Tunisia, Turchia). Le cause di questo andamento sono le solite – la riduzione della mortalità infantile, la diffusione di modelli di vita occidentali, i cambiamenti nel mercato del lavoro e nel ruolo della famiglia – ma spiegano in parte la riduzione delle nascite.
Questo modello, che ha una sua validità per i Paesi occidentali, potrebbe non essere esplicativo per realtà con valori sociali e culturali assai diversi. La percentuale di popolazione giovane (sotto i 15 anni) è un altro elemento che aiuta a capire gli scenari sociali ed economici. Questo dato oscilla tra il 25 e il 40% (quindi è molto alto) in tutto l’arco africano e asiatico e anche in alcuni Paesi dell’Europa balcanica (Albania, Serbia). Italia, Spagna e Francia, al contrario, hanno meno del 15% della popolazione sotto i 15 anni e sono tra i paesi più vecchi al mondo.
Anche il dato sulla popolazione urbana fornisce indicazioni utili sugli sviluppi futuri, poiché è spesso sinonimo di comportamenti demografici più maturi.
In questo campo l’area mediterranea segue il trend mondiale, che vede una crescita della popolazione urbana, anche se con una velocità minore rispetto a quella di altre regioni in via di sviluppo. Ci sono alcuni casi eclatanti come quello turco, dove dagli anni Settanta a oggi la percentuale di popolazione che vive nelle città si è quasi quadruplicata, arrivando a sfiorare il 50%. Il dato per l’intera regione si assesta intorno al 65%, che è ovviamente una media tra valori molto elevati (Paesi latini europei) e percentuali ancora piuttosto basse (Libia, Egitto, intorno al 45%).
Il semplice dato della popolazione urbana non dice molto però sulla qualità della vita nelle città e sul modello urbano prevalente.
Per convenzione, nei lavori delle organizzazioni internazionali si definiscono megalopoli le città che superano i 10 milioni di abitanti; le uniche realtà di questo tipo nel Mediterraneo restano il Cairo e Istanbul, mentre le sole due città a poter essere definite metropoli (tra 5 e 10 milioni di abitanti) sono le agglomerazioni di Parigi e Madrid, la cui natura “mediterranea” è peraltro assai opinabile. In generale si può dire che nella parte europea del bacino la popolazione urbana si concentra in prevalenza in città con meno di 500.000 abitanti, mentre nell’arco africano e in quello mediorientale c’è una maggiore concentrazione in poche città di grandi dimensioni.
In realtà il fenomeno della primazialità – la concentrazione eccessiva della popolazione in un’unica città – interessa anche alcuni Paesi mediterranei europei.
Si registra uno strapotere demografico, politico ed economico della capitale in Tunisia ed Egitto, ma anche in Francia e in Grecia. In altri casi ci sono due poli che coprono una quota rilevante di popolazione urbana; succede in Spagna con Madrid e Barcellona, in Portogallo con Lisbona e Porto, in Marocco con Casablanca e Rabat. L’Italia presenta una situazione particolare, con un policentrismo accentuato e una struttura urbana molto equilibrata, più vicina a quella della Germania che a quella degli altri Paesi mediterranei.
Le previsioni per i prossimi anni confermano una riduzione progressiva della natalità lungo tutto il bacino e un progressivo accentramento della popolazione nelle aree urbane, sebbene con ritmi inferiori rispetto ai Paesi asiatici o latinoamericani. Su queste dinamiche si giocheranno gli equilibri dell’area mediterranea, soprattutto attraverso i fenomeni migratori e l’influenza della composizione per età della popolazione sulla coesione economica e sociale.
(fonte foto: rete internet)