Acerra, cantiere abusivo nell’area archeologica: è del padre di un consigliere

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Il papà-costruttore di un esponente della maggioranza consiliare ha realizzato un’opera abusiva nell’area archeologica dell’antica Suessola. Tutto sequestrato.

 Un distributore di benzina nell’area archeologica di Suessola, l’antica città osca, etrusca e romana i cui scavi sono stati prima depredati dai tombaroli e poi abbandonati. Il cantiere del distributore è abusivo ed è stato sequestrato dalla polizia municipale. Intanto i carabinieri indagano su un aspetto non secondario della vicenda.

I lavori di realizzazione dell’impianto piazzato nell’area archeologica nonché l’intero progetto sono nelle mani di un noto costruttore di Acerra, papà di un altrettanto noto, a livello locale, consigliere comunale di maggioranza. C’è però da rilevare che la licenza per realizzare quello che in gergo burocratico è stato definito “deposito di carburanti” è stata rilasciata dal responsabile dell’ufficio urbanistico del comune l’anno scorso. Il problema è che quando i poliziotti municipali si sono recati sul posto hanno scoperto che il cantiere aveva sforato di parecchi metri, circa 150, fino a invadere l’area archeologica, fondamenta di case e mura antichissime che affiorano dai terreni inquinati del bosco di Calabricito.

Qui c’è la casina Spinelli, la stupenda dimora vanvitelliana che fino agli anni Trenta i conti Spinelli trasformarono in un fantastico museo archeologico zeppo di reperti affiorati dall’agro acerrano. Intanto la casina è ormai un rudere irriconoscibile mentre sempre qui, tra la fine degli anni Ottanta e la prima decade dei Duemila è stato versato ogni genere di rifiuto. A pochi metri dal cantiere risultato abusivo c’è la vecchia vasca di macerazione della canapa trasformata in un ricettacolo di rifiuti solidi urbani, scorie chimiche e bidoni tossici della Montefibre, il vicino colosso chimico, chiuso da dieci anni, dove nel 1992 furono stoccati illegalmente 52mila fusti pieni di scarti delle lavorazioni.

Fusti tossici che per la gran parte non si sa dove siano andati a finire.
(Fonte foto: Rete Internet)