A Venezia:un dicembre rosso shocking

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Datato 1973, A Venezia:un dicembre rosso shocking è una delle icone del cinema horror/thriller.

Uno dei classici della tensione ha condiviso la sorte toccata a molti film stranieri il cui titolo è stato tradotto in modo orripilante. Don’t look now – perfetto – è diventato così A Venezia…un dicembre rosso shocking, una frase a metà strada tra un programma di Real Time e un film di serie Z.

Don’t look now – perché chiamarlo in quell’altro modo è impossibile – è uno dei cult del cinema degli anni settanta. Gli inglesi lo hanno messo nella top 10 dei loro film del Novecento e per molti è una delle pellicole imprescindibili per un intero genere. Già, il genere. Definirlo esattamente è un’operazione complicata. L’opera di Roeg fissa regole e forme dalle quali prenderanno ispirazione tanti film dell’orrore. Molte scene, tra le quali lo splendido finale, sono state citate a ripetizione. Se la struttura può essere dunque rapportata al cinema horror, il contenuto è di inquadramento più difficile, con una storia che procede lentamente con poche svolte. Tra il dramma, la suspense e qualche puntata onirica, Don’t look now è soprattutto un film che ha fatto scuola per le sue scelte stilistiche.

La storia, dicevamo, si srotola in tempi dilatati. Nella prima sequenza (capolavoro di montaggio) assistiamo alla tragica morte della figlia dei due protagonisti, un restauratore inglese con moglie. Li ritroviamo qualche settimana dopo a Venezia, dove l’uomo dirige i lavori di restauro di una chiesa. Nella laguna le vicende e il passato della coppia si incroceranno con due sorelle veggenti e un serial killer che terrorizza la città. In entrambi i casi a rifare capolino è l’immagine della figlia, sempre più vivida e reale tra le calli di Venezia, quasi fosse ancora viva…

Dopo la morte per annegamento della bambina e la prima parte di “assestamento” a Venezia, con l’inquietante apparizione delle due sorelle e un paio di spettrali giri notturni per i vicoli della città, il film si ferma, si dilata, indugia su sguardi, volti e strade senza reali scossoni, fino al magnifico finale che vale da solo una carriera.

Non è certo la trama il punto forte di Don’t look now. La storia è appena abbozzata ed è riassumibile nell’ossessione di due genitori per la morte della figlia, che con il suo cappottino rosso sembra una presenza reale e sfuggente. Intorno ai due protagonisti si muovono una serie di personaggi minori che sembrano sempre sul punto di diventare altro e invece restano volutamente irrisolti, come se Roeb volesse in questo modo contribuire al clima di sospensione e mistero che alimenta il fascino del film.

Se le vicende narrate non sono particolarmente memorabili e l’intreccio scorre via con tranquillità, a fare di Don’t look now un capolavoro sono la fotografia e il montaggio.
Il modo in cui la prima pennella e caratterizza la città è straordinario. Roeb e Richmond (direttore della fotografia) dipingono una Venezia decadente e moribonda. I colori sono grigi, il cielo basso e plumbeo, le strade sempre bagnate. Tra poster pubblicitari strappati sui muri decrepiti, canali e strade immerse nelle nebbia, casa di topi e cadaveri, l’atmosfera è quasi post-apocalittica e mostra il lato più fatiscente di una città-icona. La morte e la tragedia passata si materializzano in una Venezia oscura, che diventa quasi incubatrice di disfacimento.

Accanto alla fotografia, il montaggio scandisce il ritmo e la tensione. Le sequenze – come la celebre scena d’amore – sono scomposte e destrutturate; i tempi si accavallano, con tagli di inquadratura rapidi e frequenti che rimandano a personaggi, luoghi e momenti diversi. Il risultato è un clima d’ansia e d’attesa, dove ogni cosa sembra collegarsi ad un’altra, attraverso simboli e legami non meglio identificati.

Don’t look now è un film dove la forma, attraverso fotografia e montaggio, si fa contenuto. Roeb non ha bisogno di sconvolgerci con intrighi o risvolti particolari. Tensione, ansia, morte si annidano in ogni sequenza, nelle singole inquadrature.
Il potere alle immagini, questa è la sua grande lezione.

Regia di Nicolas Roeg, con Donald Sutherland, Julie Christie, Clelia Matania, Hilary Mason, Massimo Serato
Genere: drammatico/thriller
Durata
: 110 minuti
Anno: 1973
Titolo originale: Don’t look now
Voto: 7/10
(Fonte foto: Rete Internet)

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