
Il primo sopralluogo dei militari sul cantiere esattamente un anno fa, da allora le indagini sono proseguite con intercettazioni ambientali e telefoniche, captando dialoghi che il Gip definisce «fin troppo espliciti»: amministratori e funzionari, tecnici e consiglieri comunali si sono di volta in volta aperti con varie «conversazioni» le quali, insieme ai risultati dei sopralluoghi e dei documenti acquisiti dai carabinieri, nonché quanto gli stessi tecnici e i funzionari hanno ammesso, ha portato infine la Procura di Nola (pm Francesca Paola Colonna Romano) a disporre le misure cautelari per sei indagati con l’accusa di falsità ideologica in atto pubblico. Per il sindaco è stato disposto il divieto di dimora a Somma Vesuviana, per i tre tecnici direttori dei lavori del cantiere di San Domenico il divieto di esercizio dell’attività professionale per quattro mesi, per i due funzionari – vale a dire il responsabile dei lavori pubblici e quello della ragioneria che non è più in servizio al Comune di Somma – quattro mesi di interdizione dai pubblici uffici.
Falsi attestati di avanzamento dei lavori per il recupero del complesso monumentale di San Domenico, monumento «simbolo» della città costruito nel 1294 per volere del re Carlo D’Angiò: è quanto emerso dalle indagini dei carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna guidati dal capitano Tommaso Angelone e dai militari della stazione dell’Arma al comando del maresciallo Raimondo Semprevivo che, su richiesta della Procura di Nola, hanno notificato ieri sei misure cautelari ad altrettanti indagati per falso ideologico in atto pubblico. La più restrittiva, il divieto di dimora a Somma Vesuviana, è per il sindaco Pasquale Piccolo, avvocato eletto nel 2014 e dimissionario da pochi giorni dopo l’ennesima crisi di maggioranza (ndr, ha tempo per ritirarle entro il 6 febbraio anche se restasse applicata la misura cautelare).
Tutta la vicenda gira intorno ai fondi comunitari per il recupero di San Domenico. Il finanziamento in questione ammonta a 1 milione e 200 mila euro, soldi già arrivati solo in parte a Palazzo Torino perché la fetta restante, oltre 700mila euro, è stata congelata per le verifiche che hanno poi portato alle misure cautelari. Il cantiere di San Domenico fu consegnato alla ditta appaltatrice nel maggio 2015, avviato a luglio e ancora in corso a fine di quell’anno quando invece i lavori dovevano essere ultimati per accedere ai fondi Fesr. Così, dalle indagini, la documentazione prodotta che attesta il completamento delle opere a quella data è risultata falsa. L’inchiesta parte da un esposto anonimo arrivato ai carabinieri il 5 gennaio 2016, lettera che segnalava irregolarità in una determina relativa ai lavori. I mesi seguenti sono serviti ai militari per acquisire documentazioni e disporre intercettazioni oltre che per sentire tecnici e funzionari indagati i quali, ascoltati nella caserma dell’Arma di Somma Vesuviana, avrebbero alla fine «candidamente» ammesso la falsità ideologica. Sono state poi le intercettazioni e le microspie installate negli uffici comunali a chiudere il cerchio e i giudici avrebbero in mano prove della «istigazione» da parte di amministratori comunali nei confronti di funzionari e tecnici. Uno degli indagati, il responsabile dei lavori pubblici, sosterrebbe in più conversazioni che gli siano state chieste «forzature». A marzo 2016 anche il sindaco è intercettato, mentre invita il dirigente a «mettere a posto questo fatto del campanile» e quando poi ne parla con un consigliere comunale di maggioranza. Sono proprio i dialoghi a costituire indizi dalla valenza probatoria, implicando il sindaco nella consumazione del falso ideologico commesso però materialmente dai direttori dei lavori. Un punto qui va chiarito, anche perché molti commenti postati sui social network nelle ultime ore generano confusione: non sono i «lavori» ad essere «falsi». Quelli sono stati eseguiti, ma certificati e rendicontati come completi ancor prima di esserlo (il cantiere era ancora aperto a febbraio 2016, dopo due mesi dalla certificazione di fine lavori), fatto che avrebbe portato alla perdita dei finanziamenti nonché all’obbligo di restituzione della tranche già incassata e al definitivo addio ai soldi anticipati, con un gravissimo contraccolpo alle casse comunali (come ora, presumibilmente, avverrà). Un falso ideologico, per il giudice. Un «falso formale», avrebbe invece detto il sindaco Piccolo nel colloquio con un consigliere comunale, una cosa «penalmente irrilevante» e che «non avrebbe creato danno ad alcuno». Un’ipotesi condivisa dallo stesso consigliere nel rispondergli «Io non capisco il danno dove sta», aggiungendo: «Però finiamolo questo campanile, che non ce la faccio più». Sono sempre i colloqui, anche telefonici, a dimostrare che a Palazzo Torino si fosse più che consapevoli dell’indagine in corso. «Con l’aria che tira…» … Il gip rileva, inoltre, affermazioni fatte dai protagonisti, in particolare dal responsabile dei lavori pubblici, ipotizzando che possano delineare un quadro allarmante: il funzionario si lascia andare in colloqui a ruota libera, parlando dei metodi con cui sarebbero individuate le ditte affidatarie dei lavori. «Una botta a uno e una botta ad un altro» … Lo fa, il funzionario, anche mentre parla al telefono con una consigliera comunale: «Io in questa monnezza non mi ritrovo, sono incapaci e presuntuosi, siamo tornati a quarant’anni fa, ma io farò saltare tutto, farò nomi e cognomi: sindaco, assessori e consiglieri». E continua, il dirigente: «Il fatto di dover andare in caserma è conseguenza di denunce fatte da consiglieri comunali vostri, non dai cittadini… ci stanno ditte sponsorizzate dai consiglieri…mi sono rotto le scatole». È anche sulla base delle intercettazioni ambientali che la Procura ha disposto le misure coercitive, indicando per il sindaco quella del divieto di dimora. Una scelta spiegabile con il fatto che Piccolo, titolare di un pubblico ufficio elettivo ricoperto per diretta investitura popolare, non è assoggettabile alla sospensione dall’esercizio delle funzioni inerenti quell’ufficio ma lo è, di fatto, ad una misura coercitiva dagli effetti equivalenti.
Il sindaco Pasquale Piccolo ha nominato come suoi legali di fiducia gli avvocati Angelo Neri e Michele Ragosta e ieri ha respinto nettamente qualsiasi accusa o ipotesi di reato. «Chiarirà la sua posizione al giudice nel momento in cui sarà convocato» – dice l’avvocato Ragosta. Per adesso dovrà rimanere lontano dalla sua città e decidere se far valere le sue ragioni da sindaco, ritirando le dimissioni (ndr, può farlo anche con una pec senza recarsi in municipio) o da semplice cittadino quale sarà se lascia trascorrere la data del 6 febbraio. Quest’ultima ipotesi manderebbe Somma Vesuviana al voto in primavera.
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