Quando muore un poeta al mondo c’è meno luce per vedere le cose. Quando muore un poeta il male sorride felice di aver perso un avversario.
Pietro Secondulfo di via Giudecca, per tutti noi, era una persona garbata, onesta, simpatica e sempre disponibile. Era nato a Somma Vesuviana il 29 maggio del 1961. Perito industriale, aveva trovato nella poesia il suo sfogo, la gioia di poter esprimere la sua interiorità, ma soprattutto la possibilità di liberare la propria sofferenza. Aveva pubblicato tre libri di poesie dal titolo Frammenti di vita, Somma di Poeti e Poesie e quant’altro. Era molto impegnato nel sociale, dimostrando un attaccamento enorme verso il suo quartiere Casamale, che amava al di sopra di ogni cosa. Il suo impegno da attore con l’ Associazione il Torchio era stato notevole. Con il suo sguardo penetrante, lo trovavamo sempre seduto nel piccolo circolo di fronte alla Collegiata a cercare di trasformare in testo tante parole, frasi e aneddoti che si formavano nella sua mente. La sua poesia era intima e realistica. La sua amicizia contava tanto per ognuno di noi. Così lo ricorda la professoressa Anita Sepe nell’ultima prefazione: …E di Pietro che faceva ridere la sua mamma ancora prima di apparire e anche senza aprire bocca, ma solo attraverso i suoi occhi che vedevano tutto e sapevano tutto quanto di tutti, il buono e il cattivo tempo, la solitudine e il rimpianto, ricordo e il canto, la sconfitta e l’ allegria, gli applausi e le profezie, le parole e i gesti, le mani in tasca oppure alzate a dire “alt”, il tempo si è fermato, la carne si è fatta pietra, e il muro si è scrostato, la porta si è rinchiusa, un’altra sigaretta si è accesa… Addio, Pietro, il Casamale non sarà più lo stesso.