Domani, lunedì 30 settembre, a partire dalle ore 17.00: la mostra si tiene nella sede di via Pappalardo. I documenti degli anni 1934 – 1948 – verbali, registri di classe, registri degli esami – “disegnano”, con immediatezza e in modo chiaro, la storia di San Gennarello, e forniscono preziose indicazioni sulla toponomastica, sui “ mestieri”, sul progresso sociale, sulla funzione della scuola e sulla “figura” della “maestra” e del “maestro”. Gli alunni, guidati dal prof. Giovanni Carbone, mettono in mostra le copie dei documenti più significativi. Hanno il loro spazio, nella esposizione, i lavori degli alunni che hanno partecipato ai progetti sui “regi Lagni”, sull’”architettura rurale “ e sugli “antichi mestieri”.
Nell’ambito del “Pon” “ Nullus locus sine genio”, gli alunni della “R. Scotellaro” di San Gennarello di Ottaviano, indirizzati dall’ “esperto”, Carmine Cimmino, e guidati dal prof. Giovanni Carbone, hanno esaminato, studiato e catalogato i preziosi documenti dell’archivio storico della scuola, e domani, lunedì, a partire dalle ore 17.00, espongono in mostra, nella sede di via Pappalardo, le copie degli atti più significativi. Ci dice Carmine Cimmino che si tratta di una documentazione veramente importante, che fornisce notizie sulla storia sociale di San Gennarello, sulla toponomastica, sulle tecniche pedagogiche, sulle discipline, sui programmi, negli anni che vanno dal 1934 al 1948. Gli alunni sono stati colpiti dallo spazio riservato allo studio della grammatica italiana, dell’ “educazione morale”, dell’ igiene: e hanno compreso le ragioni dell’importanza data a questi argomenti leggendo le pagine dei libri in cui gli storici locali, e, in particolare, Carmine Cimmino, hanno descritto la società di San Gennarello negli anni del secondo dopoguerra. E l’”esperto” ha spiegato ai ragazzi che i giudizi assai duri frequentemente espressi dai “maestri” sulle capacità degli alunni di seguire e di comprendere il senso delle lezioni erano dettati non dalla “cattiveria”, ma dalla necessità di “parlare” con chiarezza a genitori che in non pochi casi non sapevano né leggere, né scrivere. Dal 1934 al 1948 ricorre frequentemente, nei registri, la nota che alcuni alunni “si allontanano dalla scuola” nei periodi in cui si fa più intenso il lavoro nei campi, perché sono costretti ad aiutare i genitori. In un verbale del 1938 si legge che tre alunni, i cui nomi sono illeggibili, sono stati espulsi dalla scuola, perché “ebrei”: poi “ebrei” è stato corretto in “giudei”. Gli atti del periodo 1946- 1948 spiegano quanto sia stato difficile per le istituzioni politiche e per quelle scolastiche fare in modo che la società uscisse al più presto dal disastro della guerra.
Nell’anno scolastico 1946-47 la docente di una “classe prima”, composta da 56 alunni, scrive nel verbale di novembre, e ripete in quello di dicembre, che “i miei bambini” – in quel “miei” c’è il ritratto di un’epoca – non vengono a scuola, perché fa freddo, e nell’edificio non c’è una sola finestra che sia protetta dai vetri. A febbraio anche questa maestra, come le colleghe e i colleghi degli anni precedenti, è costretta a scrivere, sconsolata, che alcuni alunni sono completamente abbandonati a sé stessi dalle famiglie. Ma per fortuna non sono pochi i genitori che spiegano ai loro figli che la strada della scuola è la sola che possa portarli fuori dalla povertà e dall’ignoranza: e i voti sui registri, e i giudizi dei docenti descrivono un sistema sociale vivo, desideroso di annullare le differenze tra i ceti, aperto a un’economia che non si fermi ad una agricoltura “locale”. In quello stesso anno scolastico, Giovanni Cavallaro, maestro di una classe II e di una classe III “maschili”, descrive al direttore le gravi deficienze strutturali della sede di “via Cacciabella”: e Carmine Cimmino, che di Giovanni Cavallaro fu allievo nella scuola elementare di Ottaviano, ha detto ai ragazzi che quella denuncia, in quel momento storico, la poteva fare solo un uomo dotato di grande coraggio e pronto a rispettare, in ogni modo e in ogni momento, la dignità della Scuola e dei docenti, e i diritti degli alunni. Ai loro alunni il prof. Cavallaro e i suoi colleghi facevano svolgere “esercizi di lettura spedita e espressiva” e “saggi di recitazione di poesie”.
Il prof. Giovanni Carbone ha giustamente sottoposto all’attenzione degli allievi la nota in cui una insegnante di una prima classe femminile dell’anno scolastico 1947- 48 descrive, compiaciuta, le sue allieve, tutte con grembiule nero, colletto bianco e nastro rosso sul petto e tra i capelli, e a dicembre registra una splendida riflessione sulle emozioni che le “mie bimbe” sentono e esprimono quando, nei giorni che precedono Natale, sentono il “suono delle ciaramelle”. I ragazzi che hanno partecipato al progetto sono stati vinti, a poco a poco, dall’ affascinante chiarezza delle note, delle “lettere” che gli insegnanti scrivevano ai loro alunni a Natale, a Pasqua, alla fine dell’ anno scolastico, e dai documenti che raccontano, in modo vivo, un tempo che è lontano, ma che riesce ancora a muovere sentimenti, memoria e immaginazione.
E’ una mostra che merita l’attenzione dei genitori, dei cittadini tutti e dei rappresentanti delle istituzioni. Uno spazio della mostra verrà riservato ai lavori degli alunni impegnati negli altri progetti, quelli sugli “Regi Lagni” e sull’ “architettura rurale”, di cui il nostro giornale già si è occupato, e quello sugli “antichi mestieri” a cui dedicheremo, in un prossimo articolo, lo spazio che merita .