Pomigliano d’Arco: la presentazione del libro di G.M. Buglione, e la speranza che la cultura costruisca ancora l’identità civica…

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Venerdì 14 è stato presentato il libro di G.M. Buglione “Dalla parte di Caino” su come Giorgio Imbriani e Felice Toscano si posero davanti alla questione della pena capitale. Il Sindaco, l’assessore alla Cultura, il presidente della Fondazione “V.Imbriani” hanno spiegato che grazie all’opera di intellettuali come G. Buglione il patrimonio culturale dei Poerio – Imbriani è fondamento vitale della identità civica di Pomigliano. E l’attenzione del folto pubblico ha confermato la bellezza di questa verità.

 

Era facile prevedere che l’argomento del libro di Giovanni Buglione – Giorgio Imbriani e Felice Toscano “innanzi alla questione della pena capitale” – avrebbe suscitato l’attenzione di molti: aggiungeteci il nome e il valore dei relatori, e il “sentimento” dell’identità storica e culturale che è vivo nel popolo di Pomigliano, e capirete perché la presentazione del libro “Dalla parte di Caino” si è svolta davanti a un pubblico folto e interessato, nella bella Sala delle Capriate “La Distilleria Culture District”. Il Sindaco della città, Raffaele Russo, l’assessore alla Cultura, Franca Trotta e il presidente della Fondazione “Vittorio Imbriani”, Elio Caiazzo, che ha regolato lo svolgimento della manifestazione, hanno sottolineato la fortuna, ma anche i meriti della comunità pomiglianese che ha saputo, nel tempo, trasformare il patrimonio delle memorie storiche, delle riflessioni politiche e delle opere dei Poerio e degli Imbriani in un prezioso, vitale fondamento della coscienza civica: e questo disegno ha orientato coerentemente gli studi di importanti storici locali, da Giovanni Basile a Ferdinando Esposito, e ora ispira le ricerche di Giovanni M. Buglione. Dicevamo dell’attualità del tema: Vincenzo D’Onofrio, procuratore aggiunto della Repubblica di Avellino, ha ricostruito le fasi, i successi e gli insuccessi della lunga battaglia che è stata combattuta e ancora si combatte nel mondo per l’abolizione della pena capitale, ha ricordato che la “pena di morte” è il perno del codice della mafia, ha sottolineato la rischiosa ambiguità delle recenti norme sul diritto alla legittima difesa, dimostrando, con un serrato ragionamento giuridico, che la legittimità della difesa non è una questione banale,  ma obbedisce a precisi principi che ne limitano rigorosamente gli spazi e i significati: ci sono presunte “legittime difese” che nella realtà giuridica si configurano, con evidente chiarezza, come omicidi volontari.

Nello Cimitile, professore “emerito” dell’ Università del Sannio, si è intrattenuto nella definizione dell’ambiente culturale in cui si collocano le figure di Giorgio Imbriani e di Felice Toscano, e del complesso “viaggio” che Giorgio, nella sua pur breve vita, compie attraverso le filosofie di Hegel e di Gioberti  per approdare a quel rifiuto radicale della pena di morte che lo mise in conflitto con il fratello Vittorio, a tal punto che si raccontava che quando i due sedevano a tavola per il pranzo si servissero di un separé per non guardarsi nemmeno, nel timore che anche lo scambio di sguardi riaccendesse la polemica. Il prof. Michele Ranieri, docente di storia e di filosofia al Liceo Classico “A. Diaz” di Ottaviano, ha giustamente riportato l’attenzione del pubblico sul tema del libro, e dunque sulle ragioni che spinsero Giorgio Imbriani e Felice Toscano a schierarsi apertamente contro la pena di morte. Il relatore ha notato che sia gli intellettuali favorevoli alla pena, sia quelli contrari, anche nel caso di filosofi di prima fila, come Kant e Hegel, non ricorrono mai a una argomentazione filosofica per giustificare la loro posizione, ma si limitano all’uso di temi, esempi e riflessioni desunti dalla storia, dalla politica, dalla religione. A una generica tendenza della storia dell’Ottocento Giacomo Imbriani attribuisce il fatto che “oggi la pena di morte è già sparita da alcuni codici”, e là dove non è ancora sparita, “si applica raramente”. Michele  Ranieri ha osservato che le vicende della storia non confortarono l’ottimismo del giovane Imbriani, e dimostrarono che era troppo aspro il suo giudizio contro quel “piccolo nucleo di severi pensatori”, tra i quali egli metteva anche Vittorio, i quali non si accorgevano che “oggi il patibolo non trova appoggi di sorta”. Il Ranieri ha concluso il suo puntuale intervento ricordando ai presenti che la ricerca di Giovanni M. Buglione è solo all’inizio, e che il il rapporto tra Mazzini e Giorgio Imbriani, e quello tra Gioberti e Felice Toscano meritano un’analisi attenta, completa e profonda, anche perché è necessario, a questo punto, riconsiderare in una prospettiva nuova ciò che Guido Oldrini ha scritto sulla filosofia napoletana dell’Ottocento: e bisogna anche evitare che la breve e fascinosa vita di Giorgio induca qualcuno a ridurre il profilo del ruolo e del valore di Vittorio. Che è – è una mia convinzione – un profilo assai ampio, e in ogni suo punto, straordinariamente alto.

Alla fine Giovanni M. Buglione ha ringraziato e, soprattutto, ha dichiarato  di essere consapevole del fatto che il lavoro su Giorgio Imbriani e su Felice Toscano è all’inizio. Sappiamo che lo studioso ha le forze, la motivazione e il desiderio di sviluppare il progetto: glielo chiedono la sua città e tutti quelli che vedono nel patrimonio della cultura napoletana una risorsa oggi ancora più preziosa che in passato.

E’ stata una splendida manifestazione, che si è svolta sotto il segno della speranza.