La messa funebre di Rosa si terrà alle 12 e 30, nella parrocchia della Beata Vergine di Lourdes. Intanto Maria, la sorella, rimasta giorno a notte al suo capezzale, lancia accuse semplice quanto taglienti.
Il viso di Maria Sessa è distrutto dal dolore ma in questo momento nel suo cuore c’è anche tanta rabbia. La rabbia di chi sa che la medicina moderna avrebbe potuto fare qualcosa per sua sorella Rosa, morta ieri, a 44 anni, nel reparto di medicina d’urgenza del Cardarelli di Napoli. Qui, nel più grande e importante ospedale napoletano, non è stato possibile diagnosticare con esattezza il tipo di ictus di cui soffrisse la donna. E per un motivo banale quanto disarmante: la tac del nosocomio non può accogliere pazienti al di sopra dei 150 chili di peso. Purtroppo Rosa era molto obesa. Pesava 200 chili per cui non poteva entrare nella tac del Cardarelli. C’era però la possibilità di trasferirla in una clinica convenzionata dotata del macchinario adatto a lei. Ma il trasferimento non è mai arrivato. Le giornate trascorse in ospedale alla fine si sono rivelate per la donna della periferia orientale di Napoli inutili e pericolose. Quindi, la fine. Forse la fine delle sofferenze in una terra davvero troppo problematica. Problematica al punto di ucciderti prima del tempo. La brutta fine di Rosa è racchiusa nella parole della sorella Maria, raccolte davanti alla rianimazione del pronto soccorso, da dove il cadavere della 44enne sarà poi trasferito in obitorio nel modo più brutale possibile: trascinato su un letto, all’aperto, sotto un misero lenzuolo, a causa della mancanza di barelle e ambulanze. Ma ecco la testimonianza di Maria: “Si, purtroppo Rosa non ce l’ha fatta, a causa della negligenza dell’ospedale Cardarelli di Napoli. Mia sorella si trovava da sei giorni nel reparto di terapia d’urgenza ma non hanno potuto fare il possibile per salvarla perché lì non c’è un tac idonea. Noi, parenti e amici, abbiamo fatto qualsiasi cosa per farla trasferire. Ma là non è mai stata fatta la tac. Aspettavamo sempre quella benedetta tac. Ma non è arrivata e mia sorella se n’è andata. E poi quando chiamavamo gli infermieri per farci aiutare ci rispondevano che non era compito loro. Allora, mi chiedo, compito di chi è? Io non ho chiesto a loro di venire a pulire mia sorella, di lavarla. Però mi serviva un aiuto. Intanto loro si rifiutavano sistematicamente di aiutarmi a rendere un po’ più umana la sua permanenza nel reparto. Si rifiutavano, si rifiutavano…..”.