Alcune varianti e due punti fermi: pane casareccio raffermo “brusco”, e mozzarella di bufala. Guarnaschelli Gotti contro chi propone di usare il fior di latte. La forma delle fette di pane. Perché si dice “in carrozza”. Una ricetta di Ippolito Cavalcanti.
Ingredienti: pane casareccio napoletano alto, mozzarella di bufala, farina, uova, sale, olio per friggere.
Tagliate il pane, provvisto ancora della sua crosta, in fette quadrate o rettangolari alte, di lato, almeno 2 centimetri; tagliate la mozzarella in fette che abbiano la stessa forma delle fette di pane. Mettete ogni fetta di mozzarella tra due fette di pane, passate ogni “blocco” nella farina, ma solo di taglio, in modo che la farina, insieme con la crosta, trasformi l’orlo in una solida striscia capace di trattenere all’interno del “blocco” l’umore della mozzarella nella fase della frittura. Per rendere più compatta questa striscia qualcuno la spruzza con gocce di acqua tiepida o di latte. Fate riposare i “blocchi” in un piatto grande, mentre sbattete le uova. Nello “sbattuto” d’uova, opportunamente salato, fate passare lentamente i “blocchi”, in modo che l’uovo ne permei l’ intima sostanza. Friggete a padella calda nell’olio bollente.
Le variazioni non sono poche. Qualcuno consiglia di liberare il pane dalla crosta, ma non sono d’accordo: penso, anzi, che la crosta sia indispensabile. Si usa anche il pan carré, ma credo che sia meglio rispettare l’antica ricetta napoletana, che prevedeva il pane casareccio raffermo. Il pane lo si potrebbe tagliare anche in fette triangolari, con gli angoli arrotondati. Qualcuno immerge la mozzarella nell’uovo sbattuto, prima di collocarla in mezzo alle fette di pane, e c’è chi nel “blocco” aggiunge anche metà di un’acciuga dissalata. Dipende dai gusti: l’acciuga serve per bilanciare la “dolcezza” dell’ uovo, e della stessa mozzarella. Condivido l’idea di chi propone di cospargere di “battuto” di uova e di friggere prima una faccia del “blocco”, e poi l’altra, bagnando la faccia asciutta quando il “blocco” già sta nella padella, e capovolgendolo non appena la faccia di sotto si è perfettamente dorata. Ma è un’operazione che richiede abilità, occhio e pazienza.
Biagio Ferrara
La ricetta di Biagio, con l’orlo del pane rialzato e consolidato, potrebbe giustificare la spiegazione che di solito si dà della “carrozza” in cui sta la mozzarella. Del resto, qualcuno usa il pan carré, che sarebbe il pane in cassetta, e nella lingua napoletana “ ‘a cascetta” è anche la serpa, il sedile a due posti del cocchiere. Ma ricordo che un cantiniere di Formia mi disse che la “mozzarella in carrozza” si chiamava così perché occupava un posto importante nel menù dei carrettieri di lungo corso, di quelli, cioè, che andavano su e giù per le strade antiche del basso Lazio e della Campania, e portavano con sé alimenti di facile trasporto e di agevole consumo. Una spiegazione simile la trovai in una rivista di agricoltura di fine Ottocento, in un articolo dedicato alla lavorazione e alla conservazione della mozzarella. Può essere usata per sostenere entrambe le spiegazioni la ricetta delle “melanzane in carrozza”, in cui le fette di fior di latte sono “incarrozzate” tra due fette di melanzane fritte.
In carrozza va la mozzarella o il fior di latte? Un noto scrittore enogastronomico napoletano ritiene che la mozzarella di bufala non debba mai essere cotta, poiché al fuoco della cottura libera poco gradevoli umori di acido. Invece, Jeanne Carola Francesconi, Maria Giovanna Fasulo Rak e Marco Guarnaschelli Gotti non hanno dubbi: in carrozza ci va, obbligatoriamente, la mozzarella di bufala, che, scrive il Guarnaschelli Gotti, “ più grassa e meno acquosa, rimane più facilmente racchiusa nel pane senza colare.”. E il pane deve essere “ raffermo del tipo campano” e non il pan carré. Il problema degli umori d’acido si può risolvere conservando la nozzarella per un certo tempo in frigorifero, perché il freddo la asciughi: del resto, la ricetta nacque per sfruttare al meglio gli avanzi. C’è nella “Cucina teorico-pratica” di Cavalcanti la ricetta di un’ “ordura”, cioè di un antipasto, “pagnottine con mozzarella”. Le pagnottine, rigorosamente “brusche”, rustiche, fatte in casa, vanno lavorate “ a forza di polso” in modo che, imbottite di pezzettini di mozzarella, assumano la forma delle “palle del bigliardo”. Queste palle si possono cuocere al forno, o friggere in “padella con strutto gondolandole sempre”: nell’italiano del Cavalcanti “gondolare” è il calco del napoletano “cunnuliare” , “cullare, dondolare”. “Adduormete cu’ mme sott’a ‘sta luna,/ te faccio cunnulià da ‘e ttre Ssirene” scrisse Ernesto Murolo nel testo che Tagliaferri musicò nel 1931. Anche i bufali erano costretti a “cunnuliarsi” nelle paludi pontine e negli acquitrini della Terra dei Mazzoni, per far sì che le acque, mosse senza sosta, non si impaludassero.
Uova, pane e mozzarella possono, con la loro saporosa densità, impastare la bocca. E allora si chiede aiuto a un vino fresco, luminoso, brillante:al “Vigna del Vulcano” di Villa Dora: ma che sia quello del 2012.
Le Ricette di Biagio