Tra il 1880 e il 1906 l’economia vesuviana fu un teatro di “eccellenze”: il cioccolato dei Menichini, i formaggi di Gennaro Auricchio, vini e liquori premiati in Esposizioni Universali, l’olio e la frutta del Vesuvio, bottiglie, tessuti, saponi e profumi. La luce di questo genio dell’impresa ancora risplende. Nonostante tutto.
Il gusto, la creatività e l’alta tecnica dei numerosi Maestri dolciari che oggi hanno bottega a Ottaviano, San Giuseppe, Somma, Terzigno non sono un capriccio del caso: alla base c’è una solida e gloriosa tradizione. L’economia vesuviana del “dolce” è così importante che merita di essere studiata, anche per controllare se per caso i vesuviani abbiano detto e dicano qualcosa di originale anche nella civiltà della “dolcezza”. In un libro dedicato alla storia del cacao e del cioccolato ho trovato, tra molte notizie curiose, anche una interessante. Le curiosità: i porti d’ingresso del cacao in Italia furono prima Marsiglia, poi Genova, e i primi cioccolatai piemontesi furono tutti allievi di un Maestro di Tolosa, emigrato a Torino nel 1823. All’ Esposizione Universale di Parigi del 1867- il Lacryma Christi del Vesuvio vi conquistò i primi diplomi – la “Majani” fu la prima ditta italiana a meritare una medaglia, quella d’argento, per il cioccolato.. La Majani è la ditta che nel 1911 inventò il cremino “Fiat e ottenne l’applauso del senatore Giovanni Agnelli senior, che aveva commissionato il lavoro. Negli anni sfavillanti della Belle ‘Epoque, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio della prima guerra mondiale, non c’era nel Sud un’industria del “dolce” e del cioccolato: c’erano solo geniali artigiani che producevano dolci da banco, confetti e torroni. Faceva eccezione Napoli, scrive l’autore del libro, “dove si registravano aziende simili a quelle del centronord, come la ditta Menichino di Ottajano, la più grande azienda cioccolatiera del Mezzogiorno.”. Ed è questa la notizia interessante. Posso aggiungere che a Napoli c’era anche un’altra azienda importante, la “ Fratelli Ascione fu Salvatore”, la cui sede ufficiale si apriva sul Molo Piccolo, mentre lo stabilimento, all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, stava a Poggioreale. In città il mercato del cioccolato era controllato da raffinate “botteghe”: primeggiavano Caflish” e la “Gay Odin”, fondata dai coniugi Isidoro Odin e Onorina Gay.
Negli archivi consultati dall’autore del libro i documenti che parlano della “ditta Menichino” risalgono a prima del 1893, l’anno in cui San Giuseppe conquistò l’autonomia da Ottajano. In realtà la Ditta “Menichini Pasquale fu Giuseppe” aveva l’unica sede in San Giuseppe, gestiva un deposito merci al Porto di Napoli e negli atti trasmessi tra il 1901 e il 1903 alla Camera di Commercio dichiarava di produrre “cioccolato, coloniali, confetture, dolci, liquori”. Nel 1903 la ditta stipendiava, ufficialmente, 54 tra operai, tecnici e impiegati , di cui 11 addetti esclusivamente alla lavorazione dei confetti: non si può escludere che la “Menichini” abbia anche dato inizio alla storia della produzione di confetti che è stata, ed è ancora, un’attività importante a San Giuseppe e a Ottaviano.
Su questa azienda non sono riuscito a trovare molte notizie. Sarebbe stato interessante scoprire da dove importava il cacao, che veniva usato anche per produrre un liquore al cacao. La ditta “ Andrea Galliano” di Ottajano produceva un “olio di cacao alla vainiglia” e “una crema di moka”, che vennero premiati con la medaglia d’oro alla Esposizione Universale di Parigi del 1900: i due liquori “,superiori alle migliori marche estere – così recita la plaquette pubblicitaria stampata nel 1907 – sono ottenuti con la concentrazione a vapore per mezzo dell’apparecchio Transatore inventato dal cav. Andrea Galliano”: il quale si riforniva di cacao presso importatori napoletani rappresentati dal mediatore Pasquale Galluppi.
Quasi tutti i liquoristi del territorio compravano lo zucchero dalla “ Società Ligure Lombarda”, che aveva affidato il controllo della sua rete commerciale nel Napoletano all’agenzia “ Radice”, con sede a Napoli, in via dei Carrozzieri alla Posta: ma una buona quota del mercato era in mano ai fratelli Meuli, agenti della “ Raffineria di Zucchero Lebaudy Frères” di Ancona.
La storia dell’economia vesuviana e delle famiglie che ne orientarono destino e sviluppo merita di essere scritta. Nella stagione della Belle ‘Epoque la storia della produzione alimentare tra il Nolano e il Vesuviano interno è una storia di eccellenze: la cioccolata dei Menichini, i liquori e i vini di Galliano, i vini dei Bifulco di Terzigno, i liquori dei sangiuseppesi Gaetano Amato e Giovanni Catapano l’olio del Vesuvio, le mele e i “baccalari” di Somma, le provole e i caciocavalli di Gennaro Auricchio, i salumi e la pasta del Nolano. L’eruzione del 1906 e la guerra frantumarono il sistema e il modello: e tuttavia quelle “ eccellenze” erano di tale qualità che la loro luce rischiarò ancora a lungo la cultura dell’impresa vesuviana, e ancora oggi si manifesta – una preziosa epifania – nelle idee e nelle attività di ispirati imprenditori.