In mostra a Saviano la pittura “postestetica” di Ciro Cioffi

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Le opere dell’artista ottavianese rimarranno in mostra nel Palazzo Allocca, a Saviano, dal 2 al 16 dicembre. Durante il vernissage il prof. Michele Ranieri, studioso profondo di estetica e di critica d’arte, illustrerà aspetti significativi dell’arte di Ciro Cioffi, che si colloca nel vasto e complicato spazio del “non figurativo”.

 

Quando vidi, molti anni fa, le prime opere di Ciro Cioffi, mi ricordai di ciò che nel 1925 aveva detto Kandinskij della propria pittura e cioè che il “disordine” era solo apparente: attraverso questo apparente disordine egli creava l’ordine, svelava le forze segrete che reggono la natura e ne garantiscono l’armonia e perciò macchie e segmenti dei suoi quadri “ costituiscono una rete di rapporti geometrici”. Nel 1963 Maurizio Calvesi, in un articolo pubblicato sulla rivista “Verri”, riconobbe che, ai livelli più alti, “l’informale inquadra una nuova possibilità di rapporto esistenziale e dell’arte stessa con il mondo dei fenomeni”. Era essenziale, però, che la pittura “postestetica” conservasse rigorosamente questa interna coerenza e, come scrisse Rosenberg nel 1967, “mantenesse vivi i suoi dilemmi”: se “diventa incoerente e cede alle lusinghe dello spettacolo, quest’arte si riduce solo a decorazione di carta da parati”. I quadri di Cioffi continuano, con assoluta coerenza, a richiamare alla nostra percezione le soluzioni cromatiche di Larionov e di Malevic e le “gouaches” su carta di Mark Tobey in cui la “la luce si materializza in una fine calligrafia” e crea sulla superficie ora l’ incontro severo di linee e di macchie di colore, “ora un universo quasi molecolare di piccoli segni continuamente iterati con infinita pazienza” (Francesco Poli), un universo dominato dal silenzio che spinge lo spettatore a riflettere e a porsi domande. Lo conferma, con la consueta, luminosa chiarezza, il prof. Michele Ranieri: “Se quest’arte non figurativa, come ogni altra, non contiene cose, non contiene riferimenti al reale, è perché essa aspira a portare l’assenza in primo piano. L’oggetto insomma è pittura dell’assenza, del nulla, che inevitabilmente determina lo stupore nell’altro, e attraverso lo stupore il richiamo alla partecipazione a qualcosa di in-audito,nel vero senso della parola. Paradossalmente, in questo dipingere il nulla l’arte di Cioffi diventa figurativa. Lo porta alla presenza. Noi sentiamo, dinnanzi ad essa e forse senza rendercene mai pienamente conto, questo avvento, lo percepiamo con la parte più esposta e disponibile di noi stessi. Cioffi trasforma l’assenza di cose nell’ oggetto- assenza, rende in figura ciò che non ha figura, il nulla appunto. Che però attraverso questa operazione, o meglio come dicevamo poco sopra fabbricazione, diventa parte della realtà, si comunica al fruitore, che ne sente la presenza. L’emozione è pura perché non ha contenuto all’infuori di se stessa. Non è certo un caso se anche di recente poeti di valore hanno trovato una suggestione tanto forte nei lavori dell’artista ottavianese da provare a dare nuova e più inquieta attuazione all’oraziano ut pictura poesis.” E io aggiungo che ascoltare dalla viva voce di Michele Ranieri la “lettura” delle opere di Ciro Cioffi è esperienza ancora più emozionante che leggere un testo scritto, poiché, come diceva Jackson Pollock polemizzando contro i critici della carta stampata,  solo “il tono della voce e degli occhi può esprimere con intensità il tono di un colore”. Anche lo sguardo , la percezione e l’emozione  hanno un tono.