L’ordine pubblico resta uno dei problemi insoluti del calcio Italiano e non solo del calcio. Durante la cerimonia di consegna del Collare d’Oro al Circolo Canottieri, il presidente de Laurentiis ha parlato a ruota libera, chiedendo alle istituzioni (Alfano in primis) di provvedere alla promulgazione di leggi sullo stile inglese: “bisogna creare le condizioni di liceità, lo sport è immagine, educazione, esempio”. Il presidente continua dicendo che inizierà i lavori di ristrutturazione dello Stadio San Paolo con soldi propri (“Sullo stadio ci sto scommettendo la mia faccia ed i miei soldi personali”), perché questi soldi non potranno arrivare dal fatturato del Napoli. E arriva l’attacco agli enti romani in merito alla questione Casms e le limitazioni dei tifosi in curva A: “Era una decisione inaccettabile, soprattutto considerando che proviene da enti che a Roma non sono in grado di garantire l’ordine pubblico in una finale di Coppa Italia né in una sfida di Europa League”. Le interpretazioni delle parole di de Laurentiis sono ovviamente fioccate. Effettivamente ne ha dette tante, e non è chiaro cosa farà nei prossimi mesi. C’è chi sostiene che si stia tirando indietro, chi pensa che il presidente faccia sul serio. Lo sapremo solo a luglio. Ma le considerazioni di de Laurentiis sono totalmente condivisibili.
Va assolutamente dato uno sguardo alla storia di altre nazioni per quanto riguarda l’ordine pubblico e la repressione del tifo violento. Il fenomeno degli hooligans inglesi, molto più nefasti delle nostre tifoserie, è stato relegato a fenomeno marginale. Gli stadi inglesi sono gioielli di architettura, che consentono ai tifosi di affacciarsi sul campo di gioco senza incidenti (o quasi).
Servono pene severe per coloro che non permettono alle manifestazioni sportive di realizzarsi, per coloro che si rendano artefici di un buu, di lanci di oggetti, di devastazioni. Regole dello Sport, seguite, ovviamente, da regole dello Stato. E queste regole devono essere chiare anche per tifoserie straniere che pensano di venire in Italia e poter fare ciò che vogliono. Gli ultimi episodi di Roma sono la triste conferma che certi comportamenti sono trasversali a nazioni e popoli. Ma è innegabile che nel nostro paese il problema è ancora più preoccupante. Questo problema dei tifosi si inserisce in un contesto più vasto. Le regole, anche in ambiti diversi dal calcio, non vengono rispettate perché non c’è il terrore della punizione. E uno straniero (per fortuna non tutti) si sente autorizzato a fare quello che non si sognerebbe mai di fare a casa propria, solo perché qui da noi non c’è alcuna certezza delle pena e perché si ha la sensazione (a ragione) che l’Italiano sia il primo a non rispettare le regole. Questo fenomeno di emulazione inconscia è spiegato da una “teoria epidemica della criminalità” chiamata Teoria delle finestre rotte, che afferma come l’impulso ad assumere un comportamento, che sia positivo o negativo, non parte da un particolare tipo di persona ma da una caratteristica dell’ambiente circostante. Non so a che livello sia condivisibile questa teoria, ma almeno in parte è ragionevole pensare che dare il buon esempio possa essere un buon inizio. Una strada pulita, senza cartacce, con macchine parcheggiate in maniera ordinata predispongono positivamente chi vi passeggia. Ma è indubbio che certi comportamenti vadano indirizzati anche con un certo livello di repressione. E questo vale in uno stadio, in una piazza, in una strada, e anche in altre manifestazioni di vita quotidiane.
Nel calcio serve una decisione dall’alto che porti il concetto del Daspo alla sua massima potenza. Azzeramento dei diritti di tifosi che si rendano responsabili anche di un lancio di pietre. Daspo a vita per tutti coloro che non permettano il proseguimento di una manifestazione sportiva. D’altronde una società di calcio offre la possibilità ai propri tifosi di assistere ad una manifestazione sportiva, e ha tutto il diritto di vietare agli sgraditi di accedere allo stadio. E cosa dire degli atti di discriminazione razziale o territoriale (che, ancora, sembrano essere problemi non solo italiani). Serve più rispetto e lo stadio deve essere inteso come luogo di incontro e non di scontro (cit. de Laurentiis). Ma ciò non è possibile se non grazie a leggi dello Stato e a regole ferree che il Governo Italiano e il mondo del calcio italiano devono porsi, e che forse non vogliono porsi.
Sicuramente possiamo imparare dalle altre nazioni e dalla UEFA. Guardiamo in quella direzione. Non va mai dimenticato che “bisogna fare una distinzione tra 30 cretini che assaltano un commissariato e tutto il resto della tifoseria” (de Laurentiis), ma le mele marce sono più di 30!
Crescenzo Tortora
La Mia sul Napoli