di Ciro Raia
Tra il regicidio (nella foto un particolare, ndr) e l”insediamento dell”erede al trono, il governo è retto dal senatore Giuseppe Saracco, (un fervido sostenitore di Cavour) entrato nel parlamento piemontese giĂ prima dell”UnitĂ d”Italia, nel 1849, e, dal 1851, presente in tutti i governi, come sottosegretario e ministro. Saracco è capo di un governo molto debole, ma non per questo rinunciatario nell”opera di conciliazione di un paese lacerato dalle divisioni di classe e dagli odii di parte. Nel febbraio del 1901, poi, primo ministro è nominato Giuseppe Zanardelli, che chiama agli Interni Giovanni Giolitti.
Zanardelli, che ha ricoperto incarichi ministeriali sin dal governo Depretis (1876) e si è distinto per aver varato il nuovo Codice Penale (1889) con la relativa abolizione della pena di morte ed aver esteso il suffragio elettorale a quanti dimostravano di saper leggere e scrivere, è quello che si definisce uno statista progressista. Da capo di governo, infatti, presenta un disegno di legge per l”istituzione dell”Ufficio del lavoro, insieme ad una proposta di legge per il divorzio, che, però, è costretto a ritirare per la massiccia opposizione popolare. Egli si batte anche per l”istituzione della Cassa Nazionale di Previdenza e per rendere umane le condizioni di lavoro delle donne ed, in particolare, delle lavoratrici madri.
Quando Zanardelli muore (1903) gli succede Giovanni Giolitti. Una delle prime azioni dello statista di Dronero –localitĂ in provincia di Cuneo- è quella di far assumere allo Stato la gestione dei servizi telefonici. Nel 1903 l”Italia conta 23.109 abbonati, 212 posti pubblici urbani, 83 reti urbane e 43 linee interurbane.
Intanto, nel paese la lotta sociale diventa sempre più aspra. Gli scioperi degli operai sono sempre più violenti: a Buggerru, in Sardegna, il 4 settembre 1904, la polizia non esita a sparare sui minatori in agitazione. Si contano tre morti e numerosi feriti. Altri morti, per azioni analoghe, si contano a Castelluzzo di Trapani e a Sestri.
I deputati socialisti, repubblicani e radicali chiedono, allora, a Giolitti l”emanazione di una legge che proibisca gli scontri a fuoco tra forze dell”ordine e dimostranti. Giolitti rifiuta, sostenendo che non può accettare indicazioni da una frazione del Parlamento e che le azioni di sciopero impongono una verifica politica nel paese. Ottiene, perciò, dal re lo scioglimento delle Camere.
Le elezioni del novembre 1904 decretano la vittoria del liberale Giolitti. L”opposizione radicale perde voti e seggi. Nel nuovo governo, il ministro della Pubblica Istruzione Vittorio Emanuele Orlando estende l”obbligo scolastico fino a dodici anni.
Nel 1905, poi, complice una forte influenza, Giolitti si dimette da primo ministro. A succedergli è chiamato Alessandro Fortis, un deputato di Forlì molto introdotto negli ambienti della finanza e dell”industria. Ma anche quest”ultima esperienza governativa è di breve durata; infatti, il governo Fortis cade e la presidenza del consiglio è affidata a Sidney Sonnino, che dura in carica, però, solo cento giorni. Ritorna, quindi, primo ministro Giolitti, che guida il governo sino alle elezioni del 1909, quando alle urne si presenta a votare il 65% degli aventi diritti, circa due milioni di elettori.
IL “900 ITALIANO